04/10/2025
In psicologia, uno dei principali indicatori del funzionamento cognitivo è l'esame di realtà: la capacità di percepire una situazione in maniera più fedele possibile a come essa si presenta nella realtà.
Semplice: se indico un muro blu e tu mi dici che è rosso, il tuo esame di realtà vacilla. Se mi dici che non è un muro ma un alpaca, e che io sono Bad Bunny, è andato in frantumi.
Bisogna ammettere che, nell'era della post-verità, l'esame di realtà collettivo ha subito scosse sismiche tali da farne vacillare le fondamenta.
Tecnofeudatari che ci dicono che è innovazione, ma ci rubano memoria e attenzione. Monopolisti che ci dicono che è business, ma accumulano ricchezze oscene allargando un abisso tra loro e noi. Politici che ci dicono che è legge, ma che non hanno problemi a piegarla quando sono i loro interessi ad essere in gioco.
Opinioni per fatti. Menzogne per verità. Forma al posto della sostanza. I valori? Slogan vuoti in bocca a pifferai magici che hanno studiato bene Cicerone: per dominare le masse, prometti ciò che desiderano, agita ciò di cui hanno paura e lusinga l'immagine che hanno di sé.
Ecco spiegata, in breve, la fenomenologia di certe derive politiche: false risposte a problemi complessi, ricette semplicistiche per sfide epocali. Non mi addentro oltre: il rischio di semplificare ciò che è complesso sarebbe, esso stesso, un tradimento della realtà.
C’è però un punto cruciale. L’esame di realtà non è granitico: si erode, si incrina, si distorce. E una delle condizioni che più lo compromettono è vivere in survival mode, sotto lo stress cronico generato dalla paura. Quando il cervello percepisce un pericolo costante, sposta le risorse cognitive dalla corteccia prefrontale, sede del pensiero critico, ai circuiti primitivi della sopravvivenza. In parole povere: se vivi nella paura, non pensi più, reagisci. Non cerchi la verità, cerchi una via di fuga.
Ecco il meccanismo con cui il muro blu diventa rosso: perché una spiegazione, anche se falsa, placa l'ansia.
Quando sei sotto attacco, il tuo istinto non vuole la verità. Vuole sopravvivere. E per la mente non c'è nulla di più salvifico che avere una risposta pronta, una certezza a cui aggrapparsi per non sentirsi impotente. È così che si deforma la realtà: per non esserne sottomessi.
Un baratto: la tua realtà in cambio della tua pace.
Su larga scala, questo meccanismo spiega le storture sociali e politiche attuali: se convinci un popolo di essere in pericolo, ne logori l'esame di realtà. A quel punto, potrai fargli credere che un muro sia un alpaca, che un sicofante sia un martire, e che un genocidio sia "semplicemente una guerra".
Ecco perché, mai come oggi, abbiamo un disperato bisogno di dissenso. Di cittadini indignati e arrabbiati che, nel rispetto della legalità, si battano per la verità. Lo sdegno civile è un atto di salute mentale.
Chi scende in piazza, chi porta nel cuore la causa palestinese e qualsiasi altra lotta contro il sopruso e la violenza verso i più deboli, dimostra che, come specie, possiamo ancora permetterci di sperare in un futuro migliore.
Finché ci sarà qualcuno capace di riflettere oltre la demagogia, rifiutando la retorica che si nutre delle paure dell'inconscio collettivo, potremo continuare a credere in un mondo migliore.
Un mondo in cui la luce dell'amore prevalga, sempre e comunque, sul cieco furore che distrugge anime e reami: l'odio.