10/12/2025
Dicembre è il mese dei ricordi. Per qualcuno è nostalgia: le tavole di una volta, chi non c’è più o i
Natali passati che non tornano.
Per altri è tensione: famiglie che si ritrovano e ferite che si riaprono, cose mai dette che tornano a galla tra un brindisi e l’altro.
Per molte persone, però, il Natale è anche il momento in cui si sente più forte la propria diversità: se non rientri negli schemi, se la tua identità non è accolta, se vivi una condizione di marginalità, se devi “scegliere” ogni anno quanto di te puoi mostrare e quanto no.
E poi c’è la questione che tutti fingono di non vedere: il denaro.
I regali che non puoi permetterti, le spese che pesano più del dovuto, le bollette che arrivano anche a dicembre, le cene che diventano un conto economico.
Intanto i social raccontano un’altra storia: viaggi, pacchi sotto l’albero, famiglie perfette, tavole infinite. E il confronto diventa crudele.
Il risultato è che dicembre amplifica tutto quello che durante l’anno riusciamo a tenere sotto controllo: ansia, tristezza, frustrazione, solitudine e senso di inadeguatezza. Non c’è niente di sbagliato in questo. E’ una risposta umana a una pressione enorme.
Ma c’è qualcosa di sbagliato in un Paese che lascia le persone sole proprio quando fanno più fatica.
Perché le feste possono essere difficili, ma non dovrebbero mai essere affrontate in silenzio. E nemmeno da soli.