23/11/2024
Cosa hanno in comune una bambina con diagnosi di autismo livello 1, un bambino con disturbo della comunicazione sociale e un bambino con disturbo morfosintattico?
In comune hanno la possibilità di fiorire e genitori, coinvolti nella riabilitazione, che si mettono in gioco.
Per alcuni mesi ho condotto un piccolo gruppo di riabilitazione, lavorando sulle difficoltà comuni a questi bimbi: l'attenzione, la comprensione e la produzione verbale, gli apprendimenti scolastici.
Oltre a questi obiettivi più cognitivi, il setting di gruppo ha offerto la possibilità di lavorare sul modo di stare al mondo: il rispetto e la relazione tra pari.
Abbiamo affrontato temi come la gentilezza, l’attesa dei turni e il rispetto dei tempi individuali, l’offerta di aiuto senza prevaricare, la capacità di tollerare le frustrazioni e di trasformare la vergogna del fallimento in occasione di riflessione.
A turno, i genitori hanno assistito alle sedute di terapia.
Hanno osservato gli sforzi dei bambini e compreso il percorso riabilitativo che stavamo portando avanti e, poi, li hanno supportati a casa seguendo le indicazioni specifiche ricevute.
In ogni sessione di lavoro io e i bambini ci siamo chiamati "amici".
Così, quando è arrivato il compleanno di uno di loro, gli altri due hanno chiesto di essere invitati alla festa.
E così è stato: i genitori si sono scambiati i numeri e, nella seduta successiva, gli amici hanno condiviso con me la loro gioia: "È stato bellissimo, ci siamo divertiti tantissimo".
Questa esperienza riabilitativa è stata magnifica e si è conclusa in modo commovente.
L’ultimo giorno ho modificato il setting, chiedendo di rimanere sola con i bambini nella prima parte, per poter fare una chiusura "tra noi".
Nella seconda parte, invece, ho voluto che fossero presenti tutti i genitori, disposti in cerchio attorno al gruppo dei bambini.
Ad ogni adulto ho chiesto di rivolgere parole gentili al proprio figlio o alla propria figlia.
Così, i bambini hanno respirato tutto l’amore e la stima dei genitori attraverso frasi di riconoscenza del loro impegno, come:
- "Sono fiera di te, hai imparato a non avere più paura delle difficoltà"
- "Sei stata veramente brava, ho visto che ti sei impegnata e adesso sai che è importante concentrarsi"
- "Mi piace molto che hai imparato a dire parole gentili, sono orgoglioso di te"
Sono profondamente grata a questo lavoro, che mi fa stare a contatto con le cose più semplici e vere della vita.
Rispettarsi.
Aiutarsi.
Volersi bene.
E sono grata a questi tre piccoli amici per avermi confermato che le differenze possono coesistere, bene.
Ai loro genitori dico grazie per aver creduto in questo progetto e per averlo supportato concretamente.
Anche gli adulti per collaborare hanno bisogno di stare con noi Logopedisti, di vedere i nostri sforzi e di essere valorizzati, perché sono forti e fragili, proprio come i loro bambini.
Se offriamo loro la possibilità di vederci lavorare con le mutevoli difficoltà dei figli e di respirare il clima di magia che molti Logopedisti sanno generare... beh, si alimenta un circuito incoraggiante, che scalda e di cui c'è molto bisogno.
"Credo negli esseri umani".