01/10/2021
Prosecco e Prosek , la guerra (infinita) dei nomi.
Ehi, posso offrirti un buon calice di Prosek❓
Mi dispiace deluderti ma non troverai il classico giallo paglierino, nessuna bollicina e nessun profumo di crosta di pane, piuttosto un vino dolce da fine pasto simile ad un passito.🥸
Quanta differenza può fare una semplice “o”, può togliere sonni tranquilli a chi di Prosecco ci vive. Consumatori assidui ma sopratutto produttori e rivenditori.
Quindi ci troviamo in una situazione in cui parecchie persone, quelle necessarie per sostenere un mercato da ben 700 milioni di bottiglie annue, sono visibilmente agitate.
Perché tutto questo trambusto❓
➡️Qualche giorno fa la Commissione europea ha dato l’ok (non definitivo) alla richiesta di denominazione per il Prosek croato, scelta giustificata -in sintesi- per la netta differenza di prodotto. Uno è il re degli spumanti metodo Martinorri, (rifermentati in autoclave) , l’altro è un vino dolce prodotto nelle zone della Dalmazia.
Ma se sono prodotti diversi perché agitarsi❓
➡️Perché ormai il vero potere del Prosecco è il brand che gli è stato creato attorno.
È il prodotto italiano più esportato e, sopratutto all’estero, identificato come marchio di qualità.
Non spaventa l’attuale mole di produzione del Prosek, bensì il danno di immagine che ne deriverebbe sommato alla confusione che potrebbe creare. A maggior ragione nel mercato estero.
Immagina di essere un abitante della periferia di Hong Kong, in un market intento a scegliere il vino per l’aperitivo orientale di questa sera. Prosek e Prosecco, le cose si complicano, tra l’altro in una scrittura che non appartiene alla tua cultura. Ti assicuro che in fase di acquisto per il tuo io cinese le differenze non ci sono.
Effettivamente il danno economico per i produttori veneti e friulani potrebbe essere rilevante nel tempo. Soprattutto quest’ultimi si dicono indignati dalla preliminare scelta della Commissione europea, e la cosa sa da dente avvelenato. Era il lontano 2006 , quando proprio il popolo friulano si vide estirpare lo storico nome “Tocai” che prima di allora identificava il vitigno a bacca bianca più utilizzato nella regione, oggi denominato “Friulano”. Operazione a vantaggio del “Tokaji”, vitigno ungherese utilizzato per la produzione di vino passito.
La partita sembra molto simile a quell’Italia- Ungheria del 2006, quindi tutto fa pensare ad un lieto fine.
Attenzione però ai colpi di scena,
ti terrò aggiornato.