02/04/2024
- Lei che segno di interpunzione è?
- Perché fa così?
- È solo una domanda.
- Perché io e lei non possiamo avere un incontro normale per una volta, con domande
sensate, professionali, adeguate a una seduta dall’analista degna di questo nome?
- Tipo?
- Tipo come sta? Come va a casa?
- D’accordo. Come sta? Come va a casa?
- Okay, mi ha fregato. Sto una m***a e va una m***a. Mi spieghi sta cosa dei segni di interpunzione.
- È un specie di gioco, immagino le persone come se fossero punteggiatura.
- Bello.
- Vero?
- Posso esaminare da vicino la sua laurea?
- Ascolti. Ci sono i punti. I punti sono abbastanza comuni, non vanno da nessuna parte, i punti sono esattamente dove vogliono essere. I punti hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati e adesso il loro unico scopo nella vita è tenerseli stretti. Non amano essere messi in discussione e ritengono tutto quello che è venuto prima di loro l’unica cosa che conta.
Poi ci sono le virgole. Le virgole sono in costante movimento, terrorizzate dalla stasi, si reinventano continuamente. Cambiano lavoro, città, partner, portando avanti un discorso che potrebbe sembrare caotico e certe volte lo è. Molte virgole non sanno esattamente dove stanno andando e quando lo capiscono di solito diventano punti. Altre rimangono virgole per tutta la vita, tristi o felici ma sempre col fiatone.
Seguono i due punti. I due punti sono curiosi. Costruiscono tutta la loro esistenza attorno alla necessità di capire e poi di spiegare, di trovare un senso a qualcosa, qualsiasi cosa, per poi dichiararlo al mondo.
I due punti possono essere studiosi o fanatici, artisti o accademici, ma per tutti loro la vita va prima capita e raccontata, e solo poi, se c’è tempo, vissuta.
I punto e virgola invece non si capiscono. Non hanno idea di quale sia il proprio posto, in pochi li comprendono davvero e quei pochi fanno comunque volentieri a meno di loro. I punto e virgola vivono di sfumature, di indecisioni e di pause un po’ più lunghe del normale, rimanendo perennemente in bilico fra palpiti e rese. Sono abbastanza rari da riconoscersi subito a vicenda.
I punti esclamativi sono il gruppo che negli ultimi anni ha registrato la crescita maggiore. I punti esclamativi non hanno dubbi, né insicurezze, non si sentono mai in difetto, né gli capita di ritenere la propria opinione superflua. Sanno di stare vivendo un momento storico particolarmente favorevole e se lo vogliono godere al massimo. E se i punti esclamativi non ne hanno, i punti di domanda vivono di incertezze. Mettendosi continuamente in discussione, cercano di non dare niente per scontato, aggiungendo domande su domande, affascinati e terrorizzati all’idea del suono che potrebbe avere un giorno la risposta giusta.
I puntini di sospensione sono maestri di esitazione, incompiutezza e procrastinazione. Più di ogni altra cosa, quello che li fa sentire vivi è un lavoro incompleto, un compito lasciato in
sospeso, un rapporto mai chiuso per davvero. Alcuni lo fanno per amore della pigrizia, altri per paura della fine.
Seguono gli asterischi. Gli asterischi se ne vanno in giro come iceberg, con la maggior parte di sé sepolta a piè di pagina. Tu li guardi e pensi che siano poche sillabe o una frasetta banale, poi vai a leggere giù in basso e scopri che c’è un mondo di note dell’autore. La cosa può mettere in crisi qualcuno, loro lo sanno bene, e ogni tanto cercano di spacciare l’asterisco per una macchia sul foglio.
Le virgolette sono in perenne dialogo. Con se stesse, con gli altri, con dio, con quello che leggono, che ascoltano e con chiunque abbia voglia di parlare con loro. Per loro una giornata senza un interlocutore è una giornata sprecata. Hanno due cose: un’altissima stima di qualsiasi opinione che possa scatenare un dibattito. E amici pazienti.
E poi c’è lei.
- Io?
- Lei. Cosa si sente?
- Non lo so.
- Provi a pensarci.
- Non lo so. Forse una parentesi. Ecco sì, una parentesi tonda.
- Interessante, le parentesi tonde…
- No, no, non due parentesi tonde. Una parentesi tonda. Una sola. Mi sento una parentesi tonda che è stata aperta e non è stata più chiusa. Da una parte ho il sospetto che tutto
quello che faccio, gli sforzi, la passione non abbia valore, perché tanto è solo una parentesi. Dall’altra provo una certa ansia al pensiero che questa parentesi forse non si chiuderà mai, che è la mia vita ormai e che magari chiuderla non dipende neanche più da me.
- Lei vuole chiuderla?
- Non lo so. Non si può lasciare aperta una parentesi per sempre.
- Perché?
- Perché una storia dentro una parentesi non è una storia, è una digressione.
- La sua digressione.
- Sì, vabbè la mia digressione… e intanto io non sono neanche sicuro che questa cosa sia vera o finta. Se avrò mai il coraggio di chiuderla sta parentesi o se me la sono immaginata, se c’è davvero una parentesi da qualche parte alle mie spalle o se quello che c’è scritto dentro è ormai abbastanza per poterlo chiamare la mia storia e poter dire a tutti che quella parentesi è solo un errore di stampa. Vorrei solo che ci fosse un modo per capirlo.
- C’è. Continuare a scriversi
Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.