Antonella Fanizza Psicologa

Antonella Fanizza Psicologa Psicologa - Psicoterapeuta Psicoanalitica
Master in Neuropsicologia Clinica

“Sa dottoressa, è da quando avevo 14 anni che dentro di me vivono delle entità. Entità buone, che mi aiutano e mi guidan...
17/01/2022

“Sa dottoressa, è da quando avevo 14 anni che dentro di me vivono delle entità. Entità buone, che mi aiutano e mi guidano nella vita. Sono loro che decidono dove devo andare e che cosa devo fare. A volte mi aiutano a riconoscere le persone cattive, le persone che mi vogliono fare del male, le persone che ce l’hanno con me, altre volte mi aiutano a calmarmi e a controllare la rabbia. Sono sicuro che esistono al 100%, non ho dubbi su questo.”

Avere a che fare con la malattia mentale non è mai facile, specialmente se si tratta di particolari condizioni, molto gravi, che stravolgono la vita dei pazienti e delle loro famiglie. Parlare con una persona delirante, per chi, come me, si è formato e lavora a stretto contatto con pazienti molto gravi, provoca una profonda ambivalenza.
Si rimane affascinati dalla portata dei deliri, dalla sicurezza con cui si crede a ciò che la mente crede, anche se palesemente impossibile, si rimane affascinati dalla portata creativa del delirio, dalla cura e specificità con cui la psiche crea delle storie che intrappolano le persone. Al contempo, si prova una profonda tristezza e sofferenza nel vedere come la vita familiare, relazionale, personale viene messa in crisi da un avvenimento di tale portata. Da qualcosa che travolge qualsiasi cosa, perché tutta la vita poi, in quel momento, viene vissuta in funzione di quello specifico delirio.

Entrare nel delirio, conoscere la persona oltre di esso, comprendere quali sono le paure e le motivazioni alla base, empatizzare con ciò che il delirio maschera è il vero lavoro, è la vera scommessa. Se c’è una cosa che ho imparato, è che nulla è casuale, neppure quando niente ha senso.

L’effetto paradossale che il Natale può avere sull’umore e sull’equilibrio psichico di alcuni individui è apparso subito...
23/12/2021

L’effetto paradossale che il Natale può avere sull’umore e sull’equilibrio psichico di alcuni individui è apparso subito chiaro a chi si occupa di salute mentale. Gli stati depressivi e di irritabilità sono le sensazioni più comuni che vengono riportate. A Natale, infatti, più che in altri periodi dell’anno, la solitudine della vita quotidiana diviene molto più opprimente. Il confronto costante con le altre persone, con le altre famiglie, specialmente nell’era digitale, costringe a riflettere sull’inadeguatezza della propria vita, su tutto ciò che non va nel proprio quotidiano, sui propri fallimenti. Oltre a ciò, riacutizza le mancanze subite durante il corso del tempo a causa di lutti o allontanamenti e induce a fare i conti con i propri fantasmi interni.

La pressione sociale e le speranze che si creano attorno a questo giorno possono creare ansia e preoccupazione rispetto alla soddisfazione dei desideri altrui, alla percezione di essere all’altezza delle aspettative degli altri.
In questo quadro così caratteristico spesso ci si rifugia nell’alcol, che diventa un’auto-medicazione rispetto alla tristezza, alla malinconia e all’ansia che questo periodo dell’anno così particolare può suscitare, al fine di anestetizzare le proprie emozioni.

Se dovessi riconoscerti in queste parole non pensare di essere sbagliato o fuori dal comune, sono invece sensazioni che coinvolgono molte persone nel mondo.

Sansone R.A., Sansone L.A. (2011) The Christmas Effect on Psychopathology, Innov Clin Neurosci. 2011 Dec; 8(12): 10–13.

Freud, padre della psicanalisi, conclude uno dei suoi scritti più importanti, “Studi sull’isteria” (1895), sostenendo ch...
21/12/2021

Freud, padre della psicanalisi, conclude uno dei suoi scritti più importanti, “Studi sull’isteria” (1895), sostenendo che il processo analitico sarà stato efficace quando la condizione di profondo malessere isterico lascerà il posto all’infelicità comune, dal quale ci si può difendere meglio con una vita psichica risanata.

Molto spesso nella pratica clinica i pazienti riportano il voler avere “problemi normali”, problemi quotidiani che rendono infelici “quanto basta” e che non sembrano, invece, insormontabili e inaffrontabili. Il terapeuta guida il paziente nella scoperta della propria vita psichica, quella che plasma la percezione di sé, degli altri e del mondo circostante per far sì che il suo malessere non sia più totalizzante ma sia “comune”. Riuscendo a risanare la vita psichica di una persona si arriva a capire che ognuno è infelice a modo proprio ma che questa infelicità non è più in grado di travolgere.

La depressione è un disturbo che, attualmente, coinvolge 320 milioni di persone, e ne soffrono 5 individui su 100. L’Org...
18/12/2021

La depressione è un disturbo che, attualmente, coinvolge 320 milioni di persone, e ne soffrono 5 individui su 100. L’Organizzazione Mondiale della sanità prevede che, entro il 2030, sarà la seconda malattia invalidante a livello globale, subito dopo le malattie cardio-vascolari.

È una patologia che non conosce confini, che colpisce individui di tutte le nazionalità e di tutte le età, con il picco tra gli anziani e gli adulti. Uno studio effettuato nel 2015, pubblicato nel 2017, dall’OMS mette in luce che le donne sono più tendenti alla depressione rispetto agli uomini.

In questo post ve ne parlo meglio, specialmente rispetto alle prospettive di guarigione.

Cfr. Word Heath Organization (2017) Depression and Other Common Mental Disorders,http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1950666.pdf

I principali orientamenti psicodinamici contemporanei sostengono che la depressione sia una condizione pervasiva che ha ...
13/12/2021

I principali orientamenti psicodinamici contemporanei sostengono che la depressione sia una condizione pervasiva che ha origine da una vulnerabilità biologica e temperamentale, dalla qualità delle relazioni di attaccamento e dalle esperienze infantili.
Il mondo interiore di una persona con depressione, contrariamente a quanto si possa pensare, non è fatto soltanto di tristezza e angoscia, ma presenta anche frustrazione, vergogna, perdita, impotenza, solitudine e senso di colpa e l’impatto che questi sentimenti hanno sulla percezione di sé e degli altri è devastante.

Quello che racchiude in gabbia la persona con depressione è un vero e proprio circolo vizioso alimentato da vulnerabilità e rabbia. Generalmente, la vulnerabilità rende la persona molto sensibile alle delusioni e ai rifiuti che la vita porta con sé; quando queste delusioni si verificano realmente il sentimento che ne consegue è la rabbia verso gli altri o verso chi è il responsabile della delusione.
La rabbia, però, porta con sé un fortissimo senso di colpa per essersela presa con gli altri, con chi è parte del mondo relazionale della persona. Per cercare di controllare questo senso di colpa, allora, la rabbia viene riversata contro se stessi, avendo come effetto l’aumentare della vulnerabilità, il crollare a picco dell’autostima, in quanto si comincia a pensare di non essere abbastanza, di essere stati cattivi per aver provato rabbia nei confronti degli altri e di essere gli unici colpevoli della propria condizione.

Così, dalla vulnerabilità, ha nuovamente inizio un nuovo ciclo.

Quello che accade in stanza di analisi è una ri-edizione delle proprie esperienze. Nel qui ed ora del dialogo analitico ...
11/12/2021

Quello che accade in stanza di analisi è una ri-edizione delle proprie esperienze. Nel qui ed ora del dialogo analitico si riattualizzano i modelli, i sentimenti, le relazioni, i pensieri, le modalità di agire che quotidianamente ci coinvolgono e che, a volte, ci tengono in scacco.
È la modalità di comunicazione tra paziente e analista che rende possibile l’espressione delle emozioni e dà vita mentale a persone che si sentono inesistenti.

(cfr. A. Ferro, Nella stanza d’analisi, 1996)

Il bisogno di contatto fisico emerge sin dall’età prenatale e rappresenta una necessità biologica primaria: è il motivo ...
03/12/2021

Il bisogno di contatto fisico emerge sin dall’età prenatale e rappresenta una necessità biologica primaria: è il motivo per cui i bambini appena nati vengono poggiati sin da subito sul petto della madre. Il tatto, infatti, è la prima modalità sensoriale a svilupparsi e funziona come ancòra sensoriale su cui si estende il senso di sé del bambino. Il contatto fisico con le persone intorno a noi diventa un vero e proprio portale di comunicazione di emozioni, aiuta a dispensare rassicurazioni, conforto, a trasmettere vicinanza ed empatia. A livello neurobiologico, il nostro cervello è settato sulla ricerca del contatto: essere abbracciati o accarezzati sulla pelle stimola il rilascio di serotonina, il neurotrasmettitore del benessere; toccare o stringere la mano a qualcuno aiuta ad abbassare i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, ecco perché quando siamo molto spaventati o stressati cerchiamo la mano di chi ci è accanto.

Il mondo digitale in cui viviamo, sebbene abbia colmato i divari imposti dalla lontananza, abbia reso più facile conoscere persone e rimanere in contatto, ha anche creato un nuovo fenomeno, lo “skin hunger”, letteralmente la “fame di pelle”, descrivendo le situazioni in cui le interazioni a distanza e l’intimità digitale hanno soppiantato la prossimità fisica, con conseguenze importanti sullo sviluppo del “cervello sociale”. Miliardi di persone sono colpite giornalmente da una fame tattile cronica che influenza profondamente l’umore, il sonno, le relazioni, l’ansia e il benessere generale dell’individuo e che, se trascurata e prolungata, può avere ripercussioni importanti anche sulla salute fisica.

Lo psicoanalista francese Andrè Green ha coniato il termine “Sindrome della madre morta” per descrivere quelle situazion...
30/11/2021

Lo psicoanalista francese Andrè Green ha coniato il termine “Sindrome della madre morta” per descrivere quelle situazioni in cui la madre, a causa di una profonda depressione, diviene incapace di mantenere una buona relazione con il bambino, il quale percepisce questo cambiamento senza riuscire a spiegarselo. L’improvvisa e imprevedibile scomparsa della madre serena viene vissuta come una ferita narcisistica, perchè comporta la perdita totale dell’amore materno prima goduto. Il bambino, pur di non perdere la sintonia con la nuova madre, è costretto a rinunciare all’immagine della madre buona dentro di sé che si era costruito e a restare in contatto con la “madre morta”.

Questi bambini inizialmente hanno uno sviluppo normale, si adattano al cambiamento del rapporto con la madre pur di non perderla, ma “non provano alcun sentimento per la vita: credono che solo non provando nulla possono essere uniti con la madre” (Kernberg, 2021). A livello manifesto, quindi, questo tipo di evento può portare a strutturare un disturbo narcisistico di personalità, che spesso è caratterizzato da un’incapacità profonda di provare sentimenti veri, di dedicarsi all’altro, di amare e di innamorarsi, e soprattutto da un mondo interiore privo di persona significative, un mondo interiore vuoto, proprio come vuoto è diventato il mondo interno della madre.

Nelle interazioni quotidiane sono diversi i meccanismi impliciti che ci portano a ipotizzare il mondo interno dell’altro...
16/06/2021

Nelle interazioni quotidiane sono diversi i meccanismi impliciti che ci portano a ipotizzare il mondo interno dell’altro. Queste supposizioni, però, per la maggior parte dei casi, sono nostre proiezioni. Talvolta, quando si suppongono le sensazioni degli altri dal loro modo di porsi, dalla postura del corpo, dall’atteggiamento e dal tono di voce e gli si attribuiscono delle intenzioni, si sta proiettando sull’altro la propria soggettività e non si sta invece osservando l’interazione.

Per esempio, in una situazione di interazione con uno sconosciuto, si può avere la sensazione che egli abbia intenzioni malevole nei nostri confronti, senza che questa supposizione sia supportata da comportamenti oggettivi o da un’osservazione esterna dell’interazione. Molto probabilmente, ciò che accade è che sia la nostra diffidenza e il nostro timore verso ciò che non conosciamo, verso ciò che non è prevedibile ad essere espressi in quella supposizione, piuttosto che le reali intenzioni dell’altro.

Anche con persone che conosciamo bene vi sono situazioni in cui non ci si riesce proprio a capire. Questo perché la percezione interiore di ciò che si ha da dire è molto diversa da quello che poi viene espresso e compreso. Colui che parla ritiene di avere un’idea molto chiara di ciò che ha da dire, specialmente se si tratta della propria opinione in merito a qualcosa che conosce bene. Ma questa chiarezza e semplicità non esistono che per lui. La sua idea, infatti, dipende da un sistema prestabilito di opinioni e sensazioni che sono accessibili solo dall’interno e non è detto che chi ascolta riesca a coglierne il significato così come lo intende l’altro.

È necessario quindi essere più chiari possibili e soprattutto cercare di mettersi nei panni dell’altro per collocare quell’interazione nel suo sistema di attribuzione di significato.

Generalmente percepiamo e agiamo nel mondo per come siamo, non per come esso realmente è. La nostra visione delle cose, ...
10/06/2021

Generalmente percepiamo e agiamo nel mondo per come siamo, non per come esso realmente è. La nostra visione delle cose, delle relazioni, di noi stessi è soggettiva, anche quando ci si sforza di non esserlo, perché si è dentro il proprio mondo, dentro se stessi, dentro le relazioni. La soggettività consiste nell’assegnare a ciò che viene vissuto un significato personale e privato, con i quali si “veste” il mondo reale al posto di vederlo così com’è.

La soggettività dipende da numerosi fattori. Primi di tutti le emozioni che si provano in un dato momento e il vissuto che ogni situazione ci provoca. Una persona gelosa o sospettosa tenderà a valutare i dettagli del mondo esterno come segni che confermano la sua sospettosità, un po’ come quando si passa la notte da soli in un luogo poco familiare e si avvertono tutti i piccoli rumori naturali che, in preda alla paura, finiscono per essere percepiti come una minaccia che si avvicina. Una situazione è necessariamente connotata dai significati che sono attribuiti dalla persona che la vive.

Anche nel momento in cui non siamo particolarmente emozionati, le nostre opinioni, le nostre credenze, i nostri valori e i nostri pregiudizi guidano l’interazione con gli eventi ed operano distorsioni che ci impediscono di cogliere i rapporti e il mondo come è. Nel momento in cui si discute con qualcuno circa qualsiasi argomento bisognerebbe sempre tenere a mente che esso riflette il proprio modo di attribuire significati alle cose, che, con molta probabilità, non corrisponderà a quella del nostro interlocutore.

L’essere umano porta con sé numerose ambivalenze. Spesso ci si chiede perché, pur soffrendo molto, non si riesce a rinun...
08/06/2021

L’essere umano porta con sé numerose ambivalenze. Spesso ci si chiede perché, pur soffrendo molto, non si riesce a rinunciare ad una relazione, ad una situazione, ad un modo di pensare e vedere le cose. Anche quando ci si sente completamente a pezzi, si rimane ancorati al proprio modo di affrontare il mondo: si ha comunque raggiunto un equilibrio interno che viene minacciato dal cambiamento. La possibilità di una metamorfosi può costituire una prospettiva terrorizzante per chi è saldamente trincerato in determinati pattern di comportamenti, pensieri, sentimenti e interazioni interpersonali.

In questa modalità di azione sono coinvolti i meccanismi di difesa, particolari fenomeni psichici consci e inconsci che permettono alla persona di preservare il proprio mondo interno. I meccanismi di difesa aiutano a mantenere un senso di autostima di fronte a vergogna e vulnerabilità, a garantire un senso di sicurezza quando ci si sente gravemente minacciati da abbandono o da altri rischi, a proteggersi nei confronti di pericoli esterni che non si possono controllare, consentono di gestire conflitti non risolti correlati a relazioni del passato e di mediare con gli altri significativi nella realtà del presente.

Contrariamente a quanto si possa pensare, quindi, i meccanismi di difesa sono essenziali e necessari per la sopravvivenza psichica e il terapeuta dinamico impara presto ad averne grande rispetto, pur essendo, in certi casi, di grande ostacolo alla terapia. Ciò che in terapia si impara, infatti, non è a rimuoverli, ma piuttosto ad utilizzarne altri, più adattivi, più maturi, che permettono di preservarsi senza però condurre alla sofferenza.

Le fantasie, comunemente dette sogni ad occhi aperti, sono generalmente delle illusioni di scenari ideali più o meno det...
28/05/2021

Le fantasie, comunemente dette sogni ad occhi aperti, sono generalmente delle illusioni di scenari ideali più o meno dettagliati utilizzare per cercare di gestire la realtà. Da un punto di vista psicologico, i sogni ad occhi aperti sono estremamente importanti in quanto rappresentano uno dei mezzi principali per fronteggiare la delusione che il mondo esterno ci procura, forniscono gratificazioni sostitutive per i desideri rimasti dolorosamente insoddisfatti, servono da consolazione per ciò che non abbiamo ed esprimono le aspettative che abbiamo nei nostri e altrui confronti.

Sebbene siano consci e modificabili in maniera volontaria, i sogni ad occhi aperti costituiscono fenomeni privati molto potenti che possono influenzare la nostra vita in modalità che non riusciamo a comprendere. Stoller sosteneva che essi hanno la funzione di formulare un problema in maniera mascherata e quindi risolverlo, creandosi un’illusione di controllo. La soluzione del problema nella fantasia quasi mai, però, corrisponde o è applicabile alla realtà, per cui si potrebbe rischiare di rimanere bloccati nella situazione in cui ci si sforza di riprodurre nella realtà ciò che ci siamo immaginati, per renderla meno deludente.

Al contempo, però, la delusione che arriva dalla mancata corrispondenza di realtà e fantasia alimenta la creazione dei sogni ad occhi aperti, creando un circolo vizioso. Questo accade soprattutto alle porte di incontri importanti ed emotivamente carichi, come un primo appuntamento con una persona che ci interessa. Si passano ore a fantasticare su come sarà e, nel momento in cui la realtà devia dall'aspettativa fantasiosa, si rimane insoddisfatti, a volte senza un apparente motivo.

Integrare le fantasie nel processo terapeutico diviene importante in quanto permette di esplorare le aspettative e i desideri più profondi della persona e capire come questi influenzano, in maniera disfunzionale, la realtà quotidiana.

Tante volte ci sentiamo dire che non si ha bisogno di una terapia perché ci sono gli amici, il partner, la famiglia a so...
19/05/2021

Tante volte ci sentiamo dire che non si ha bisogno di una terapia perché ci sono gli amici, il partner, la famiglia a sostenerci e ad aiutarci ad affrontare i problemi. Sebbene questo sia assolutamente vero e quanto mai necessario, a volte non è sufficiente, in quanto ciò che queste figure portano alla vita di una persona è ben diverso da quello e porta un terapeuta. Nel percorso terapeutico vengono sì affrontati e discussi i problemi che causano disagio alla persona, ma, più profondamente, si arriva alla comprensione della propria personalità e del proprio funzionamento. Nella relazione terapeutica non vengono cercate formule magiche che permettono di far sparire i problemi, piuttosto si lavora insieme al terapeuta per poter riconoscere le proprie peculiarità, le proprie potenzialità e le proprie caratteristiche tale da trovare il proprio e unico modo di affrontare in modo adattivo le sfide quotidiane.

Uno psicoterapeuta possiede delle conoscenze sui meccanismi della mente che aiutano le persone a comprendere come funzionano e qual è l’origine dei propri schemi disfunzionali. Inoltre, egli riesce a mantenere una certa obiettività sulla vita dell’altro, riesce ad osservare ed esplicitare informazioni che gli altri, troppo vicini per essere obiettivi, è difficile che colgano.

Il principale scopo di uno psicoterapeuta è aiutare l’altro a capire e capirsi.

“Luna è una bambina di 10 anni che viene affidata al nonno dopo aver accusato di molestie sessuali il nuovo compagno del...
14/05/2021

“Luna è una bambina di 10 anni che viene affidata al nonno dopo aver accusato di molestie sessuali il nuovo compagno della madre: una madre furiosa contro di lei che ha portato fuori dalla famiglia il suo segreto cercando aiuto da estranei e che rifiuta di incontrarla, non risponde alle sue lettere ed esige che Luna ritratti le sue accuse tornando da lei e dal suo abusante. Divisa tra la rabbia e il terrore di perdere il rapporto con la madre, Luna viene descritta come una bambina “frammentata” dalla cartella clinica dell’ospedale in cui è ricoverata per autolesionismo. Incapace di tornare indietro e di andare avanti […], Luna sta sempre peggio, alternando gesti di rabbia e di ribellione violenta e distruttiva verso se stessa e verso gli adulti, specialmente della figura di riferimento, che l’hanno accolta ma tradita.” (cfr. L. Cancrini, La cura delle infanzie infelici).

La confusione e l'aggressività che si manifestano in persone con disturbo borderline di personalità celano una profonda sofferenza, una mancanza e un conflitto che li conduce alla frammentazione. Ed è necessario sapere e conoscere per poter capire e stare meglio.

“L’uomo è un animale sociale”, scriveva Aristotele, definendo in poche parole uno degli aspetti più importanti nella vit...
10/05/2021

“L’uomo è un animale sociale”, scriveva Aristotele, definendo in poche parole uno degli aspetti più importanti nella vita di ognuno di noi: le relazioni. Siamo, nelle nostre radici biologiche e culturali, delle creature sociali destinate a legarci agli altri. Questo perché ognuno di noi ha un profondo bisogno di appartenenza a qualcuno, un bisogno di essere strettamente legato all’altro che si accompagna al bisogno che queste persone siano strettamente legate a noi e abbiano bisogno di noi.
Le relazioni profonde e intime, quando sane, permettono di essere conosciuti per come si è e di sentirsi accettati, l’altro diventa base sicura, la fiducia permette di aprirsi senza timori. Queste relazioni sono caratterizzate, specialmente all’inizio, da un progressivo svelamento di sé, un processo per cui tanto più l’altro si apre, tanto più si è propensi ad aprirsi a propria volta. Quando si raggiunge un buon livello di intimità, però, la reciprocità deve trasformarsi in responsività, cioè la capacità di comprendere e sintonizzarsi sui bisogni dell’altro. Si instaura uno scambio di ricompense e benefici: si scelgono gli amici ed i partner non solo per quello che loro sono ma soprattutto per come ci si sente in loro presenza; non si tengono conto solo delle caratteristiche dell’altro ma anche di quanto si ottiene dalla relazione.
È questo uno dei motivi per cui, talvolta, seppur dolorosa che sia, si è disposti a mantenere una relazione. Avere qualcuno, anche se ci fa del male, è sempre meglio che non avere nessuno. Questo pattern relazionale, però, è altamente distruttivo, specialmente nei casi più complessi, in cui la paura della solitudine e l'impossibilità di affrontare un distacco diventano una vera e propria prigione.

Secondo numerosi studi, circa il 2-3% della popolazione mondiale soffre del disturbo di panico e  secondo l’Istituto Sup...
07/05/2021

Secondo numerosi studi, circa il 2-3% della popolazione mondiale soffre del disturbo di panico e secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa un milione di persone all’anno ne sperimenta almeno uno. Avere o aver avuto attacchi di panico, però, è diverso da avere un disturbo di panico, che prevede un cambiamento nello stile di vita della persona o la presenza di ansia anticipatoria. Ovviamente, a prescindere che si tratti di disturbo o di attacchi di panico sporadici, essi condizionano la vita della persona, determinando una forte angoscia e un profondo senso di vergogna per la propria condizione e vulnerabilità.
Il processo terapeutico aiuta la persona non solo a gestire gli attacchi e l'ansia anticipatoria, ma favorisce la presa di consapevolezza e l'elaborazione dell'origine del disturbo.

Una delle scoperte più importanti nel campo della psicologia è stata sicuramente quella del legame di attaccamento. I le...
06/05/2021

Una delle scoperte più importanti nel campo della psicologia è stata sicuramente quella del legame di attaccamento. I legami precoci infantili strutturano il mondo interno e relazionale della persona, determinando il modo in cui si vede il mondo dentro e fuori di noi. Gli schemi delle relazioni che coltiviamo tutti i giorni hanno radici molto profonde, ci aiutano a dare prevedibilità alla realtà, ci spiegano come dobbiamo comportarci e cosa aspettarci dall’altro. Non di meno, guidano la scelta dei partner, degli amici, delle relazioni significative che costruiamo durante tutta la vita.
L’esperienza delle relazioni adulte e della relazione terapeutica risultano correttive nei casi in cui questi modelli siano disfunzionali per la persona, che costringono al ripetersi continuo di azioni-reazioni che portano a sofferenza e malessere, alla ricerca di persone che, pur facendoci del male, confermano le nostre aspettative di persone non meritevoli d’amore. È essenziale prendere consapevolezza dei propri schemi relazionali e della loro origine, per cambiarli e spezzare il ciclo di ripetitività che porta al malessere.

Il senso di colpa e la vergogna sono due dei sentimenti umani più provati e più difficili da gestire. Tutti proviamo que...
05/05/2021

Il senso di colpa e la vergogna sono due dei sentimenti umani più provati e più difficili da gestire. Tutti proviamo questi sentimenti, ma ci differenziamo per il prevalere dell’uno o dell’altro nella nostra personalità, che dipende dalla storia relazionale di ognuno di noi.
Il senso di colpa è un sentimento che arriva da dentro, è una esperienza di punizione verso se stessi, per non essere stati all’altezza delle proprie aspettative o per aver infranto il codice morale interno. Proviamo colpa quando ci comportiamo diversamente da come avremmo dovuto secondo i nostri valori morali, che sono strettamente personali.
La vergogna, invece, è connessa con il timore di essere giudicati, di essere guardati dall’alto in basso, di essere esposti alle critiche e al disprezzo altrui, di non essere all’altezza delle aspettative dell’altro ed ha, quindi, una componente relazionale molto forte.
Sono entrambi sentimenti importanti ma molto difficili da leggere e riconoscere, in quanto hanno, spesso, modalità di espressione simile. Per esempio, il perfezionismo della persona con tendenze ossessive può essere letto sia come espressione di voler mantenere il controllo su se stesso e sulla situazione, per essere in linea con il proprio senso morale di perfezione oppure può essere un modo attivo per evitare il giudizio e la critica dell’altro che metterebbe in mostra la propria fallibilità.

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