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09/10/2025

Tutti pensano che l’anca sia un’articolazione robusta solo perché è “a palla e incavo”. In realtà non regge per la sua forma, ma perché è legata come una nave in porto da corde potentissime: i legamenti.

Guarda l’immagine: legamento ileo-femorale, pubo-femorale, ischio-femorale, legamento rotondo. Non sono dettagli da libro, ma veri e propri tiranti che impediscono alla testa del femore di “uscire dai binari”.

Per chi non è del mestiere: se cammini, corri o ti alzi dalla sedia senza pensare all’anca, è perché questi legamenti stanno lavorando gratis per te.

Per i colleghi clinici: parliamo di strutture capsulo-legamentose con funzione di stabilizzazione passiva, con particolare enfasi sul legamento ileo-femorale (il più resistente del corpo umano, > 350 N di trazione), sul ruolo del labbro acetabolare nella congruenza e sulla distribuzione delle forze attraverso la cartilagine articolare.

E quindi?

Significa che dolore e rigidità all’anca non dipendono solo dal muscolo, ma anche dall’efficienza di questi tiranti: serve un approccio combinato che includa mobilità capsulare, rinforzo muscolare mirato (glutei e stabilizzatori pelvici) e lavoro posturale globale.

Qualcuno dirà: “ma parli di labbro acetabolare, legamento di Bigelow.. paroloni”.

Tradotto: se i tiranti si irrigidiscono o si logorano, la nave non entra più in porto con facilità. La buona notizia? Con il movimento giusto e un percorso fisioterapico mirato, l’anca può tornare a scorrere come un cardine oliato.

Perché sì, l’anca è forte.. ma solo se i suoi legamenti ricordano di fare il loro mestiere. 😌

06/10/2025

È lunedì ed eccoci tornati con un nuovo episodio di “Anatomia Spassosa: esploriamo il corpo umano con un sorriso!” 😄

Oggi andiamo in fondo.. ma davvero in fondo! Scendiamo alla punta dello sterno per incontrare un piccolo osso con un nome da supervillain: il processo xifoideo!

Lo dice il nome: “xifoideo” deriva dal greco “xiphos”, che significa spada.
Ed effettivamente questo piccolo prolungamento cartilagineo, poi osseo, sembra proprio la punta di una spada infilata nello sterno!

Ma attenzione: anche se è piccolo, è super importante. E talmente particolare.. che nei bambini non è nemmeno osso!

Cos’è e dov’è?

Il processo xifoideo è la parte più inferiore dello sterno, ossia quella punta che senti (ma non troppo!) tra le coste, poco sopra la bocca dello stomaco.

Nella prima parte della vita è cartilagineo Si ossifica progressivamente con l’età (di solito dopo i 40 anni). È variabile in forma: può essere bifido, curvo, appuntito o addirittura forato!

A cosa serve?

È il punto di inserzione muscolare per il diaframma, il muscolo trasverso dell’addome e il retto dell’addome. Fa da connessione tra parte ossea e parte cartilaginea della parete anteriore del torace ed è una guida anatomica in rianimazione e per manovre mediche.

Curiosità scientifica

In rianimazione cardiopolmonare (RCP), è un punto da NON comprimere mai: la pressione sul processo xifoideo può causare fratture o lesioni viscerali, come al fegato o al diaframma.

Viene usato come punto di repere chirurgico per accedere allo spazio retrosternale ed è uno dei pochi elementi ossei che continua a cambiare durante la vita adulta, ossificandosi lentamente.

Funzionamento buffo

Immaginalo come l’asticella finale del bottone di una camicia troppo stretta: piccola, rigida, ma determinante! Sta lì, in fondo al torace, a chiudere tutto con eleganza.. ma se lo forzi, si spezza!

Nella vita di tutti i giorni

Quando fai un esercizio di core stability, è uno dei punti che “si abbassa” con l’espirazione profonda. Se hai mai sentito un dolore al centro del petto mentre tossivi, potresti aver infiammato la zona attorno al processo xifoideo. In alcuni pazienti molto magri, è palpabile e può essere confuso per una tumefazione!

Parole complicate, spiegate semplici

Processo: una sporgenza ossea

Sterno: osso piatto al centro del petto che unisce le coste anteriori.

Come può soffrire?

Xifoidalgia: dolore puntiforme o irradiato in fondo allo sterno, spesso legato a postura o microtraumi.

Frattura del processo xifoideo: rara, ma possibile in traumi toracici o manovre RCP eseguite male.

Calcificazioni anomale: alcune persone sviluppano ossificazioni esuberanti che possono dare fastidio o confusione diagnostica.

Momento educativo leggero

Se fai esercizi respiratori, controlla se riesci a “sentire” il tuo xifoide abbassarsi. Non premerlo mai con forza. Evita manovre manuali dirette sulla zona, soprattutto se il paziente ha dolore epigastrico.

Conclusione con sorriso

Il processo xifoideo: piccolo, appuntito, elegante.. e potentissimo.
È come la firma alla fine di un documento importante: discreta ma fondamentale.

Alla prossima settimana, per un’altra avventura nel corpo umano.. sempre con il sorriso! 🤗

06/10/2025

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13/09/2025
05/09/2025

“Appoggio male il piede.”

Ma male rispetto a cosa?

Tutti parlano di “camminare bene”, “avere un appoggio neutro”, “evitare l’iperpronazione”..
Ma in questa immagine c’è la verità più scomoda del cammino umano.

Non esiste un appoggio perfetto. Esiste un sistema che si adatta.

La camminata non è un gesto semplice. È una sinfonia biomeccanica. Ogni fase ha un tempo, un’estensione, un’attivazione muscolare precisa:
estensori che frenano (eccentrico), flessori che spingono (concentrico), abduttori che stabilizzano il bacino, il piede che dorsiflette, poi rilascia, poi spinge.

Ma tutto questo dipende da una cosa sola: come si comporta l’appoggio nel contatto col suolo.

Il piede non è mai “dritto”, non è mai “fisso” in un assetto neutro. Durante la camminata fisiologica, si muove continuamente tra pronazione e supinazione, per assorbire carichi e restituire energia.

Ma quando resta troppo a lungo in una posizione (over-pronation o over-supination), il sistema perde la capacità di adattarsi.

Nascono rigidità, dolori, tendiniti, distorsioni.

Nota bene: quella che spesso chiamiamo “iperpronazione” non è un errore, ma una variazione individuale. Diventa disfunzionale solo se persiste in ogni fase.

Doppia lettura

Livello 1 – per pazienti

Non cercare l’appoggio “perfetto”.
Cerca un appoggio che si adatta, che varia, che si muove. Perché il tuo piede non è una base.. è un sistema.

Livello 2 – per clinici

La gestione della pronazione non è una correzione da fare “in statico”, ma una strategia dinamica valutando la variabilità del passo, stimolando la capacità elastica delle catene muscolari.

Valutare il cammino non significa giudicare se è “giusto”, ma capire come funziona il sistema nel suo insieme: appoggio, bacino, catene muscolari, controllo motorio.

Non blocchiamo il piede con plantari o scarpe “correttive” senza motivo. Il plantare può essere utile in fase acuta, per redistribuire carichi o ridurre dolore, ma non deve sostituire il lavoro attivo sul controllo motorio e l’adattamento.

Si dovrebbe lavorare sull’asse tibio-tarsico in chiave funzionale, non solo posturale.

E quindi?

Se un paziente ti dice “cammino storto”.. la risposta non è “raddrizzarlo”.

La risposta è: “Facciamo in modo che tu possa cambiare appoggio quando serve.”

Non correggere la posizione. Allena la transizione.

“Ma l’iperpronazione si corregge con un plantare.”

Davvero? O si compensa? O si depotenzia?
Il corpo corregge ciò che riconosce.
Tu, prima di correggerlo, lo hai ascoltato? 🫣

05/09/2025
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29/08/2025

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