14/05/2024
Piccola riflessione del giorno a tema logopedico.
"Fare" Logopedia non è: dammi gli esercizi e me li faccio a casa e poi ci risentiamo. Non c'è niente di più errato da concepire nel rapporto col proprio terapista di riferimento. Per una cosmologia di motivi che perderei mezza giornata ad elencare.
"Fare" Logopedia è instaurare una relazione di cura che ha bisogno di continuità da parte del paziente e del terapista stesso che necessità di sentirvi costantemente anche per programmare il lavoro con esso.
Io personalmente vedo e sento almeno 25-30 voci a settimana e la settimana successiva riesco a ricordarne i cambiamenti. Ma già a distanza di due o tre settimane faccio fatica. I miei pazienti sanno quanto sono certosino nel registrare, valutare e analizzare i cambiamenti, sto costantemente col microfono sul tavolo e occhi e orecchie "appizzate" come diciamo a Bari.
La chiave di volta della cura della voce, per mio personalissimo parere, gioca su quanto il terapista sia attento al percorso, alla relazione e lungimirante nel saper rispondere prontamente alle esigenze del paziente e del suo ambiente.
Non esiste un protocollo per tutti, forse giusto per un paio di patologie c'è un "approccio" abbastanza condiviso, ma tutto il resto, non mi stancherò mai di ripeterlo, sta in quanto voi e il vostro terapista manteniate alta la motivazione e l'aderenza al percorso.
E ve lo dico anche da paziente di un fisioterapista bravissimo che mi ha aiutato tanto nel mio percorso di recupero per una tendinopatia quadricipitale.
Ho dovuto spesso e malvolentieri consigliare ad alcuni pazienti che non erano costanti, di sospendere e riprendere in un momento in cui potevano concentrarsi sul nostro lavoro per massimizzare la compliance e l'aderenza al trattamento. Anche perché nello stesso momento ho una lista di pazienti che attendono che io abbia tempo per poterli accogliere, e francamente non mi sembra corretto.