Studio di psicoanalisi e psicoterapia, dott. Marco Canova

Studio di psicoanalisi e psicoterapia, dott. Marco Canova Psicoanalista e psicoterapeuta, il Dott. Marco Canova riceve su appuntamento a Bologna. Il Dott.

Marco Canova, Psicologo e Psicoterapeuta, può fornire, in situazioni di disagio e sofferenza psicologici, l’esperienza e il supporto necessari per ritrovare il benessere soggettivo e riprendere in mano la propria esistenza, attraverso un approccio psicoanalitico: Il trattamento terapeutico prevede uno spazio d'ascolto che assegna valore centrale alla parola della persona. Questo per permettere l’elaborazione delle cause della sofferenza e la scoperta di altri modi per esprimere la singolarità di ognuno che non siano quelli patologici di cui si è già potuto sperimentare il fallimento.

CHI NON AMA SCOMPAREIl giudizio dell’ateo Freud non lascia speranze: l’uomo religioso si affida a Dio come un bambino im...
31/07/2025

CHI NON AMA SCOMPARE

Il giudizio dell’ateo Freud non lascia speranze: l’uomo religioso si affida a Dio come un bambino impaurito affida la sua vita inerme alla potenza protettiva di un padre idealizzato. Ma questo affidamento non può salvare l’uomo dal suo destino mortale.
È la paura nei confronti della morte ad aver sospinto gli esseri umani, sin dalla notte dei tempi, a pregare gli dei.

La stessa idea filosofica dell’immortalità dell’anima non sarebbe altro, sempre secondo Freud, che un’idea difensiva nei confronti della natura inevitabilmente finita della nostra esistenza. Nel rapporto di Gesù nei confronti della morte, il giudizio di Freud è però costretto a stemperarsi.
Egli, infatti, non scongiura affatto la morte, ma la incontra nella sua forma più traumatica. Nessuna rimozione, dunque, nessun misconoscimento. Gesù sa bene che non può accettare il sillogismo filosofico di Epicuro che vorrebbe separare la morte dalla vita seguendo la celebre argomentazione per la quale la morte non sarebbe un problema perché fintanto che c’è la vita non c’è la morte e quando c’è la morte non c’è la vita.

Nella notte del Getsemani Gesù incontra l’impostura di Epicuro: nessuna scappatoia di fronte alla morte.
Non a caso la sua postura non assomiglia per nulla a quella imperturbabile di Socrate di fronte alla sua decisione di darsi la morte. Il suo corpo trema, suda sangue, cade a terra. La prima preghiera che rivolge a Dio è una supplica: non vuole morire, vuole continuare a vivere, chiede al padre di essere risparmiato, di allontanare il calice amaro della morte dalla sua bocca. Respinge la morte perché ha amato e ama profondamente la vita. Nessuna scorciatoia, dunque, nessuna rimozione del trauma della morte.

Nemmeno la sua resurrezione può attenuare questo trauma. Essa non è, diversamente da quello che pensava Freud, la negazione infantile della morte, ma, casomai, l’esito di un suo attraversamento.

Non a caso tutta l’iconografia cristiana rappresenta il corpo del risorto con le ferite indelebili della sua passione. Nel racconto evangelico, il sepolcro di Gesù appare vuoto. Gli angeli che lo presiedono chiedono alle donne impaurite che si sono recate alla sua tomba: «Perché cercate il vivente tra i morti?

Non è qui, ma è risorto». (Lc, 24,5-6). È questo vuoto il grande mistero della Pasqua cristiana vista con gli occhi di un laico. Lui non è più qui: un lutto necessario si impone poiché in ogni lutto “lui” o “lei” non sono più tra noi. Un’assenza travolge la nostra presenza nel mondo; un’assenza che è dolore ma che forse proprio per questo è anche una forma radicale dell’amore, come scrive Roland Barthes nel suo straordinario taccuino scritto dopo la morte di sua madre e intitolato Dove lei non è. Ma il vuoto del sepolcro non impone solo il lutto. Esso apre anche la possibilità di qualcosa di inaudito.

Gesù non si può trovare tra i morti. Egli, sebbene morto, è ancora vivo. Cosa può significare? Per un verso Gesù non è più qui, non è più a disposizione di coloro che lo hanno amato, è andato via. Anche le apparizioni post-pasquali sono fugaci, destinate a dissolversi nell’assenza. Questo significa che il risorto non è un rinato. La resurrezione non può cancellare l’esperienza della perdita. Per questa ragione nelle sue apparizioni Gesù inizialmente non viene riconosciuto, ma appare come un estraneo.

Perché però lo cercate nella sua tomba? La resurrezione non rafforza affatto una immagine sovrumana di Dio. Per un altro verso la risurrezione di Gesù è una radicale disattivazione della terribile potenza della morte. Essa non può, infatti, essere l’ultima parola sulla vita. Nella sua predicazione egli ha mostrato che la paura della morte coincide con la paura della vita proponendo se stesso come la testimonianza di una vita viva, di una vita sovrabbondante di vita: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv,11, 25). Egli si è chiesto che cosa sia una vita viva, una vita generativa, una vita capace di vita.
La mera conservazione della propria vita limita la sua trascendenza, la sua, come direbbe Paolo a proposito della Grazia, “sovrabbondanza”. Essere in vita non significa di per sé essere davvero vivi.

Gesù pone il problema della differenza tra una vita morta e una vita viva. Egli è incarnazione del vivente, l’“acqua viva” che disseta in eterno, la vita come potenza generativa. Dunque, non si può cercare Gesù tra i morti. Perché i morti sono coloro che hanno rinunciato alla vita, sono i sacerdoti, i custodi della lettera, le persone avide, incapaci di amare, i morti sono coloro che hanno paura della vita. Non bisogna cercare Gesù tra i morti perché il suo nome è un nome della vita che non si lascia vincere dalla morte.

In questo senso Gesù è la resurrezione che continua ad accadere al di là della sua morte. Il vuoto del sepolcro è il luogo di un’assenza che, diversamente da quello che vorrebbe Tommaso, non può però essere ricuperata. La resurrezione non è la rianimazione di un corpo morto che ritorna in vita, ma è la vita che non può mai essere tutta distrutta dalla morte. Gesù lo dice chiaramente: «Chi crede in me, anche se morto, vivrà» (Gv, 11,25). Noli me tangere, non mi toccare, non trattenermi, dice il Signore risorto a Maria Maddalena. La morte è una distanza che si apre nella vita, ma non è sparizione, distruzione, putrefazione. La resurrezione non è una immagine dell’immortalità. Gesù non è un immortale come sono immortali gli dei pagani. Gesù è un uomo che ha conosciuto la morte: deve partire, deve andarsene da questo mondo. Non può più essere toccato. Ogni uomo non può, infatti, più tornare indietro dalla morte, non può più recuperare la sua vita. Ma questo andare via, questo tornare dal padre, è anche un modo per restare: «Vado e ritornerò da voi» (Gv, 14, 28), dice ai suoi.

La fede in Gesù non necessità il feticismo del toccare, ma preserva la distanza, il mistero dell’intangibile. Se per credere bisogna toccare, come esige l’incredulo Tommaso, la fede implica invece l’incontro con l’ignoto che resta tale. Mentre il discorso religioso si costituisce sulla credenza, quello di Gesù – profondamente anti-religioso e anti-idolatrico – si istituisce sul salto nel vuoto della fede. È la profonda differenza tra Maddalena e Tommaso: una ha fede in ciò che non può toccare, mentre l’altro esige di toccare per poter credere. Gesù mostra che la sua morte non coincide con la fine della sua parola.

Tutto il contrario: il vuoto del sepolcro assomiglia ad una luce di una stella morta che insiste a rilasciare luce anche dopo la sua fine.

31/07/2025
DESIDERIO SESSUALEIl nostro rapporto col sesso non è mai normale, naturale, già stabilito, definito una volta per tutte,...
28/06/2024

DESIDERIO SESSUALE

Il nostro rapporto col sesso non è mai normale, naturale, già stabilito, definito una volta per tutte, ma appare sempre un po' obliquo, strambo, anormale, singolarmente storto.

E non mi riferisco qui all’attuale dibattito politico e antropologico che tende ad emancipare i destini della sessualità dal vincolo imposto dal binarismo tradizionale maschile/femminile di matrice patriarcale verso nuove forme di sperimentazione della sessualità.

Mi riferisco piuttosto all’esperienza del desiderio sessuale in quanto tale e al fatto che questa esperienza implica sempre – negli omosessuali come negli eterosessuali, nelle lesbiche come nei cosiddetti transgender -, oltre all’estasi e alla gioia, all’eccitazione e all’erotismo, al piacere e al godimento, una quota irriducibile di turbamento e di inquietudine.

È nel momento in cui il soggetto prova il proprio desiderio sessuale che si declinano eventuali sintomi ed il soggetto cambia il proprio comportamento. Cioè la pulsione sorge dentro di noi, arriva senza il nostro controllo, ed il soggetto si chiede “E adesso? Che ne sarà di me? Cosa faccio?”

È una messa alla prova che inquieta e turba.

25/05/2024

Date parole al vostro dolore altrimenti il vostro cuore si spezza.

[William Shakespeare]

16/05/2024

Un breve spezzone del mio intervento a La Volta Buona su Rai1. Il resto su RaiPlay.

L'esperienza dell’analisi ci rivela che è la nostra parola – il racconto della nostra storia – che può trasformare in mo...
15/04/2024

L'esperienza dell’analisi ci rivela che è la nostra parola – il racconto della nostra storia – che può trasformare in modo inedito il nostro passato.

Sicché quello che è stato non è un cimitero dei ricordi, né un luogo dal quale ritornano gli spettri, ma un tempo che possiamo risignificare costantemente e che, dunque, può assumere forme e significati diversi a partire da come viene riletto nel presente.

LA RIPETIZIONE, L'AMORE, IL MATRIMONIOLa ripetizione è quanto di più necessario ci sia per un essere umano. E' uno dei q...
21/03/2024

LA RIPETIZIONE, L'AMORE, IL MATRIMONIO

La ripetizione è quanto di più necessario ci sia per un essere umano. E' uno dei quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, è quel punto di reale, nel desiderio, che non vuole saperne di soddisfarsi mai del tutto e di non cessare di ritornare, ma che proprio per questo è anche ciò che rassicura.

Come l'alternarsi del giorno e della notte: un alternarsi incessante, che si ripete da sempre, il reale che esiste senza ombra di dubbio e su cui non possiamo dir nulla, ma che è anche quanto di più certo e rassicurante ci sia. Vi immaginate l'angoscia se un giorno non dovesse sorgere il sole? Per questo forse non smettiamo di scrutare il cielo e di fare previsioni sul tempo che ci sarà domani. L'unica cosa certa del domani è infatti che si ripeterà ancora il sorgere del sole.

Il reale è ciò cui non manca nulla e che ritorna sempre allo stesso posto. Cosa c'è di più rassicurante di questa incessante ripetizione dell'uguale? Il sintomo, in fondo, serve anche a questo, a fissare con la sua ripetizione la certezza del ritorno dell'uguale, la certezza della ripetizione. Freud la scoprì come coazione a ripetere, come una pulsione al di là del principio di piacere.

Perché se il piacere destabilizza continuamente il soggetto mettendolo di fronte all'incertezza del suo accadere, al fatto cioè che il piacere, per quanto ricercato, non è detto che venga trovato là dove, come e quando ce lo aspettiamo, ciò che è posto al di là del suo principio, in quanto affidato alla certezza della ripetizione, la coazione a ripetere, assicura invece sempre lo stesso medesimo esito: l'accadere dell'uguale, e dunque la certezza di ciò che si ci aspetta, di ciò che non cessa mai di scriversi.

Gli amanti vorrebbero che l'amore, che accade come contingenza imprevista, come ciò che ha cessato di non scriversi, diventi ciò che da questo momento non cesserà più di scriversi. Da ciò che cessa di non scriversi a ciò che non cessa di scriversi. Ancora... per sempre... sono le parole dell'amore e dell'illusione che possa diventare ciò che si ripeterà uguale, ogni giorno, sempre allo stesso modo.

Una cosa però è che questa attesa di ripetizione si mantenga nel desiderio, altra cosa è che venga affidata alla legge, che venga sancita come regola che vincola, come tenta di fare la escogitazione, perversa da questo punto di vista, del matrimonio.

Affidare il desiderio di ripetizione che reclama l'amore all'obbligo della norma significa sottrarre l'amore al desiderio degli amanti per subordinarlo alla legge dell'Altro: gli amanti non domandano più l'uno all'altro, ma insieme domandano all'Altro da cui si aspettano il riconoscimento e la scrittura di quell'amore non più nel desiderio ma nel registro della legge, che è però anche la loro condanna al legame eterno.

Come nel caso di Paolo e Francesca per i quali, anche se non furono mai sposati, il gesto che li uccise fu metaforicamente analogo in quanto sancì la loro condanna, morendo insieme, a restare per sempre insieme, nell'inferno. Francesca non a caso dirà a Dante, nel presentargli Paolo: "questi che mai da me non fia diviso". Del resto non si dice spesso che il matrimonio è la fine del paradiso e l'inizio dell'inferno?

su Reppubblica di oggi la mia intervista sul mio lavoro di psicoanalista presso il GRIS - Gruppo di Ricerca e Informazio...
15/03/2024

su Reppubblica di oggi la mia intervista sul mio lavoro di psicoanalista presso il GRIS - Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa, come l’ascolto psicoanalitico sia efficace sulla diagnosi differenziale e sull’accoglienza della sofferenza delle persone vittime di sette e gruppi esoterici

Link: Culti pagani, ricerca della spiritualità e guru olistici. Ecco chi sono i santoni del Web che spillano soldi ai più fragili - la Repubblica https://bologna.repubblica.it/cronaca/2024/03/15/news/culti_pagani_divinita_e_sette_ecco_chi_sono_i_santoni_del_web-422313229/

FARE TUTTO PER L'ALTROIl nevrotico adora il sacrificio perché in esso vede la possibilità inconscia del suo riscatto. È ...
02/11/2023

FARE TUTTO PER L'ALTRO

Il nevrotico adora il sacrificio perché in esso vede la possibilità inconscia del suo riscatto.
È quello che Lacan ha chiarito attraverso il sintomo della "oblatività" ossessiva.

Ma perché sceglie di immolarsi all'Altro anziché perseguire con decisione la strada del proprio desiderio?
La risposta è chiara e viene confermata dall'esperienza clinica: l'obiettivo è quello di fare esistere l'Altro in modo tale che quell'esistenza sia un rifugio per sottrarsi alla responsabilità che comporta la libertà senza fondamento del soggetto. Non importa se questo Altro può diventare un antagonista, un ostacolo, un impedimento, un'istanza alla quale consegnarsi — come accade nei confronti del Super-io — perché ciò che più davvero conta è assicurarsi dell'esistenza dell'Altro in quanto è solo questa esistenza che può sgravare il soggetto dal peso angosciante della propria libertà.

L'esistenza dell'Altro confisca infatti il soggetto della singolarità del suo atto. Nel lavoro analitico si tratta di disarticolare il fantasma sacrificale per portare il soggetto di fronte alla responsabilità di assumere singolarmente la verità del proprio desiderio.
Si tratta di attraversare l'inesistenza dell'Altro — di rinunciare alla sua esistenza — al fine di accedere alla forza generativa dell'atto.

L'adulto in genere preferisce confessare le proprie colpe piuttosto che comunicare le proprie fantasie.
31/10/2023

L'adulto in genere preferisce confessare le proprie colpe piuttosto che comunicare le proprie fantasie.

PADRELa domanda di padre che oggi attraversa il disagio della giovinezza non è una domanda di potere e di disciplina, ma...
01/08/2023

PADRE

La domanda di padre che oggi attraversa il disagio della giovinezza non è una domanda di potere e di disciplina, ma di testimonianza.
Sulla scena non ci sono più padri-padroni, ma solo la necessità di padri-testimoni.
La domanda di padre non è più domanda di modelli ideali, di dogmi, di eroi leggendari e invincibili, di gerarchie immodificabili, di un’autorità meramente repressiva e disciplinare, ma di atti, di scelte, di passioni capaci di testimoniare, appunto, come si possa stare in questo mondo con desiderio e, al tempo stesso, con responsabilità.
Il padre che oggi viene invocato non può più essere il padre che ha l’ultima parola sulla vita e sulla morte, sul senso del bene e del male, ma solo un padre radicalmente umanizzato, vulnerabile, incapace di dire qual è il senso ultimo della vita ma capace di mostrare, attraverso la testimonianza della propria vita, che la vita può avere un senso.

Indirizzo

Via San Giorgio 3
Bologna
40121

Orario di apertura

Lunedì 08:00 - 21:00
Martedì 08:00 - 21:00
Mercoledì 08:00 - 20:00
Giovedì 07:00 - 21:00
Venerdì 08:00 - 21:00
Sabato 10:00 - 18:00
Domenica 10:00 - 18:00

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