
22/09/2025
LE RADICI DEL CRITICISMO
Anna si ritrovava spesso a criticare il suo compagno. A volte per cose banali, altre volte con parole dure. Un giorno, dopo l’ennesima discussione, si chiese: “Ma perché continuo a farlo? Da dove viene questo criticismo?”.
Così ebbe inizio il suo viaggio interiore. Non solo per capire sé stessa, ma anche per cogliere cosa si muove, invisibile, tra due persone quando si innesca un giudizio.
Scoprì per prima cosa che la critica spesso nasce da un dolore non riconosciuto o, peggio ancora, da un'antica ferita o da un fallimento. Quando qualcuno ci ferisce, in noi sorge un bisogno di “pareggiare i conti”. È un impulso istintivo. Ma non sempre lo riconosciamo come tale. Così, invece di dire: “Mi hai fatto male e ho bisogno che tu lo riconosca”, esce un: “Sei sempre il solito egoista”.
La relazione allora comincia a risuonare come un’eco continuo di ferite non viste e di parole sarcastiche. Se nessuno si ferma, l'escalation dello scambio nel male prende il sopravvento.
Ma Anna vide anche un altro meccanismo: a volte criticava quando aveva dato tanto senza ricevere nulla in cambio. Aveva cucinato, ascoltato, pazientato e lui sembrava non accorgersene. “Allora la rabbia è una protesta per il mancato riconoscimento del mio dare?” si chiese.
Un giorno, dopo una serata in cui il compagno l’aveva sostenuta profondamente in un momento difficile, Anna si sentì stranamente inquieta. Nei giorni seguenti iniziò a trovare in lui ogni difetto, ogni pretesto per rimarcare qualcosa che non andava.
Allora Anna scopri un'altra verità: stava criticando proprio perché aveva ricevuto tanto… e non era riuscita a restituire. “È possibile che io stia svalutando ciò che ho ricevuto per non sentirmi in debito con lui?”, si chiese.
Sì, quando riceviamo e non restituiamo nasce una tensione interna: il peso del “non ricambiare”. E se non vogliamo o non possiamo ringraziare, restituire, onorare... allora la mente trova un’altra via: la critica. Svalutare l’altro riduce il suo valore e il valore di ciò che ci ha dato, così non ci sentiamo in obbligo, e il legame pian piano si spezza.
Nel sistema delle relazioni il dare e il ricevere cercano sempre un equilibrio. Quando si rompe, quando uno prende troppo o l’altro dà oltre misura, la relazione si squilibra. E la critica emerge come un grido di allarme.
Nel suo cammino, però, Anna cominciò a intravedere qualcosa di ancora più sottile. A volte non c’era né un torto né un debito. Eppure c'era tensione.
Fu allora che scoprì l’ordine: quella struttura invisibile che regge e guida le relazioni. Come in una famiglia dove i figli vengono dopo i genitori, o in una coppia dove ognuno ha il proprio posto e ruolo. Quando quest'ordine viene infranto, ad esempio, un figlio che si sente superiore alla madre, o un partner che si comporta come un genitore o come un figlio, anche senza torti apparenti, la relazione va in crisi. E la critica è lì presente come un sintomo che qualcuno non è al proprio posto.
Un giorno, tuttavia, accadde qualcos'altro ancora che la colpì profondamente. Fu lei a commettere un errore. Un gesto, una parola, che ferì il compagno. Eppure, invece di chiedere scusa, si ritrovò a criticarlo ancora di più. “Ma com’è possibile?”.
Anna si rese conto di una dinamica potente: chi fa del male spesso critica per non sentire la propria colpa. Sposta l’attenzione sull’altro, lo fa apparire sbagliato. È un modo per difendersi dal senso di colpa, o, più in profondità, per espiare attraverso il conflitto.
È come se, provocando l’altro, si cercasse inconsciamente una punizione. “Puniscimi, così pagherò per ciò che ti ho fatto.”
Ma quella non è una vera riparazione. È solo una colpa che chiede una punizione. Così Anna capì che ciò che guarisce davvero non è l’espiazione, ma l’agire riconciliante. Guardare l’altro negli occhi, e dire: “Sì, ti ho ferito. Voglio fare qualcosa per pareggiare. Come posso aiutarti?”. Un gesto semplice, misurato, che ristabilisce dignità a entrambi.
Col tempo, Anna imparò a riconoscere i tre grandi movimenti della coscienza nelle relazioni:
1. Il legame: la necessità di appartenere, di restare in connessione, di sentirsi al sicuro.
2. Lo scambio: l'equilibrio del dare e del ricevere.
3. L’ordine: che mantiene ognuno al proprio posto e nel proprio ruolo.
Anna si rese conto che ogni critica è un messaggio da riconoscere, non da agire. Un messaggio che può rivelare se c’è stato un danno, uno squilibrio, un disordine o una rottura del legame. E, invece di rispondere con eccessiva durezza, si può fare qualcosa di diverso: agire in modo proporzionato, con un gesto che ristabilisce armonia.
Dopo un lungo cammino, Anna imparò a sentire e riconoscere ogni volta cosa c’era sotto. A volte era dolore, altre volte era fatica. A volte era un suo bisogno ignorato, altre volte era solo una colpa che cercava redenzione.
Ogni volta che si sentiva spinta a giudicare, si fermava e si chiedeva:
“Sto reagendo ad una ferita o a un fallimento del passato?”.
“Sto accusando perché ho dato troppo? O troppo poco?”.
“Sto portando una colpa che non voglio sentire?".
“Qualcuno è fuori posto?”.
Ora sapeva che ogni volta che avrebbe voluto criticare c'era un messaggio per se stessa, dove spesso vi era celato un'importante bisogno di amore e di pace. E solo quando quel bisogno era stato riconosciuto, riusciva a trovare il modo giusto per realizzarlo.
Marco Moretti