
09/09/2025
Quando una fonte si prosciuga:
il peso delle
esperienze finite
✒️ Dr. D’Angelo | Voce delle Soglie
Ci sono esperienze dentro di noi che si esauriscono. Sono relazioni, situazioni, legami o ruoli da cui abbiamo attinto e verso
cui abbiamo dato tutto ciò che potevamo. Eppure, a un certo punto, quella fonte si prosciuga. Non c’è più nulla da dare, né da
ricevere. È difficile accettarlo. Perché ciò che ha avuto senso, ciò che ci ha
nutrito, non si lascia andare facilmente. Anche quando è finito, anche quando è vuoto, resta lì. E noi restiamo aggrappati. Come se
lasciarlo andare fosse una forma di tradimento. Come se mollare la
presa fosse rinnegare ciò che è stato.
Ma trattenere ciò che si è esaurito ha un prezzo: diventa peso. Ingombra lo spazio interno. Occupa stanze che potrebbero ospitare altro. Ci riporta continuamente indietro, mentre la vita spingerebbe
avanti.Tratteniamo per fedeltà, diciamo. Ma spesso tratteniamo per paura. Perché se lasciamo andare davvero, dobbiamo fare i conti con quel vuoto. Con il tempo che non torna. Con la parte di noi che ha creduto, che ha sperato, che si è data intera.
Eppure lasciare andare non è dimenticare. È riconoscere che quella sorgente ha dato tutto ciò che poteva dare. Che quel tempo ha fatto
il suo corso. Che noi possiamo esistere anche oltre quel legame, oltre quel luogo interiore.
Il dolore, in questi casi, non è solo perdita. È trasformazione. È uno sguardo che cambia direzione. È la possibilità di tornare a se
stessi, con una memoria integra, ma non più ingombrante.In terapia, a volte, si lavora proprio su questo: accompagnare
l’altro nel gesto interiore del congedo. Non con rabbia, non con fretta, ma con verità. Aiutare a deporre ciò che è stato, senza rinnegarlo. Perché una fonte, per quanto amata, non può continuare a darci acqua se si è prosciugata.
E allora, forse, possiamo imparare a lasciare andare. A custodire senza trattenere. A ringraziare ciò che è stato. E, con passo lento, fare spazio a ciò che ancora non conosciamo, ma che ci aspetta.