Andrea Nascimben

Andrea Nascimben OSTEOPATIA ed EDUCAZIONE NUTRIZIONALE

Rimuovere le cause della malattia SEDI DEL CENTRO:
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MALATTIE CARDIOVASCOLARI E FATTORI GENETICI                                                                             ...
20/12/2025

MALATTIE CARDIOVASCOLARI E FATTORI GENETICI Uno spunto di Riflessione (Scientifica)
Le malattie cardiovascolari non dovrebbero essere lette come malattie da “errore genetico” perché i geni coinvolti non codificano difetti strutturali incompatibili con la vita, ma regolano l’intensità, la durata e la soglia di attivazione delle risposte fisiologiche

I Geni più letti negli esami genetici sono : LDLR, PCSK9, F5, SERPINE1, ACE, PPARG, IRS1 o TCF7L2
Si tratta di geni che non implicano automaticamente la patologia poiché modulano sistemi nati per la sopravvivenza : coagulazione, vasocostrizione, infiammazione, conservazione energetica, abbassando o alzando il punto in cui questi programmi vengono attivati.

Dobbiamo dirlo chiaramente ; da soli non sono sufficienti a generare la malattia, ma rispecchiano una raffinata logica evolutiva.

Le malattie cardiovascolari compaiono in larga parte dopo l’età riproduttiva e quindi non sono state oggetto di una forte selezione negativa. L’evoluzione ha favorito geni “plastici”, capaci di adattarsi rapidamente a stress acuti come emorragia, infezione, carestia o trauma.

Gli stessi geni che oggi associamo a rischio cardiovascolare erano funzionali a sopravvivere in contesti intermittenti di pericolo. Oggi ciò che è cambiato è il clima biologico nel quale questi geni si trovano ad operare e quei fattori perfetti per rispondere alle sfide ambientali (emorragia, infezione, carestia o trauma) diventano fattori di rischio

In altre parole è il cambiamento del contesto biologico, non del patrimonio genetico.
Il passaggio decisivo avviene a livello epigenetico e non genetico:

L’ambiente biologico stabilisce se un gene viene espresso o attenuato o “modificato” dopo traduzione
Metilazione del DNA, modificazioni istoniche e regolazioni post-traduzionali agiscono a monte del singolo polimorfismo e coinvolgono intere reti di geni. Il confronto non è quindi tra una variante genetica e un singolo effetto, ma tra una predisposizione statica e un network epigenetico cronicamente attivato.

In questo senso, l’epigenetica ha un potere di impatto enormemente superiore rispetto al fattore genetico statico, perché il genotipo è fisso, mentre il segnale ambientale è continuo, quotidiano e cumulativo.
per esempio la traslocazione di LPS (lipopolisaccaridi batterici) provenienti da disbiosi intestinale stimola i recettori TLR4 ogni giorno, l’iperinsulinemia sostiene PAI-1 (trappola per gli enzimi che favoriscono la dissoluzione del coagulo) più volte al giorno, lo stress mantiene attivo l'asse renina-angiotensina -Aldosterone (RAA) in modo persistente, segnali cronici, che finiscono, inevitabilmente, per dominare su una predisposizione genetica statica.

Inoltre, i fattori ambientali ed epigenetici convergono sempre sugli stessi nodi patogenetici centrali:

attivazione di NF-κB, iperattivazione del (RAA), spegnimento funzionale di PPARγ, blocco del segnale insulinico a livello di IRS1, incremento di PAI-1 e della trombina. Tutto questo può avvenire anche in assenza di qualsiasi polimorfismo sfavorevole, dimostrando che il contesto biologico è di per sé sufficiente a generare il fenotipo patologico.

LA GENETICA DIVENTA RILEVANTE SOPRATTUTTO QUANDO IL SISTEMA È GIÀ SOTTO STRESS, ovvero non accende il fuoco, ma ne determina la velocità di propagazione e l’anticipo temporale degli eventi.

È per questo che, a parità di ambiente, alcuni individui sviluppano eventi cardiovascolari più precocemente di altri, ma nessuno li sviluppa in assenza di un contesto biologico infiammatorio e alterato.
Le evidenze cliniche ed epidemiologiche confermano in modo netto questa visione.

per esempio il Genome-Wide Association Studies, che analizzano centinaia di migliaia (o milioni di SNP), in popolazioni enormi, mostrano che ogni singola variante genetica associata alle malattie cardiovascolari spiega solo una piccola quota di rischio ( in genere con odds ratio compresi tra 1,05 e 1,20 ).

Anche nei grandi consorzi (come il CARDIoGRAMplusC4D ) per la coronaropatia, decine di loci genetici spiegano complessivamente solo il 10–15% del rischio totale. Allo stesso risultato arriva anche il polygenic risk score, che sommano migliaia di varianti.

Al contrario, i fattori legati allo stile di vita e al contesto metabolico, in primis l'aspetto Nutrizionale , ma anche attività fisica, fumo , spiegano una quota di rischio nettamente superiore, spesso stimata tra il 50 e il 60%.

Studi prospettici hanno dimostrato che anche soggetti con alto rischio genetico possono ridurre drasticamente l’incidenza di eventi cardiovascolari adottando uno stile di vita favorevole, mentre individui senza particolari predisposizioni genetiche possono sviluppare malattia in un ambiente biologicamente ostile.

In sintesi, la genetica cardiovascolare agisce come modulatore di vulnerabilità, definendo i margini entro cui il sistema può muoversi, mentre l’epigenetica e l’ambiente rappresentano il vero motore della malattia, perché decidono se quei margini verranno mai superati.

In altre parole, il gene può caricare l’arma, ma è l’ambiente che preme il gr*****to.
Al prossimo spunto di Riflessione

SINDROME DEL PAVIMENTO PELVICOUno spunto di riflessione (scientifica) In questo post riporto, in forma sintetica, alcuni...
13/12/2025

SINDROME DEL PAVIMENTO PELVICO
Uno spunto di riflessione (scientifica)
In questo post riporto, in forma sintetica, alcuni passaggi centrali del lavoro scientifico che sto sviluppando sulla cosiddetta sindrome del pavimento pelvico.
NON è un testo pensato per chi cerca risposte rapide, ma per chi desidera comprendere cosa accade a monte dei sintomi, prima ancora di pensare a "PRENDERE" ...
Per molto tempo la dissinergia del pavimento pelvico è stata interpretata come un problema di coordinazione: il muscolo che non si rilascia, l’atto che non riesce, la defecazione che si arresta.

Una spiegazione semplice, rassicurante, forse un pò troppo semplicistica .....

Già un lavoro pubblicato su Gastroenterology ("Functional anorectal disorders" ), sottolineava come questi disturbi non potessero essere ridotti a una disfunzione muscolare, ma dovessero essere letti come alterazioni dei circuiti neurofisiologici che regolano la defecazione.

Un’indicazione che la clinica ha recepito solo in parte.

Oggi sappiamo che la defecazione non è un gesto volontario isolato, ma l’espressione di un sistema integrato che coinvolge la mucosa rettale, il sistema nervoso enterico e la modulazione del sistema autonomo.

Studiosi come Camilleri, hanno mostrato come una infiammazione mucosale di basso grado sia sufficiente a rimodulare la motilità e i riflessi intestinali, anche in assenza di qualsiasi danno strutturale.

Il distretto ano-rettale, dunque, non è un semplice condotto, ma un organo sensoriale che interpreta continuamente ciò che accade nel lume.
Quando questo sistema perde il suo equilibrio, non significa che sta sbagliando qualcosa, ma semplicemente che si trova in uno stato di "allerta" biologica, ovvero ci sta difendendo da un potenziale pericolo

Studi di fisiologia hanno mostrato come la sensibilità rettale, la compliance e l’integrità dei riflessi dipendano da un delicato bilanciamento tra segnali afferenti ed efferenti (Dinning e Scott, Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology).
Se questo bilanciamento viene alterato, stimoli normalmente fisiologici possono essere interpretati come segnali di allarme.

Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che uno dei principali fattori in grado di perturbare questo equilibrio è il microbiota intestinale.

Uno studio di Cryan e Dinan, una review pubblicata su Physiological Reviews, ha mostrato come le alterazioni microbiche possano modulare direttamente l’attività del sistema nervoso enterico e centrale.

A livello mucosale, la disbiosi favorisce una condizione di infiammazione di basso grado:
aumenta la permeabilità intestinale, attiva il sistema immunitario locale e rende le fibre nervose più sensibili.

Non è un caso che nei disturbi funzionali intestinali si osservi un aumento dei mastociti attivati e una maggiore sensibilità alla distensione rettale, come documentato da diversi studi pubblicati su Gut.

In questo contesto, i riflessi che regolano la defecazione tendono a perdere fluidità:
quelli inibitori si indeboliscono, quelli difensivi si rinforzano.
Il risultato clinico non è una “disfunzione muscolare”, ma una chiusura automatica, una distonia che riflette uno stato di allerta del sistema enterico;, una modalità perfetta per rispondere efficaciemente ad un pericolo proveniente dal lume intestinale.
Il microbiota come fattore eziologico
A questo punto il nodo diventa chiaro: il problema non nasce nel muscolo, ma nel microambiente intestinale.
Quando il microbiota è in equilibrio, produce metaboliti (come gli acidi grassi a corta catena) che proteggono la mucosa, riducono l’infiammazione e favoriscono una corretta comunicazione tra intestino e sistema nervoso.
Quando invece prevalgono fermentazioni proteolitiche, tipiche di diete povere di fibre e ricche di proteine animali, si producono sostanze biologicamente attive e potenzialmente dannose, come ammoniaca e idrogeno solforato (autori come Blachier e colleghi, su American Journal of Physiology, hanno mostrato come questi metaboliti interferiscano direttamente con la funzione dei colonociti e con l’integrità della barriera mucosale).

La disbiosi, quindi, non è un elemento accessorio, ma un fattore eziologico capace di mantenere il sistema enterico in uno stato di allerta cronica.
La nutrizione come strumento operativo
In questo quadro, la nutrizione non rappresenta un semplice supporto, ma lo strumento operativo principale necessario per modulare il microbiota e, di conseguenza, il comportamento del sistema enterico.

Attraverso l’alimentazione è possibile:
– ridurre il carico infiammatorio mucosale
– favorire la produzione di metaboliti protettivi
– migliorare la funzione di barriera
– attenuare l’ipersensibilità viscerale

Quando il microambiente mucosale torna fisiologico, il sistema non ha più motivo di difendersi.

La distonia si attenua non perché “rilassiamo il muscolo”, ma perché rimuoviamo il segnale biologico che aveva attivato la risposta difensiva.
In conclusione la Sindrome del pavimento pelvico non andrebbe vista come un difetto di volontà, né il risultato di muscoli ribelli, ma piuttosto come espressione coerente di un sistema enterico in stato di allerta, attivato da un ambiente biologico alterato all’interno del lume intestinale.

Cambiare prospettiva non significa negare ciò che sappiamo, significa, finalmente, mettere in ordine le cause prima degli effetti.

Buona (e sana) riflessione.


OSTEOPOROSI, DISTURBI GASTROINTESTINALI E CONSIGLI MEDICI “DISORGANIZZATI”La Rubrica del SabatoOgni settimana condividia...
13/12/2025

OSTEOPOROSI, DISTURBI GASTROINTESTINALI E CONSIGLI MEDICI “DISORGANIZZATI”
La Rubrica del Sabato

Ogni settimana condividiamo una mail reale, arrivata da chi cerca risposte dopo anni passati dentro il solito labirinto di visite, prescrizioni, esami e pratiche ripetute.
Sono testimonianze preziose, perché mostrano, sempre, quanto l’organismo parli con coerenza, anche quando nessuno lo ascolta.

La mail della settimana
“Buonasera,
sono Alessandra e la seguo da tempo.

Ho mal di testa frequenti, pancia gonfia e alterno episodi di diarrea a fasi di stipsi.

Il problema più importante, da poco più di un anno, è l’osteoporosi avanzata (ho 58 anni).
Ho avuto un crollo vertebrale su D12 lo scorso anno, provocato da una tosse persistente. Operata in cifoplastica.

La nuova MOC è peggiorata rispetto alla precedente.

Ho usato solo integratori e finora ho evitato terapie farmacologiche più drastiche, ma ora mi vengono consigliate per prevenire nuove fratture.

Mi è stato anche suggerito di ingrassare (peso 52 kg). Sono vegetariana. Nonostante questo, non riesco a prendere peso.
Mi chiedo se possa esserci un malassorbimento, visto che neppure integratori .......
Grazie,
Alessandra»*
La rmia isposta

"Cara Alessandra,
l’asse motorio–nutrizionale è il principale regolatore della fisiologia ossea.

È lì che si costruisce( o si perde) densità minerale, forza, resilienza. Il suo problema “principale”, come giustamente lo definisce, è profondamente influenzato dal tratto intestinale:
irregolarità evacuative, aumento dell’infiammazione , ovvero peggioramento della salute ossea.

Non esiste salute dell’osso senza un intestino in Fisiologia

Probabilmente servono aggiustamenti mirati sia sul fronte nutrizionale sia su quello motorio.

Su un punto, però, preferisco essere netto:
la presunta necessità di farla “ingrassare” non ha alcun fondamento fisiologico.
La riflessione (che vale per Alessandra, ma dovrebbe valere anche per molti medici):

L’idea che “aumentare il peso corporeo” migliori l’osteoporosi è figlia di una lettura superficiale delle metanalisi. Basta fermarsi all’abstract (come purtroppo accade spesso) per trarre conclusioni sbagliate.

È vero che, a livello epidemiologico, chi pesa di più presenta una minore prevalenza di osteoporosi, ma il motivo è semplice e tutt’altro che salutare:

a parità di sedentarietà, chi è più pesante esercita una maggiore stimolazione meccanica passiva sull’osso.
È come camminare ogni giorno con una zavorra addosso. Non è “salute”: è fisica di base.

Quello che si dimentica (o che molti non leggono ) è che la vera stimolazione osteogenica è di natura muscolare, non adiposa.
Un corpo magro ma tonico attiva sull’osso una stimolazione mille volte più potente rispetto alla massa grassa. L’esercizio neuromuscolare volontario (squat, trazioni, camminata veloce, carichi progressivi) genera adattamento osseo reale e dimostrabile (dallòa stessa MOC)

Grasso e sedentarietà producono solo un effetto meccanico passivo ed estremamante modesto, spesso accompagnato da un maggiore stato infiammatorio.

Quindi NO, “ingrassare” non migliora affatto il quadro osteoporotico.
Aumenta solo la confusione (e l'infiammazione ... )

Il punto non è il peso ma la qualità del peso
Buon Sabato e buona Riflessione a tutti.
Alla prossima Mail


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IL LEGAME IGNORATO TRA REFLUSSO, ARITMIE E NUTRIZIONEUno spunto di Riflessione (scientifica)Ci sono pazienti che arrivan...
09/12/2025

IL LEGAME IGNORATO TRA REFLUSSO, ARITMIE E NUTRIZIONE
Uno spunto di Riflessione (scientifica)
Ci sono pazienti che arrivano in studio dopo anni di sintomi apparentemente diversi tra loro: reflusso persistente, tachicardie dopo i pasti, pienezza che risale verso la gola, vertigini, extrasistoli, fame d’aria.

Quasi sempre raccontano la stessa storia.

A ogni sintomo è stata data una risposta rapida, automatica, prescrittiva, un farmaco:

Inibitori di p***a per il reflusso.
Procinetici per la digestione.
Betabloccanti per il cuore.

È la medicina del sintomo isolato, che spegne il segnale senza chiedersi da dove provenga.
Ma la fisiologia e l’esperienza clinica quotidiana, raccontano un’altra storia.

Cosa accade davvero quando lo stomaco si distende ?

Quando lo stomaco si distende oltre una certa soglia, soprattutto in presenza di digestione rallentata o disbiosi intestinale, succede qualcosa che viene sistematicamente ignorato.
La grande curvatura gastrica spinge verso l’alto il diaframma.

Il diaframma, a sua volta, esercita una pressione diretta sull'atrio sinistro del cuore.
Non è un’opinione, è anatomia.

Stomaco, diaframma e atrio sinistro sono separati da pochi millimetri. Lo dimostrano chiaramente TAC e risonanze magnetiche come quella riportata in questo post ( la TC assiale toracica, evidenziate le quattro camere cardiache RA = atrio destro, RV = ventricolo destro, LA = atrio sinistro, LV = ventricolo sinistro e La freccia bianca indica la parete posteriore dell’atrio sinistro. Subito al di sotto e posteriormente all’atrio sinistro si osserva stomaco / giunzione gastro-esofagea).
Questa relazione meccanica modifica la dinamica dell’atrio e la sua stabilità elettrica, predisponendo a fenomeni come extrasistolia, tachicardie post-prandiali, percezione del battito in gola, fame d’aria, senso di oppressione toracica.

Il fenomeno è noto da oltre un secolo ed è stato descritto per la prima volta da Ludwig Roemheld come sindrome gastro-cardiaca.

La letteratura moderna lo ha poi confermato, mostrando come il reflusso e la distensione gastrica possano correlarsi a disturbi del ritmo cardiaco (Aro et al., Journal of Internal Medicine; Roy et al., American Journal of Physiology).
Il ruolo chiave del sistema nervoso e del microbiota

Lo stomaco non è un semplice contenitore, è un organo altamente innervato, regolato dal sistema nervoso autonomo e profondamente influenzato dallo stato del microbiota intestinale.

Un intestino in disbiosi produce fermentazioni, gas, distensione, rallenta lo svuotamento gastrico e attiva in modo anomalo il nervo vago. Questo genera un segnale neurovegetativo alterato che si riflette immediatamente sul cuore, perché apparato digerente e sistema cardiovascolare condividono gli stessi circuiti autonomici.

La letteratura sull’asse intestino-cervello e intestino-cuore è ormai ampia e consolidata (Carabotti et al., CMGH; Rao, Neurogastroenterology Reviews).

Infiammazione Neuro-Enterica, iper stimolazione vagale e instabilità elettrica atriale non sono eventi separati: sono parti della stessa catena fisiopatologica.
Qual'è il limite della medicina prescrittiva ?

Di fronte a questo quadro, la risposta più frequente è quella del farmaco di circostanza:
Se compaiono aritmie, si prescrive un betabloccante.
Se c’è reflusso, un inibitore di p***a.
Se c’è gonfiore, un antiacido.

Raramente qualcuno si chiede perché lo stomaco sia così disteso, perché il diaframma non lavori più in modo fisiologico, perché il microbiota sia alterato, perché il sistema autonomo sia costantemente in allarme.

Eppure è lì che nasce il problema.
Cosa osserviamo realmente nella pratica clinica ?

Nella mia esperienza quotidiana, pazienti con reflusso cronico, tachicardie dopo i pasti, eruttazioni continue, sensazione di corpo estraneo in gola, extrasistoli e instabilità cardiaca migliorano in modo significativo quando si interviene sulle cause profonde,
ovvero :

si mette Ordine nutrizionale e quindi si Ripristina l’Eubiosi microbica.

Questi due , imprescindibili aspetti, conducono ad una graduale Riduzione dell’infiammazione intestinale e al conseguente Riequilibrio del sistema nervoso autonomo.

È in quel punto che il nodo si scioglie davvero, Non silenziando il sintomo, ma riportando quel sistema verso la Fisiologia.

La letteratura lo conferma:
la modulazione vagale, la nutrizione e l’equilibrio del microbiota ( 3 macro aspetti intimamanete correlati) hanno un impatto diretto sulla stabilità cardiaca e sulla sintomatologia gastroesofagea (Sonnenburg & Bäckhed, Nature; Zhang et al., Autonomic Neuroscience; Shah et al., Gastroenterology Clinics).

Conclusione
Reflusso, aritmie, gonfiore, bruciore retrosternale sono linguaggi diversi della stessa storia biologica.
E molto spesso quella storia inizia nell’intestino.
Prima di aggiungere un nuovo farmaco, dovremmo sempre chiederci se abbiamo davvero ripristinato la Fisiologia a partire dal sistema intestinale, perché un microbiota in equilibrio e una nutrizione adeguata valgono più di qualsiasi compressa.

La mia esperienza clinica me lo conferma ogni giorno:
quando l’intestino guarisce, il cuore smette di soffrire e i sintomi non spariscono per magia.
Spariscono perché non servono più.
A prossimo Spunti di Riflessione.
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CATERINA : “DAL 2017 STO MALE”QUANDO MENOPAUSA, INTESTINO E REFLUSSO RACCONTANO LA STESSA STORIAUn caso ClinicoCaterina ...
08/12/2025

CATERINA : “DAL 2017 STO MALE”
QUANDO MENOPAUSA, INTESTINO E REFLUSSO RACCONTANO LA STESSA STORIA
Un caso Clinico
Caterina ha 58 anni ed è un’insegnante di scuola superiore.

Quando ci incontriamo per la prima volta, mi dice con una sincerità che non si dimentica:
“Dottore… è dal 2017 che sto male”

Dal momento della menopausa, il suo corpo ha iniziato un lento peggioramento che nessuno era riuscito a leggerlo come un quadro unico.

Irregolarità intestinale fin dall’infanzia, poi diventata più marcata.
Feci caprine alternate a poltacee, sangue dopo la pulizia, sensazione di non svuotarsi mai davvero, emorroidi congestionate.

Gonfiore addominale continuo, eruttazioni dal mattino alla sera, raucedine, voce bassa, muco in gola, pienezza precoce.

A questo si aggiungevano pruriti diffusi, soprattutto in area genitale, acuiti negli ultimi anni.

Le tachicardie post-prandiali, presenti quasi ogni giorno, che le generavano molta paura
Il sonno era spezzato da risvegli multipli, mai ristoratore
Una vita scandita dai sintomi

Dopo tre settimane mi scrive il suo feedback, mi dice:

“Dottore la voglio informare dei cambiamenti
Il sonno sta migliorando: sono passata da 25 gocce di EN a 15.
Il prurito vaginale quasi sparito.
L’evacuazione è regolare, feci normali.
Le eruttazioni però sono ancora costanti e il gonfiore non è molto cambiato”

È il corpo che inizia a riorganizzarsi, quello che mi piace definire come EFFETTO DOMINO del sistema Biologico ..

Al controllo dopo sei settimane, Caterina ha un’espressione diversa, la prima frase che mi dice è il segno della sua trasformazione:

“Guardi, sono davvero contenta del percorso che sto facendo”

L’intestino è cambiato completamente: evacuazione quotidiana, feci normoconformate, nessun sangue, nessuna sensazione di incompleto svuotamento.

Il reflusso si presenta solo raramente. La raucedine è scomparsa.
Le tachicardie non si sono più presentate.
I pruriti intimi spariti del tutto.
Il sonno più stabile, un solo risveglio notturno
Se da anni ti senti trascinato tra referti, farmaci e diagnosi parziali, ricordati che il tuo corpo non ha mai smesso di parlare.
La vera svolta arriva quando qualcuno smette di zittirlo e inizia, finalmente, ad ascoltarlo.
Al prossimo caso
Un caro saluto di salute a
Al prossimo caso

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CLISTERI RIPETUTI: PERCHÉ POSSONO PEGGIORARE LA FUNZIONE DEL PAVIMENTO PELVICOUno spunto di Riflessione (Scientifica )Ne...
07/12/2025

CLISTERI RIPETUTI: PERCHÉ POSSONO PEGGIORARE LA FUNZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO
Uno spunto di Riflessione (Scientifica )
Nella pratica clinica ciò che noto è che coloro che fanno uso frequente di clisteri, sopratutto nel cronico, dimostrano una particolare difficoltà nel riprendere l'esatta peristalsi.

Non solo "gente comune" ma Aimè spesso "tecnici della salute" (medici, biologi, farmacisti) ovvero persone che avendo conoscenza delle potenziali avversità dei farmaci procinetici (osmotici, lassativi , neuromodulatori) si indirizzano caparbiamente verso una pratica cronica ( e frequente) di stimolazione meccanica locale con clisma acquoso.

Vengono utilizzati per trovare sollievo immediato. Purtroppo si ignora che, se ripetuti, possono diventare una delle cause principali della disinergia del pavimento pelvico.
Perché?

- irritano la mucosa rettale
- alterano i riflessi neuro-enterici (RAIR)
- aumentano il tono degli sfinteri
- peggiorano la disbiosi intestinale reattale
- riducono la capacità naturale di percepire lo stimolo evacuativo

In altre parole:
più li usi, più il corpo “impara” a chiudersi, non ad "aprirsi"....

Il sollievo è immediato, ma il danno riflesso è progressivo e proporzionato a frequenza e cronicità di questa INNATURALE pratica
Da molti (medici compresi) l’uso del clistere è spesso percepito come un gesto innocuo.
Nella pratica clinica, invece, rappresenta uno dei fattori più sottovalutati nella genesi e nel mantenimento della distonia enterosfinterica, comunemente definita “disinergia del pavimento pelvico”

Per comprenderne la portata, dobbiamo osservare il clistere non come un semplice atto meccanico, ma come uno stimolo neurofisiologico anomalo ( e potente) , capace di modificare la sensibilità rettale, i riflessi ano-rettali e perfino la struttura del microbiota.

Come PRIMA COSA non dovremmo mai dimenticare che Il retto non è progettato per distensioni rapide e forzate. La fisiologia prevede che il retto si riempia lentamente.
Il clistere introduce invece un volume elevato, in tempi brevissimi e sotto pressione. Questo determina:

1- attivazione eccessiva dei meccanorecettori
2- scariche nocicettive verso il sistema nervoso enterico
3- aumento della sostanza P e CGRP
4- iduzione della attività dell'ossido Nitrico ( che è fondamentale per il rilascio sfinterico)

Il risultato è una ipersensibilizzazione viscerale, identica a quella descritta nei disturbi funzionali intestinali.
PUNTO 2.
La reiterta pratica del clistere, nel cronico, crea microlesioni della mucosa con conseguente sviluppo di INFIAMMAZIONE rettale . Un effetto che a sua volta attiva la risposta Mastocitaria con rilascio di istamina, TNF-α e prostaglandine. In una parola sola abbiamo ALTERATO LA BARRIERA DELLA MUCOSA RETTALE.
La mucosa irritata invia segnali continui al sistema nervoso enterico, che entra in modalità difensiva:
chiudere diventa più sicuro che aprire, ovvero ipertono sfinteriale

e qui si innesta il TERZO fattore disfunzionale che è direttamente collegato ai neuroni che utilizzano l'ossido nitrico (nitrergici), ovvero si alterano i riflessi ano-rettali (RAIR) che comportano il mancato rilassamento dello sfintere interno con riduzione della compliance rettale

in buona sostanza , il retto perde la capacità di “accomodare” il contenuto e interpreta anche piccoli volumi come eccessivi e pertanto entra in modalità protetiva ; aumenta il tono della componete retto-anale .
Si crea una vera e propria inibizione del riflesso defecatorio, con andamento progressivo.

PUNTO 4
I clisteri ripetuti alterano lo strato mucoso e con esso il biofilm microbico con riduzione ANCHE degli acidi grassi a corta catena (SCFA), fundamentali per mucosa e motilità.

Quasi sempre la disbiosi è innescata e rafforzata quotidinamnte da un alimantazione non rispettosa della Fisiologia ovvero eccessivamte ricca di CARBOIDRATI VUOTI o alternativamete da diete eccessivamente ricche di PROTEINE ANIMALI (di bassissima qualità....)

Un clima che nel suo insieme rafforza il Microbiota Disbiotico inviando segnali di allarme costanti al sistema enterico, rafforzando la compoenete Orto-aimpatica e penalizzando quella parasimpatico-vagale.

.
La nutrizione, qui, diventa l’intervento eziologico, non semplicemente “di supporto”, ma deve essere messa in atto il più presto possibile e sopratutto prima di reiterare innaturali pratiche clisteriche per anni...
In CONCLUSIONE i clisteri non vanno demonizzati, ma ben compresi nei loro effetti, perchè l’uso occasionale può essere utile, l’uso ripetuto, al contrario, diventa un potente fattore di patogenesi.
Più indicato sarebbe utilizzare a "supporto" della peristalsi un lassativo osmotico, un presidio che produce infinitamente meno effetti avversi neurofisiologici rispetto al clistere reiterato, ovvero un ausilio che mi supporti transitoriamente, nell attesa che si sviluppi un microbiota simbiotico (IL VERO FATTORE RISOLUTIVO)
La distonia enterosfinterica non nasce dallo “sbagliare la spinta”, ma piuttosto da un sistema enterico cronicamente irritato, sensibilizzato e diseducato.
La strada per la guarigione passa dalla nutrizione, dal ripristino del microbiota, dalla neuromodulazione riflessa e dal movimento naturale, piuttosto che interventi aggressivi su di una area anatomica tra le più delicate del corpo.
Un caro saluto di salute ai lettori della Pagina
Al prossimo spunto di Riflessione ( Scientifica)
pelvico

ANNI DI URGENZA EVACUATIVA, REFLUSSO E CEFALEE: LA NUTRIZIONE AGISCE SU TUTTI I FRONTI ; L’INCREDULITA’ DEL PAZIENTELa R...
06/12/2025

ANNI DI URGENZA EVACUATIVA, REFLUSSO E CEFALEE:
LA NUTRIZIONE AGISCE SU TUTTI I FRONTI ; L’INCREDULITA’ DEL PAZIENTE
La Rubrica del Sabato

Ogni settimana condividiamo una mail autentica, arrivata da chi sta vivendo sulla propria pelle il ritorno graduale alla fisiologia.
Niente slogan, niente scorciatoie: solo la voce del corpo quando finalmente viene rimesso nelle condizioni di funzionare.

La mail della settimana
"Buongiorno Dottore,
Volevo aggiornarla sull'evolversi del percorso.

Dopo le prime 3 settimane ho cominciato a migliorare:
le feci sono più conformate, a volte più morbide.

Non ho più tachicardia a pranzo e subito dopo aver mangiato non devo più correre in bagno: ci vado tranquillamente (sempre 2 volte al giorno).

Mi sto attenendo al piano, anche se con un po’ di difficoltà.
Riesco a fare camminate da 4000 passi, 3/4 volte alla settimana.

I dolori alle gambe sono diminuiti di molto, quasi niente catarro in gola.

I mal di testa quasi scomparsi (stento a crederci…)

Ho ancora ronzii alle orecchie.
Una cosa che non le avevo riferito sono le vertigini.

Ho smesso di prendere la pastiglia della pressione e sembra andare bene (pressione nella norma).

Il mio peso attuale è 55 kg, anche se il mio scopo non è dimagrire.
GRAZIE !!
A presto.
Paola»

Ci sono pazienti che misurano il miglioramento in numeri, altri in emozioni.

E poi ci sono quelli, come Paola, che lo misurano nell’incredulità:
“I mal di testa quasi scomparsi… stento a crederci”
Sono le frasi che dicono tutto, perché il corpo, quando ritrova il proprio equilibrio (l’Omeostasi), non migliora un singolo distretto: si riallinea su tutti i fronti:

Intestino, sistema neurovegetativo, distretto cervico-craniale, ritmo pressorio… tutto torna progressivamente sotto lo stesso asse biologico.

Questo non è “miracolo”. È la "semplice “ fisiologia che smette di essere disturbata.
Buon Sabato a tutti.
Alla prossima Mail

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IL MIO EXCURSUS

SANI E INFORMATI - ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

Un Excursus di vita

Questo magnifico albero può essere interpretato come una grande opportunità per comprendere le origini delle malattie e dunque fornire strumenti potentissimi per anticiparle e contrastarle sul piano eziologico, superando la tradizionale pratica puramente sintomatologica.

La mia presa di coscienza, in merito a quanto fosse importante considerare seriamente la nutrizione e quanto l’uso sistematico di chimica (in particolar modo quella di natura farmaceutica) potesse significativamente condurre il paziente verso una progressiva deriva di malattia è uno sviluppo avvenuto nel corso del tempo.