21/01/2025
Ogni 21 gennaio ricorre la Giornata degli Abbracci: un’idea nata nel 1986 per opera del reverendo Kevin Zaborney negli Stati Uniti, con l’obiettivo di riscaldare animi e relazioni in un periodo spesso malinconico a causa del freddo invernale e del celebre Blue Monday. L’abbraccio, infatti, è un gesto che unisce corpo, mente e relazioni sociali.
Zaborney era convinto che un semplice contatto potesse abbattere barriere emotive e culturali. Studi successivi gli hanno dato ragione: secondo ricerche dell’University College London (2024), un abbraccio di almeno 20 secondi innesca una diminuzione dei livelli di ansia, grazie al rilascio di ossitocina e alla riduzione del cortisolo. A questo si aggiungono effetti protettivi sul cuore, come segnalato dalla University of North Carolina, che indica una riduzione del 30% del rischio cardiovascolare per chi abbraccia con regolarità.
La “chimica dell’abbraccio” si basa su endorfine e serotonina, che migliorano l’umore e riducono lo stress. Anche la Carnegie Mellon University ha mostrato che una frequenza elevata di abbracci rafforza il sistema immunitario, prevenendo alcune infezioni. Nel complesso, si crea un circolo virtuoso in cui il contatto fisico favorisce la distensione psicologica e fisiologica.
Nei bambini, l’abbraccio soddisfa un bisogno primario. La marsupio-terapia – contatto pelle a pelle con il genitore – stabilizza la temperatura, riduce lo stress neonatale e favorisce lo sviluppo neurologico. Secondo la Società Italiana di Pediatria, risulta particolarmente utile per i prematuri, riducendo rischio di complicanze e rafforzando il legame affettivo.
Non sempre, però, si vive l’abbraccio con serenità: alcune persone soffrono di aptofobia, temendo il contatto fisico per ragioni traumatiche o culturali. In tali casi, un percorso psicologico mirato può aiutare a superare queste resistenze, dimostrando che un abbraccio è un gesto universale di vicinanza e benessere, capace di parlare anche dove le parole non arrivano.