29/03/2024
L'aspirina è un farmaco affascinante dalle numerose virtù: combatte il dolore, riduce la febbre, agisce sull'infiammazione, interferisce con la coagulazione del sangue.
Ma come si è arrivati a questa piccola grande compressa, ormai presente nelle case di tutti?
Nel famoso testo egizio noto come "Papiro Ebers", risalente a 3500 anni fa, compare la raccomandazione scritta di trattare una ferita infiammata con un preparato di foglie di salice bianco.
Ippocrate promosse l'utilizzo di corteccia di salice per alleviare i dolori del parto, e il medico romano Aulo Cornelio Celso descrisse il trattamento delle infiammazioni, caratterizzate da arrossamento della pelle, bruciore, gonfiore e dolore, con foglie di salice.
Gli antichi cinesi, come pure gli indiani del Nordamerica, conoscevano le speciali proprietà di piante come l'olmaria.
La vera epoca scientifica dei salicilati iniziò in Inghilterra nel 1763, allorché il reverendo Edward Stone presentò alla Royal Society una relazione sull'uso della corteccia di salice come trattamento della febbre.
Credendo nella curiosa dottrina medievale delle segnature, secondo la quale si potevano trovare rimedi attraverso segni e associazioni, dal momento che le febbri erano spesso associate a paludi, presumibilmente a causa di agenti infettivi trasportati da zanzare, Stone decise di perlustrare zone paludose alla ricerca di possibili rimedi.
Assaggiò un ramoscello di salice e fu sorpreso dal suo sapore amarissimo.
Sapendo che il chinino, sostanza altrettanto amara, era utile nella terapia della febbre malarica, fece un tentativo con la corteccia di salice.
La essiccò, la ridusse in polvere e la sperimentò su cinquanta pazienti con sintomi reumatici.
Il tentativo fu coronato da successo.
A questo punto, si trattava di scoprire quale fosse l'ingrediente attivo.
Nel 1828 gli scienziati isolarono la salicina, così chiamata dalla "Salix alba vulgaris", il nome botanico del salice bianco, e ne dimostrarono l'efficacia terapeutica: era questa la sostanza che le foglie e la corteccia del salice contengono.
Successivamente poterono convertirla in acido salicilico, che era un farmaco ancora più efficace.
Nel 1853, il chimico alsaziano Charles Frederick von Gerhardt, nel suo laboratorio all'Università di Montpellier in Francia, cercò di migliorare gli effetti dell'acido salicilico, che era un antidolorifico di uso comune.
A quel tempo esso veniva estratto dalle foglie dell'olmaria o regina dei prati ("Filipendula ulmaria") e veniva utilizzata per il trattamento di febbre e dolori, particolarmente artritici.
Tuttavia doveva essere assunto in grandi quantità, aveva un sapore amaro e provocava spesso irritazione allo stomaco.
Gerhardt identificò la struttura molecolare dell'acido salicilico e pensò di poterla modificare per creare un prodotto migliore: l'acido acetilsalicilico, com'è nota genericamente l'aspirina.
Abbandonò, però, il progetto quando si accorse di non essere in grado di produrre in modo attendibile la versione acetilata.
Quarant'anni dopo, un giovane chimico tedesco, Felix Hoffmann, che lavorava presso la compagnia farmaceutica Farbenfabriken Bayer, aveva già usato tutti i medicinali allora conosciuti nel tentativo di alleviare i dolori provocati dall'artrite reumatoide di suo padre.
Quest'ultimo assumeva da molto tempo acido salicilico per combattere l'artrite, ma non riusciva più a prenderlo senza vomitare.
Il chimico cercò nella letteratura forme alternative di salicilati e si imbatté nei lavori di Gerhardt, venendo a conoscenza dell'esistenza dell'acido acetilsalicilico.
Spinto dalla disperazione ne preparò una dose (a quest'epoca le tecniche chimiche si erano affinate al punto che Hoffmann riuscì a produrre acido acetilsalicilico in forma pura) e la provò su suo padre.
Con suo grande stupore, il prodotto attenuò i sintomi deformanti della malattia e mitigò quasi completamente il dolore.
Così Hoffmann inaugurava l'epoca dell'aspirina.
Il nome del prodotto fu coniato anteponendo la "a" di acetil all'espressione "acido spirico", com'era noto in origine l'acido salicilico.