
14/09/2025
‘Il punto non è non cedere per paura. Il punto è restare vivi. La flessibilità non è resa: è forza che sa cambiare forma senza perdere la sostanza. È il bambù che si piega e non si spezza, perché ha radici profonde. Rigido è il pensiero che non ascolta, il cuore che non si lascia toccare, il corpo che trattiene ogni scossa finché si incrina. Rigido è anche il “si è sempre fatto così” che sbarra la strada al nuovo. E il nuovo arriva comunque, con la delicatezza di una pioggia o la furia di un fiume.
Il cambiamento non chiede il nostro permesso: ci trova. La flessibilità è il modo in cui scegliamo di farci trovare. È la qualità di chi sa dire “non lo so, ma posso imparare”, di chi sa spostarsi di un passo per vedere meglio, di chi sa cambiare idea senza tradire se stesso. La rigidità, invece, confonde coerenza con ostinazione: si mette l’armatura anche quando servirebbe la pelle nuda del coraggio.
Essere “morbidi e cedevoli” non significa diventare tappeti. Significa distinguere tra confini e muri. I confini respirano: proteggono e insieme lasciano passare l’aria dell’incontro. I muri, no: tengono fuori gli altri e, alla lunga, tengono imprigionati anche noi. Nelle relazioni, la flessibilità è la danza tra il mio passo e il tuo: se conduco sempre io, calpesto; se seguo sempre io, scompaio. La vita chiede ascolto, ritmo, pause—chiede l’arte di accordarci.
C’è anche una flessibilità del pensiero: riconoscere che le nostre opinioni non sono ossa, ma muscoli da allenare. Che la complessità è un terreno morbido: ci si affonda un po’, ma è lì che le radici prendono nutrimento. Nel lavoro, nell’amore, nella città, la capacità di rinegoziare rotte è ciò che salva i ponti quando il fiume sale.’
grazie