Dott.ssa Celeste Loglisci Psicologa

Dott.ssa Celeste Loglisci Psicologa Sono una psicologa psicoterapeuta ad orientamento Psicodinamico individuale e di gruppo

Quando una fonte si prosciuga: il peso delleesperienze finite✒️ Dr. D’Angelo | Voce delle SoglieCi sono esperienze dentr...
09/09/2025

Quando una fonte si prosciuga:
il peso delle
esperienze finite

✒️ Dr. D’Angelo | Voce delle Soglie

Ci sono esperienze dentro di noi che si esauriscono. Sono relazioni, situazioni, legami o ruoli da cui abbiamo attinto e verso
cui abbiamo dato tutto ciò che potevamo. Eppure, a un certo punto, quella fonte si prosciuga. Non c’è più nulla da dare, né da
ricevere. È difficile accettarlo. Perché ciò che ha avuto senso, ciò che ci ha
nutrito, non si lascia andare facilmente. Anche quando è finito, anche quando è vuoto, resta lì. E noi restiamo aggrappati. Come se
lasciarlo andare fosse una forma di tradimento. Come se mollare la
presa fosse rinnegare ciò che è stato.
Ma trattenere ciò che si è esaurito ha un prezzo: diventa peso. Ingombra lo spazio interno. Occupa stanze che potrebbero ospitare altro. Ci riporta continuamente indietro, mentre la vita spingerebbe
avanti.Tratteniamo per fedeltà, diciamo. Ma spesso tratteniamo per paura. Perché se lasciamo andare davvero, dobbiamo fare i conti con quel vuoto. Con il tempo che non torna. Con la parte di noi che ha creduto, che ha sperato, che si è data intera.
Eppure lasciare andare non è dimenticare. È riconoscere che quella sorgente ha dato tutto ciò che poteva dare. Che quel tempo ha fatto
il suo corso. Che noi possiamo esistere anche oltre quel legame, oltre quel luogo interiore.
Il dolore, in questi casi, non è solo perdita. È trasformazione. È uno sguardo che cambia direzione. È la possibilità di tornare a se
stessi, con una memoria integra, ma non più ingombrante.In terapia, a volte, si lavora proprio su questo: accompagnare
l’altro nel gesto interiore del congedo. Non con rabbia, non con fretta, ma con verità. Aiutare a deporre ciò che è stato, senza rinnegarlo. Perché una fonte, per quanto amata, non può continuare a darci acqua se si è prosciugata.
E allora, forse, possiamo imparare a lasciare andare. A custodire senza trattenere. A ringraziare ciò che è stato. E, con passo lento, fare spazio a ciò che ancora non conosciamo, ma che ci aspetta.

Quando i mostri della mente si stancano e noi impariamo a danzare sotto la pioggiaCi sono momenti della vita in cui la m...
04/09/2025

Quando i mostri della mente si stancano e noi impariamo a danzare sotto la pioggia

Ci sono momenti della vita in cui la mente sembra popolata da mostri. Non hanno un volto definito, eppure li riconosciamo: sono ansie, ossessioni, paure che ci inseguono senza tregua. Ci paralizzano, ci tolgono il respiro, ci fanno credere che non riusciremo mai a liberarci da loro.

La verità, però, è che questi mostri non sono eterni persecutori. Hanno la forza che noi concediamo loro. Si nutrono della nostra resistenza, del nostro tentativo disperato di controllare ogni pensiero, di zittire ogni emozione. È quando iniziamo a non combatterli più, quando smettiamo di inseguire la perfezione e la sicurezza assoluta, che accade qualcosa di sorprendente: i mostri si stancano.

Non perché spariscono, ma perché non trovano più terreno fertile nel nostro terrore. E in quel vuoto che si apre nasce una possibilità nuova: quella di danzare sotto la pioggia.

Ballare sotto la pioggia non significa amare il dolore, né cercarlo. Significa riconoscere che la vita non è fatta solo di giornate di sole. Ci sono tempeste che non scegliamo, ma che attraversiamo. E possiamo decidere se restare fermi, bagnati e tremanti, o se muoverci, respirare, lasciarci bagnare senza che l’acqua diventi catena.

È in questo gesto che nasce la libertà: non dall’eliminare i mostri, ma dal togliere loro il potere di governare la nostra vita. E allora anche la paura diventa insegnante, anche l’angoscia può trasformarsi in un varco, anche la notte custodisce un’alba.

La danza sotto la pioggia non è spettacolare, non è perfetta. È fragile, tremante, incerta. Ma è vera. È la prova che, anche nel dolore, possiamo restare vivi, presenti, capaci di aprire uno spazio di respiro.

E forse la vita non ci chiede altro: non di vincere ogni battaglia, ma di non smettere di danzare.

“Tanto più si conosce la propria cattiveria, tanto più si è capaci di proteggersi da quella degli altri. […]. Le persone...
29/08/2025

“Tanto più si conosce la propria cattiveria, tanto più si è capaci di proteggersi da quella degli altri. […]. Le persone che si lasciano maltrattare dagli altri sono o molto giovani, o troppo candide; ma soprattutto esse sono indirettamente responsabili di ciò che accade loro, non hanno sufficiente coscienza del male che hanno in sé. Se l’avessero, acquisirebbero una sorta di percezione intuitiva del male negli altri e non presterebbero il fianco. [...] Lo sciocco idealista che si lascia imbrogliare da tutti può essere aiutato non con la pietà, ma conducendolo alla sua Ombra interiore”.

Marie Louise von Franz, Il femminile nelle fiabe

L’uomo viene gettato nel mondo e deve accettare di vivere con angoscia la sua esistenza. Ora qualcuno mi potrà dire: ma ...
25/08/2025

L’uomo viene gettato nel mondo e deve accettare di vivere con angoscia la sua esistenza. Ora qualcuno mi potrà dire: ma perché alcuni sono presi dall’angoscia e altri no? Non è facile rispondere. Certo si può dire che forse c’è un problema di sensibilità, per il quale, per esempio, alcune persone non si fanno mai delle domande. Vivono tranquillamente una vita all’esterno, si accontentano di quello che succede, e la loro vita scorre. Nessuno può biasimare questa modalità. Ma ci sono invece poi delle persone che si fanno delle domande. E siccome a queste domande non si può mai rispondere, proprio la mancanza di risposta può generare l’angoscia. E allora l’angoscia diventa uno strumento significativo. Io punto molto su questi aspetti, perché la persona sofferente crede di essere la persona più disgraziata del mondo: in realtà quella sofferenza diventa quella spina che è nel fianco, oppure che è dietro la nuca, ci impedisce di dormire e quindi ci spinge verso la conoscenza, ci spinge a capire cose che altrimenti non avremmo mai capito. Una persona angosciata, secondo il mio punto di vista, ha un tipo di nobiltà che la persona che non conosce angoscia, non ha mai avuto né potrà mai avere. Naturalmente è un tipo di nobiltà che la persona angosciata ha e questo tipo di nobiltà ha un prezzo molto alto. Io non potrei dire se vale la pena o non vale la pena di pagarlo, però so che bisogna pagare questo prezzo. Anche perché poi, in fondo, le cose veramente importanti nella vita non vengono mai date con uno sconto, hanno sempre un prezzo.

Aldo Carotenuto

“A volte mi chiedono cosa si prova a fare lo psicoterapeuta.E io vorrei rispondere senza parole.Con il silenzio che prec...
25/08/2025

“A volte mi chiedono cosa si prova a fare lo psicoterapeuta.
E io vorrei rispondere senza parole.
Con il silenzio che precede un pianto.
Con la pelle che assorbe le storie.
Con gli occhi che trattengono il peso di ciò che non si può dire.
Fare lo psicoterapeuta è entrare in stanze dove il dolore ha voce,
dove i sorrisi sono difese e la rabbia è solo una richiesta d'amore.
È sedersi accanto a un'anima nuda
senza vestirla di consigli,
senza aggiustarla.
Solo esserci.
Con la presenza che cura più delle parole.
È sentire il nodo alla gola di chi parla,
mentre tu lo senti anche nel tuo.
È restare saldi quando il mondo dell’altro trema.
E poi gioire in silenzio
quando un piccolo gesto
diventa il primo passo verso la vita.

Non salviamo nessuno.
Ma accompagniamo.
Nel buio, nel caos, nella rinascita.
Con rispetto.
Con grazia.
Con un amore che non chiede nulla.
È un mestiere che ti cambia la voce,
ti cambia il cuore,
ti cambia la pelle.
E a volte, quando meno te l’aspetti,
cura anche te.”

Oscar Travino

CIÒ CHE LA PSICOTERAPIA NON Èdi Giuseppe RanioloLa psicoterapia è un atto di cura: silenzioso, complesso, trasformativo....
03/08/2025

CIÒ CHE LA PSICOTERAPIA NON È
di Giuseppe Raniolo

La psicoterapia è un atto di cura: silenzioso, complesso, trasformativo. Implica rispetto per la soggettività e per i tempi della psiche. Ma oggi questo spazio “sacro” è spesso travolto da logiche di mercato, potere, narcisismo e spettacolo. Occorre ricordare cosa la psicoterapia è e cosa non deve mai diventare.

1. Non è una merce.
Quando è confezionata come prodotto, venduta con slogan, pacchetti o “risultati garantiti”, la psicoterapia perde la sua anima. La cura non è consumo: non si misura in efficienza né in stelle su una piattaforma.
2. Non è una chiesa.
Le scuole che si chiudono in dogmi e carismi tradiscono il pensiero clinico. La clinica viva non ripete formule: interroga, ascolta, si trasforma.
3. Non è esercizio di potere.
Chi cura non domina, accompagna. Non offre soluzioni preconfezionate, ma sostiene la soggettivazione. Ogni sfruttamento, anche sottile, è abuso.
4. Non è un surrogato affettivo.
La relazione terapeutica non sostituisce legami mancati: li elabora. Se resta nella fusione idealizzante, produce dipendenza, non libertà.
5. Non conferma l’Io: lo interroga.
La psicoterapia non adatta, non potenzia. Non promette benessere o successo, ma consente di abitare la propria verità, anche scomoda.
6. Non è uno spettacolo.
La narrazione clinica non è materiale da brand. Esibire il dolore altrui o il proprio ruolo di “guaritore” è una violazione etica.
7. Non deve servire il dominio.
La cura psichica non normalizza, non addomestica. Interroga i codici del potere, non li conferma.
8. Richiede pensiero e formazione continua.
Non basta un titolo. Serve un percorso personale, una supervisione costante, una responsabilità etica attiva.
9. È sempre un atto etico.
Curare è sostenere il soggetto, non la prestazione. È tollerare il silenzio, custodire l’invisibile, resistere alla semplificazione.

Chi cura deve proteggere il confine tra parola e potere, tra incontro e invasione, tra cura e dominio.

🎙️ “Ai miei tempi non c’era lo psicologo.”“Facevamo i figli e li portavamo ovunque.”“Non ci facevamo tutti questi proble...
25/06/2025

🎙️ “Ai miei tempi non c’era lo psicologo.”
“Facevamo i figli e li portavamo ovunque.”
“Non ci facevamo tutti questi problemi.”
“Oggi invece tutti in terapia … che esagerazione!”

Frasi che si sentono spesso, soprattutto da chi guarda al passato con un certo orgoglio.
E in parte è vero: una volta si cresceva senza troppe domande, si viveva alla giornata, si affrontavano le difficoltà “con coraggio” e in silenzio.

🔹 Ma quel silenzio, spesso, aveva un prezzo.
Tanti sono cresciuti con ferite invisibili, senza strumenti per comprenderle, senza la possibilità di condividerle.
Le emozioni venivano represse, i disagi ignorati, e tutto ciò che non era conforme veniva semplicemente etichettato come “problema da superare”.

🔸 Oggi non è che ci siano più problemi.
Oggi c’è più consapevolezza.
Ci si interroga, si cerca un senso, si prova a interrompere schemi educativi disfunzionali, si impara a dare nome alle emozioni, a riconoscere i propri limiti, a chiedere aiuto.

E sì, oggi c’è anche lo psicologo.
Non per “aggiustare” qualcuno, ma per accompagnare.
Per sostenere chi sente che da solo non ce la fa, chi vuole conoscersi meglio, chi desidera crescere in modo più autentico.

🧠 Non è debolezza, è evoluzione.
È la possibilità di fare pace con ciò che è stato, e costruire con più libertà ciò che sarà.

Quello che sta accadendo è che ti stai partorendoDopo un lungo travaglio dove i rifiuti, gli abbandoni, gli eventi avver...
10/06/2025

Quello che sta accadendo è che ti stai partorendo
Dopo un lungo travaglio dove i rifiuti, gli abbandoni, gli eventi avversi, le ingiustizie e le paure di un passato che ancora porti dentro
Nonostante questo vibri ancora in parte dentro
Nonostante queste resistenze, una forza luminosa
Che hai saputo coltivare nella tua intimità per un giusto tempo
È cresciuta,
ha fecondato la tua carne
Ha guarito le cellule e ti ha portato fino alla fine di questo “aspettare”
alla nascita di qualcosa che nel grembo stringeva e spingeva per uscire
Sembrava dolore, sembrava qualcosa di estraneo a te… e invece
Eri tu,
Sei tu
Quella piccola gemma che ancora timidamente si sta schiudendo
Sei tu
Ti stai aprendo
Ti stai dando il permesso di esistere
da sola e libera
Aprirti a te stessa così come sei stata in passato
Aprirti anche ad una parte nuova
Alla gioia
alla bellezza
e alla leggerezza
Qualità di un’anima che ancora non avevi toccato con mano, respirato, ma solo ammirato
Ora sei anche tu questo
Ora Sei
Sei alba di un’orizzonte che va mutando
Sei rondine che impenna nei cieli
colorando pareti stinte e accendendo cuori spenti
Non per apparire, ma per godere
Non per compiacere, ma per osare
Non per conquistare, ma per condividere
Non per essere amata, ma perché ti basti
Non per avere in cambio privilegi, ma per poter essere parte di un disegno più grande
Che ora respiri con tutti i sensi
senza cercar applausi, sorridi alla tua natura multiforme
Si Sei semplicemente Tu
quella che pensava di essere solo un masso
Sei oggi fiore, farfalla, formica e foglia
Sei questo è molto di più
Lasciati aprire senza darti un nome
Sei ri-nata Figlia
Figlia di questa immensità
Sei guidata, Sei protetta e Sei amata
Sei nata Presenza
Sei nata vastità

🌹
Manuela Boesso

"I figli possono trovare il loro cammino quando la nostra mano ha la fede sufficiente per perderli. Attenzione, nessuno ...
10/06/2025

"I figli possono trovare il loro cammino quando la nostra mano ha la fede sufficiente per perderli. Attenzione, nessuno ha verità. Non ci sono esperti, ma amare significa donare a lui il nostro ritrarsi, è il sacrificio della proprietà. Il dono più grande che possiamo fare ai nostri figli non è dargli tutte le risposte, non è spiegargli il senso della vita, ma dimostrargli, con il nostro esempio quotidiano - e non attraverso la retorica - che la vita ha senso... e mostrare loro tutta la nostra fragilità. Il dono più grande della genitorialità è non ricondurre la vita del figlio a uno standard di normalità. Il dono più grande della genitorialità è amare le storture, le bizzarrie. Non raddrizziamo le viti storte, scommettiamo tutto invece sulle diversità. Io genitore voglio che tu sia quello che desideri."

[Massimo Recalcati]

Cosa si verifica nell' esperienza della perdita e del lutto?Il dolore del lutto registra la scomparsa dell'altro, ma non...
29/05/2025

Cosa si verifica nell' esperienza della perdita e del lutto?
Il dolore del lutto registra la scomparsa dell'altro, ma non è ancora in grado di simbolizzare la separazione dall' altro.
Il soggetto del lutto continua e vestirsi di nero, escluso da un mondo che non riconosce più e dalla sua stessa vita che gli è divenuta estranea. Quello che va sottolineato è che la scomparsa dell' altro, non coincide affatto con la simbolizzazione della separazione, ovvero con la sua futura introiezione. La sparizione dell' altro che determina l'esperienza luttuosa non coincide affatto con la separazione dall' altro. Anzi, i tempi della sparizione e della separazione appaiono disgiunti: la perdita dell' oggetto introduce una separazione di fatto, ma questa separazione deve essere simbolizzata dal soggetto affinché possa essere psichicamente digerita e la vita possa ritornare pienamente a vivere. La difficoltà che spesso riscontriamo ad accettare la perdita dipende proprio dal fatto che la separazione dall' oggetto, anziché ve**re simbolizzata e introiettata, viene inconsciamente rifiutata. Per questa ragione la reazione emotiva del lutto mostra come l'oggetto perduto è ancora presente ed è un ombra che aderisce alla nostra vita.

Massimo recalcati " La luce delle stelle morte"

21/05/2025
"Le tue convinzioni vengono dalla mentalità sociale. Se osservi la tua mente, vedrai che tutto ciò che vi conservi e rit...
21/05/2025

"Le tue convinzioni vengono dalla mentalità sociale. Se osservi la tua mente, vedrai che tutto ciò che vi conservi e ritieni tuo non lo è. Tutto proviene da fonti diverse: genitori, insegnanti, preti, politici; sono gli altri ad averti dato quelle cose. Ma l'anima è sempre individuale: nessuno te la può dare. È già in te: va solo scoperta."
Osho

Foto dal Libro Rosso di Jung

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