16/09/2025
A Torino, il sabato sera appena trascorso, il Prof. Umberto Galimberti ha tenuto una conferenza divulgativa sul tema IL BENE E IL MALE. Educare le nuove generazioni.
Il tema era importante: l’aumento esponenziale del malessere dei giovani e delle molte sue rappresentazioni psico(pato)logiche ed il rapporto tra questo ed i valori della cultura occidentale contemporanea, responsabile – questa la tesi del filosofo – di ‘togliere il futuro’ ai giovani, nei termini, soprattutto, di DESIDERIO.
Dal latino de-sidus/sideris (allontamamento / mancanza di stelle, a descrivere il disorientamento di antichi naviganti e sacerdoti quando erano nel cielo oscurate le stelle, necessarie per orientarsi e divinare. Mancanza, dunque, in una società che tende a saturare molti bisogni. In modo viziante e scoraggiante, direbbe Adler.
Ed oltre a questo, un secondo fattore, la MANCANZA di RISONANZA EMOTIVA negli stili genitoriali ed educativi, che può portare i giovani a non riconoscere la differenza tra bene e male, tra etico e non etico.
Partendo da questo spunto, la conferenza si è focalizzata in modo più ampio sulla responsabilità sociale ed educativa, caratterizzata della mancanza di educazione emozionale e morale. Una lunga digressione è stata dedicata al ruolo degli insegnanti nella scuola in questo processo, sul confine sottile tra vocazione educativa, (im)preparazione degli insegnanti e precarietà del ruolo.
Due riflessioni personali.
La prima. Galimberti dice di sé di non ritenersi nichilista, ma analizza e descrive il nichilismo, l’OSPITE INQUIETANTE, come un fattore dominante della società moderna, soprattutto fra i giovani, caratterizzato dalla mancanza di scopi e di valori tradizionali, in un mondo dominato dalla tecnica e dal mercato, che negano il futuro come il luogo del possibile.
Ecco… in nessun momento della conferenza si è accennato ad elementi di vitalità, creatività, fiducia nelle possibilità e nel divenire, per i giovani, di trovare soluzioni ai problemi che coinvolgono il loro mondo. L’emozione prevalente, per chi scrive questo post, è stata di un certo disfattismo annichilente, a cui si potrebbero contrapporre alcune argomentazioni.
La seconda. Forse il sabato sera, la vocazione divulgativa, un certo bisogno di ‘tenere il palcoscenico’, o chissà cos’altro, complessivamente l’impressione è che la presentazione non abbia restituito la complessità del pensiero di Galimberti stessi, limitandosi a frasi d’effetto, provocatorie e al contempo un po’ compiacenti – per quanto ampiamente condivisibili.