02/06/2024
Questa lettera è stata scritta da Marta Gervasi, la mamma di un bambino allergico che ieri l'ha letta davanti ai tanti genitori intervenuti al nostro convegno. Tutti ci siamo rivisti nelle sue parole. LEGGETELA PER CAPIRE
Buongiorno a tutti, io mi chiamo Marta Gervasi e sono la mamma di Leonardo di 6 anni, un bimbo con dermatite atopica, poli allergico alimentare e respiratorio e asmatico. Sono qui per rappresentare le Famiglie con figli come il mio e “raccontarvi” cosa viviamo nel quotidiano, e quindi, quali sono le nostre esigenze e necessità per un miglioramento della qualità di vita dei nostri figli e conseguentemente nostra.
Le prime avversità le abbiamo riscontrate dopo un mese dalla nascita, abitavamo ancora in Piemonte, con il presentarsi di una importante dermatite atopica che neppure il Pediatra sapeva contrastare. Abbiamo provato moltissimi prodotti farmaceutici, spendendo una fortuna, senza miglioramento. Dopo due mesi abbiamo deciso di recarci al Pronto Soccorso del Regina Margherita di Torino e da lì la diagnosi di dermatite atopica e allergia uova, latte e grano e molto altro. Ho dovuto immediatamente interrompere l’allattamento al seno e Leonardo ha iniziato ad assumere un latte per allergici alle proteine del latte, spesa totalmente a carico nostro. La sintomatologia di mio figlio era un fortissimo prurito (ha vissuto i primi anni di vita sempre con i guanti) con lesioni sanguinanti un tutto il corpo che lo hanno portato ad avere un sonno molto disturbato per diverso tempo e a stare sempre e sempre in braccio, giorno e notte perché aveva una grande necessità di grattarsi che dovevamo placare per evitare che si ferisse.
Dopo il cambio della dieta la dermatite è piano piano migliorata. Successivamente, dopo lo svezzamento, sono iniziate le problematiche legate alla ricerca dei prodotti che poteva mangiare, ribadisco sempre tutto a carico delle famiglie, e allo svago familiare che hanno inciso molto e incidono tuttora molto sulla qualità della nostra vita: niente ristoranti (se non pochissimi e fidatissimi), niente colazioni fuori, vacanze solo in appartamento (quindi semplicemente si cambiava casa!), niente pranzi di Natale in famiglia né feste varie, niente uova di Pasqua e caramelle, niente compleanni con gli amici, niente gelati né ovetti Kinder al supermercato, niente grissino in regalo dal panettiere, sempre a dare spiegazioni al mondo intero e sempre tutto a parte, noi siamo la famiglia dell’”a parte”. Nella nostra condizione è molto difficile avere credibilità a causa della profonda ignoranza/confusione che ha l’opinione pubblica in materia: differenza allergia-intolleranza (il lattosio ci ha rovinati!), sembriamo dei viziati che vogliono fare gli alternativi a tutti i costi (perché se uno fa una dieta è per forza per moda, non per necessità, non perche il bambino può morire!); nei casi più critici non sarebbe meglio sostituire la parola “allergia” con con la parola “anafilassi”?
A 4 anni di vita di Leonardo, abbiamo fatto il primo challenge per il grano che è andato bene e il bambino ha iniziato ad assumere più alimenti. Dopo un anno abbiamo provato con il challenge per il latte, ma è andato in shock anafilattico e adesso siamo in fase di desensibilizzazione al latte con un cambio di obiettivi, fare in modo di abituare il bambino anche solo alla contaminazione, che negli anni abbiamo constatato inevitabile. L’impegno con questo nuovo “progetto” è enorme, per il bambino e per tutta la famiglia, di nuovo rinunce su rinunce, ma è l’unico modo che si ha per dare una svolta alla nostra condizione, a darci una nuova possibilità. Il facile, agevole e veloce accesso alle cure è un aspetto imprescindibile, l’unica strada per un miglioramento della qualità di vita per tutti noi.
Un altro enorme ostacolo è stato l’accesso a scuola. Leonardo non ha potuto frequentare l’asilo nido perché era troppo rischioso, anche perché nel frattempo sono subentrati i problemi respiratori con frequenti bronchiti asmatiformi e broncospasmo, e il servizio non poteva dare le giuste e necessarie attenzioni al bambino. Cerchiamo allora una baby sitter che ci possa aiutare in modo da riuscire ad avere la possibilità di andare al lavoro: impossibile trovare una persona che si prenda la responsabilità di una situazione del genere con un bambino così piccolo. Allora sono stata a casa io, in aspettativa non retribuita per due anni. L’accesso alla scuola d’infanzia e primaria in seguito non la auguro a nessuno: mail non risposte e appuntamenti mancati, richieste di diete speciali e corsi di formazione sulla somministrazione dei farmaci da richiedere, rincorrere e supplicare, tutti gli anni. Abbiamo avuto comunicazione che Leonardo non poteva iniziare la scuola con tutti gli altri il giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico, come se nulla fosse, come se non ci si dovesse organizzare con il lavoro e con il bambino. Tutto sempre a causa di quella leggerezza con cui si affronta questo problema. La percezione che si ha è di estrema solutidine e incomprensione. Inoltre segnalo che le insegnanti non sono tenute obbligatoriamente ad accettare questo tipo di processo, tanto che mio figlio è stato destinato ad una classe diversa da quella inizialmente scelta. Mi chiedo se non ci fosse stata nessuna insegnante disponibile a prendersi questa responsabilità come si sarebbe evoluta la cosa. Leonardo quindi ha iniziato un mese dopo la scuola rispetto ai suoi compagni, non ha avuto il primo giorno di scuola come tutti, con la festa e la giusta accoglienza, perché la scuola si è attivata troppo tardi nonostante le mie mail quotidiane, la totale disponibilità di insegnati e medici, ci tengo a precisarlo, ma il problema è stato al vertice delle Istituzioni. Chissà se il prossimo settembre devo di nuovo prendere il congedo parentale per due settimane, sempre non retribuito, (come ho fatto negli ultimi 4 anni) in modo da fare “il giro del mondo” perché le Istituzioni si attivino e mio figlio possa usufruire di un diritto sacrosanto come quello di andare a scuola. Problema a parte sono i servizi extra scolastici, che non sono statali come la scuola, ma comunali o privati, perciò altre persone e altre modalità di affrontare la cosa e che tra loro, non si sa perché, non comunicano, e, anche in questo caso, tutto il peso è sulle spalle delle famiglie, la responsabilità di mettere d’accordo tutti i soggetti coinvolti nella gestione del bambino. Non ci sarà proprio un modo per rendere la cosa più agevole? Impossibile comunque accedere ai servizi extra scolastici poiché gli educatori sono a chiamata, non sono gli stessi tutto l’anno, e bisognerebbe fare un corso di formazione sulla somministrazione di farmaci per ogni nuova persona che ha la responsabilità del nostro bambino. Quindi niente. Ci resta dunque l’opzione baby sitter in modo da permetterci di recarci al lavoro come tutti, sempre se si ha la fortuna di trovarne una disposata a prendersi la responsabilità della situazione.
Tutte queste problematiche sono da sommarsi all’aspetto più difficile e doloroso da affrontare: la incessante paura di perdere tuo figlio. Anche se si controlla ogni etichetta, ogni primo morso, ogni alimento assunto, con maniacale e ossessiva attenzione e scrupolo, la paura di sbagliare è una costante con cui convivere. Anche la paura di affidare il proprio bambino con queste problematiche a chiunque non faccia parte del nucleo familiare è una scelta difficile, ma obbligata, per cercare di far vivere ai nostri figli una vita il più “normale” possibile, in una vita in cui invece è tutto complicato e macchinoso, in cui devi spiegare e giustificare tutto a tutti, anche al tuo bambino che cresce e deve responsabilizzarsi molto prima dei suoi coetanei, e che, ha un peso addosso che a volte lo schiaccia e noi genitori dobbiamo sempre e sempre “essere sul pezzo”.
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