Dott.ssa Giulia Seppi psicologa-psicoterapeuta

Dott.ssa Giulia Seppi psicologa-psicoterapeuta Sono una psicologa e psicoterapeuta libera professionista, mi occupo di adolescenza ed età adulta o

Rallentare ed ascoltarsi come alternativa possibile?
19/05/2025

Rallentare ed ascoltarsi come alternativa possibile?

Se il valore dell’essere umano dipende esclusivamente dalla qualità delle sue prestazioni, assumere stimolanti diventa un modo per garantirsi la vittoria?

23/11/2024

Il cambiamento è un processo, non è qualcosa che si verifica aut-aut, è una strada che s'intraprende ogni giorno. Fatta di battute d'arresto, di nuovi inizi, di passi avanti e passi indietro. Ecco perché «ogni giorno dovremmo fare come se fosse il primo», perché, in fondo, un po' lo è. Lo è perché lo possiamo vivere sempre CON NUOVE CONSAPEVOLEZZE.

Ogni giorno è una nuova prova, una nuova opportunità. ❤️ Non lasciare che le cose brutte di ieri ti pregiudichino nuovi orizzonti oggi. Non permetterlo mai. A qualcuno questa frase suonerà familiare... Lo è perché è la parafrasi della dedica che si legge in «d'Amore ci si ammala, d'Amore si Guarisce»:

«Dedicato a chi sceglie di non precludersi la bellezza di oggi a causa delle sofferenze di ieri». ❤️❤️❤️

Il nostro sé dovrebbe essere univoco ma come ben sappiamo, il dolore può farci a pezzi. Può portare all'emergere di tante parti che sembrano perseguire scopi diversi, le parti fragili sono quelle che detestiamo perché sono quelle che sembrano remarci contro. Che non ci fanno esporre, non ci consentono di esprimere in modo assertivo i nostri bisogni perché finiamo per URLARLI... e, lo facciamo solo quando emergono le parti arrabbiate! Prepotenti e... Ah, queste parti arrabbiate che hanno fame di giustizia, perché hanno "accumulato" troppo... ma non da ieri o da un mese, dal giorno zero... Ecco perché spesso finiscono per ferire chi amiamo. Ed ecco perché, ogni giorno dovrebbe essere il nostro Primo Giorno.

Un equilibrio in questo gioco di parti ferite c'è. ❤️

Ispirato ai libri:
«il Mondo con i Tuoi Occhi»
«Riscrivi le Pagine della Tua Vita»

Come sta?
02/04/2024

Come sta?

- Come sta?
- Insomma.
- Così male?
- Ho detto insomma.
- Lei quando dice che sta bene significa che sta male e quando dice che sta molto bene poi scopriamo che è il minimo accettabile per un essere umano. Con insomma mi fa un po’ preoccupare.
- Sempre insomma rimane.
- Vuole parlarne un po’?
- Non c’è niente da parlare, son sempre le solite cose.
- Se sono sempre le solite cose perché si sente così?
- Perché sono stanco. Sono esausto. E lo so che tutti sono stanchi e tutti sono esausti, e lo so che nel Sierra Leone ci sono i bambini soldato che immagino siano parecchio esausti pure loro, ma io questa settimana di più. Scusi.
- Non si scusi per essere stanco.
- Scusi.
- Sa cos’è lei?
- No, ma inizio a sospettarlo.
- Lei è un Atlante.
- Geografico?
- Mitologico. Conosce la leggenda di Atlante?
- Ho fatto il liceo artistico, conosco pochissime cose.
- Atlante era un titano che durante la guerra si era alleato con Crono, il padre di Zeus. Dopo la vittoria Zeus lo punì piazzandogli sulle spalle il peso del mondo.
- Ah sì, adesso mi ricordo, avevo una cosa DeAgostini con il disegno.
- Lei tiene sulle spalle il peso del mondo, del suo mondo, che poi è lo stesso. Non so quando o come, ma a un certo punto, qualcuno o qualcosa le ha fatto credere che quel peso fosse suo. Solo suo.
- Dice?
- Ci sono tante tribù in giro per il mondo, tribù affettive, tribù emotive, tribù nascoste, società segrete legate fra loro da vizi, paure, paranoie, traumi. E poi ci sono i figli di Atlante, come lei, piegati sotto il peso di tutto quello che si portano sulle spalle.
La vita un giorno vi ha detto “reggi qui un attimo” e voi, un po' perché siete stati colti alla sprovvista, un po' perché non volevate disturbare nessuno, avete risposto “va bene” e vi siete caricati qualcosa sulle spalle. E poi l'avete rifatto e poi l'avete rifatto ancora. Sa cos’è successo dopo ad Atlante?
- Si è reso conto che pagava uno psicologo per farsi raccontare puntate di Pollon?
- Un bel giorno arriva Ercole, che è impegnato nelle dodici fatiche e ha bisogno di una mano per recuperare le mele sacre nel giardino delle Esperidi. Così chiede aiuto ad Atlante, e in cambio si offre di reggere il peso del mondo per un po’. Atlante accetta di aiutarlo, si scarica il mondo dalle spalle e per la prima volta da chissà quanto tempo raddrizza la schiena e scopre com’è la vita senza quel peso costante a piegarlo.
- E poi?
- E poi niente, torna con le mele, Ercole lo frega con un trucco id**ta alla “c’hai la scarpa slacciata” e gli piazza di nuovo il globo sulle spalle per il resto dell’eternità.
- Bella. Grazie. Adesso sto molto meglio. È sicuro che debba ve**re in studio e non possiamo semplicemente mandarci delle mail?
- Ogni tanto nella vita succede qualcosa, spesso son cose abbastanza banali, una buona giornata, un motivo d’orgoglio, un momento felice che riusciamo a non sprecare, cose che per un attimo il peso ce lo tolgono di dosso. E noi in quell’attimo percepiamo com’è vivere con la schiena dritta. Poi però arriva Ercole.
- E chi sarebbe Ercole?
- Questa è la parte deprimente. Il più delle volte siamo noi. Ci inganniamo in tutti i modi per convincerci a rimettere quel peso sulle spalle e finiamo col cascarci sempre.
- Perché non se ne andava?
- Atlante?
- Sì. Perché non mollava tutto, non mollava il mondo?
- Perché non è facile, perché era la sua punizione, e forse come succede spesso pensava di meritarsela. Ma io ho un’altra teoria.
- Sentiamo.
- Perché, a forza di reggerlo, si era convinto che quel peso fosse una sua responsabilità, che fosse lui quel peso. Lei pensa che quel peso che la schiaccia sia una sua responsabilità?
- Certo, è il mio mondo.
- Ecco, lei è un Atlante perché non ha ancora capito una cosa fondamentale.
- Cioè?
- Se è pesante non è il suo mondo.

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

02/04/2024

- Lei che segno di interpunzione è?
- Perché fa così?
- È solo una domanda.
- Perché io e lei non possiamo avere un incontro normale per una volta, con domande
sensate, professionali, adeguate a una seduta dall’analista degna di questo nome?
- Tipo?
- Tipo come sta? Come va a casa?
- D’accordo. Come sta? Come va a casa?
- Okay, mi ha fregato. Sto una m***a e va una m***a. Mi spieghi sta cosa dei segni di interpunzione.
- È un specie di gioco, immagino le persone come se fossero punteggiatura.
- Bello.
- Vero?
- Posso esaminare da vicino la sua laurea?
- Ascolti. Ci sono i punti. I punti sono abbastanza comuni, non vanno da nessuna parte, i punti sono esattamente dove vogliono essere. I punti hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati e adesso il loro unico scopo nella vita è tenerseli stretti. Non amano essere messi in discussione e ritengono tutto quello che è venuto prima di loro l’unica cosa che conta.
Poi ci sono le virgole. Le virgole sono in costante movimento, terrorizzate dalla stasi, si reinventano continuamente. Cambiano lavoro, città, partner, portando avanti un discorso che potrebbe sembrare caotico e certe volte lo è. Molte virgole non sanno esattamente dove stanno andando e quando lo capiscono di solito diventano punti. Altre rimangono virgole per tutta la vita, tristi o felici ma sempre col fiatone.
Seguono i due punti. I due punti sono curiosi. Costruiscono tutta la loro esistenza attorno alla necessità di capire e poi di spiegare, di trovare un senso a qualcosa, qualsiasi cosa, per poi dichiararlo al mondo.
I due punti possono essere studiosi o fanatici, artisti o accademici, ma per tutti loro la vita va prima capita e raccontata, e solo poi, se c’è tempo, vissuta.
I punto e virgola invece non si capiscono. Non hanno idea di quale sia il proprio posto, in pochi li comprendono davvero e quei pochi fanno comunque volentieri a meno di loro. I punto e virgola vivono di sfumature, di indecisioni e di pause un po’ più lunghe del normale, rimanendo perennemente in bilico fra palpiti e rese. Sono abbastanza rari da riconoscersi subito a vicenda.
I punti esclamativi sono il gruppo che negli ultimi anni ha registrato la crescita maggiore. I punti esclamativi non hanno dubbi, né insicurezze, non si sentono mai in difetto, né gli capita di ritenere la propria opinione superflua. Sanno di stare vivendo un momento storico particolarmente favorevole e se lo vogliono godere al massimo. E se i punti esclamativi non ne hanno, i punti di domanda vivono di incertezze. Mettendosi continuamente in discussione, cercano di non dare niente per scontato, aggiungendo domande su domande, affascinati e terrorizzati all’idea del suono che potrebbe avere un giorno la risposta giusta.
I puntini di sospensione sono maestri di esitazione, incompiutezza e procrastinazione. Più di ogni altra cosa, quello che li fa sentire vivi è un lavoro incompleto, un compito lasciato in
sospeso, un rapporto mai chiuso per davvero. Alcuni lo fanno per amore della pigrizia, altri per paura della fine.
Seguono gli asterischi. Gli asterischi se ne vanno in giro come iceberg, con la maggior parte di sé sepolta a piè di pagina. Tu li guardi e pensi che siano poche sillabe o una frasetta banale, poi vai a leggere giù in basso e scopri che c’è un mondo di note dell’autore. La cosa può mettere in crisi qualcuno, loro lo sanno bene, e ogni tanto cercano di spacciare l’asterisco per una macchia sul foglio.
Le virgolette sono in perenne dialogo. Con se stesse, con gli altri, con dio, con quello che leggono, che ascoltano e con chiunque abbia voglia di parlare con loro. Per loro una giornata senza un interlocutore è una giornata sprecata. Hanno due cose: un’altissima stima di qualsiasi opinione che possa scatenare un dibattito. E amici pazienti.
E poi c’è lei.
- Io?
- Lei. Cosa si sente?
- Non lo so.
- Provi a pensarci.
- Non lo so. Forse una parentesi. Ecco sì, una parentesi tonda.
- Interessante, le parentesi tonde…
- No, no, non due parentesi tonde. Una parentesi tonda. Una sola. Mi sento una parentesi tonda che è stata aperta e non è stata più chiusa. Da una parte ho il sospetto che tutto
quello che faccio, gli sforzi, la passione non abbia valore, perché tanto è solo una parentesi. Dall’altra provo una certa ansia al pensiero che questa parentesi forse non si chiuderà mai, che è la mia vita ormai e che magari chiuderla non dipende neanche più da me.
- Lei vuole chiuderla?
- Non lo so. Non si può lasciare aperta una parentesi per sempre.
- Perché?
- Perché una storia dentro una parentesi non è una storia, è una digressione.
- La sua digressione.
- Sì, vabbè la mia digressione… e intanto io non sono neanche sicuro che questa cosa sia vera o finta. Se avrò mai il coraggio di chiuderla sta parentesi o se me la sono immaginata, se c’è davvero una parentesi da qualche parte alle mie spalle o se quello che c’è scritto dentro è ormai abbastanza per poterlo chiamare la mia storia e poter dire a tutti che quella parentesi è solo un errore di stampa. Vorrei solo che ci fosse un modo per capirlo.
- C’è. Continuare a scriversi

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

Indirizzo

Via Via Lancia 6A Presso A. S. D. I
Bolzano
39100

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