Ciclisti per caso

Ciclisti per caso E' solo questione di testa... Un manipolo di giovaninonpiùgiovani, alla ricerca del tempo perduto.

7*tappa Regalbuto-CataniaUna pioggia leggera addolcisce il risveglio.Colazione in compagnia del nostro albergatore e di ...
03/04/2023

7*tappa Regalbuto-Catania

Una pioggia leggera addolcisce il risveglio.
Colazione in compagnia del nostro albergatore e di un prete inglese che ci offre due cassatelle di Agira prese ieri, perché il cacao a lui non piace.
Ci raggiunge Giuseppe in compagnia di uno zio, amante numismatico, filatelico e storico.
Mezz’oretta di chiacchiere in libertà e poi decidiamo di partire dopo esserci ben coperti per il freddo pungente fuori stagione.
“Oramai è tutta discesa” continuiamo a ripeterci da ieri pomeriggio.
In realtà la strada parte su una impegnativa salita sdrucciolevole..oggi le salite non mi dispiacciono, considerate le basse temperature.
Le gambe, scoperte, si ghiacciano in poco tempo.
Stemperiamo la fatica ascoltando i racconti di Giuseppe sull’accoglienza ricevuta la sera prima.
Qualche saliscendi e poi sullo sfondo si stagliano una serie di tornanti che ci porteranno a guadagnare quota in poco spazio.
Cani che abbaiano e ringhiano in continuazione. Oramai abbiamo adotto la tecnica di fermarci e scendere dalle bici per proseguire lentamente. Ci minacciano fino a quando non lasciamo la loro zona di competenza senza avvicinarsi troppo.
A Centuripe ci fermiamo per la seconda colazione e veniamo avvicinati da un appassionato di ciclismo curioso di sentire anche le nostre storie.
Piccole regolazioni ai freni di Simone che stanno finendo la loro vita ma devono preservare ancora la sua per una trentina di chilometri.
Scendiamo su una bella strada asfaltata dalle ampie curve e sullo sfondo godiamo della vista dell’Etna imbiancato. Restiamo affascinati dalla potenza di questa montagna e la discesa assume un aspetto mistico.
Puntiamo a Paternò per il pranzo ma non abbiamo fatto i conti con la Divide.
Svoltiamo su un sentiero sterrato dalla nera terra.
Giochiamo come bambini saltando dentro le pozzanghere che incontriamo ma ad un certo punto affondiamo nel fango.
La percezione iniziale non rende giustizia. Un terreno argilloso si attacca tenacemente alle ruote finendo per incastrarsi in ogni pertugio.
Le biciclette non vanno avanti neanche a spinta e spesso i piedi restano cementati nelle impronte. In alcuni punti siamo costretti a sollevarle a braccia. Fatichiamo come muli, parzialmente divertiti e percorriamo poco più di un chilometro in oltre un’ora.
Strappiamo con le mani blocchi di argilla misti a fogliame che impediscono alle ruote di girare, fino a quando non arriviamo su un tratto decisamente più vivibile. Riusciamo a riprendere la marcia, avvolti da sinistri scricchiolii che ci fan temere il peggio.
Le biciclette sembrano vive e sembrano respingere ogni tentativo di portarle oltre le proprie possibilità.
Dopo un veloce spuntino a Paternò, inizia finalmente il tratto di discesa finale.
Giuseppe scorge un carwash ma è parte integrante di un autogrill a servizio dell’autostrada sottostante. Decidiamo comunque di entrare dal viale di servizio.
Con una decina di euro facciamo tornare le biciclette quasi come nuove.
Iniziamo a vedere il mare, come diceva continuamente Daniel fin da quando eravamo a Sambuca.
I freni posteriori di Simone sono oramai inutili.
Io e Giuseppe improvvisiamo una sorta di staffetta per farlo passare in tranquillità gli incroci, in pendenza e sul pavé alle porte di Catania.
Il traffico caotico della grande città, ci accoglie, rendendo stressante l’arrivo dell’ultima tappa.
Foto di rito davanti al municipio. Pacche sulle spalle e abbracci felici.
Andiamo alla ricerca del b&b, più simile ad un ostello della gioventù ma che ha riservato una camera doppia per due vecchi come noi.
Ci prepariamo per raggiungere Daniel e la sua ragazza che ci aspettano poco distanti in un bel quartiere molto vivace .
Chiacchiere a colmare le esperienze non vissute, a progettare incontri futuri e viaggi improbabili.
Un amico mi chiede se ne è valsa la pena. Penso che adesso la bicicletta potrei buttarla in fondo al mare ma se tornassi indietro nel tempo, partirei senza indugio.
Vite intrecciate per pochi giorni che, ne sono sicuro, resteranno legate ancora a lungo.
Volti e sorrisi ci hanno accompagnato per tutti e sette i giorni rendendo leggere le nostre fatiche. Nuove potenziali frontiere da attraversare.
Tutto questo solo facendo roteare le gambe insieme alla testa.
Perché al di là di tutti i discorsi sul peso, sull’attrezzatura, sulla preparazione…è sempre e solo questione di testa!

6*tappa Enna-RecalbutoLa sveglia di Enna si accompagna a dolori sempre più diffusi.Ci apprestiamo a lasciare sia il cent...
02/04/2023

6*tappa Enna-Recalbuto

La sveglia di Enna si accompagna a dolori sempre più diffusi.
Ci apprestiamo a lasciare sia il centro geografico della Sicilia che Daniel, il quale deve raggiungere Catania dove troverà la fidanzata.
Abbracci e pacche sulle spalle. Mi mancherà quel sorriso leggero di chi deve ancora costruirsi tutta la vita.
Direzioni diverse, ma terremo d’occhio il suo profilo per sapere come procederà il suo viaggio. Scommettiamo su un arrivo intorno alle 17/18.
Enna ha richiesto tanta fatica per arrivare alla sua piazza e adesso ci ripaga con una bella discesa vertiginosa che ci porta ad allontanarci dal traffico caotico, regalandoci un ritorno all’aria pulita.
Deviamo dalla provinciale per tornare ad attraversare le colline che oramai si ripetono sempre uguali.
Un po’ di sterrato divertente, salite ripide che mi fan perdere velocità e arriviamo a metà mattina all’unica salita lunga a faticosa della giornata che ci porterà dentro Leonforte.
All’ingresso del paese ci imbattiamo in una bella fontana monumentale, alle cui fresche acque ci abbeveriamo e riempiamo le borracce.
Raggiungiamo il centro del paese in concomitanza con la processione delle Palme e ci accomodiamo ai tavolini di una attraente pasticceria.
Succhi e paste. Sento qualcuno chiedere un cannolo e non resisto.
Si chiacchiera e si controlla il percorso per scoprire cosa ci attende e come comportarci.
Con la coda dell’occhio mi accorgo che mi osserva ammiccante.
Lucido, grondante e florido. Chiedo al commesso se mi passa anche quel babà con crema e frutta (la frutta è importante nella dieta dello sportivo), tra gli sberleffi dei miei compagni di viaggio.
Beatificati e satolli, riprendiamo la traccia. Discese e salite tra le colline e i chilometri passano.
Giuseppe avrebbe le gambe per andare via, ma si accorda al nostro ritmo e ne approfittiamo per scambiarci impressioni di viaggio.
Ha discendenze a Recalbuto, da cui manca da circa 30 anni e stanotte dormirà a casa degli zii.
Scherziamo pensando alla fanfara che ci sarà ad accoglierlo all’ingresso del paese.
Daniel nel frattempo è arrivato con largo anticipo a Catania tenendo medie da capogiro.
Passiamo accanto ad un enorme pioppo nero che ha un età stimata intorno ai duecento anni.
Mi fermo ad osservare la sua corteccia grinzosa come la pelle di un anziano.
Dopo la sosta pranzo in un’umile trattoria che ci offre comunque prodotti di qualità, svoltiamo su una strada che costeggia il lago Pozzillo, un invaso artificiale con diga. Entriamo in un bel bosco fitto che modifica improvvisamente lo scenario, dandoci l’impressione di trovarci in un altro luogo.
Restiamo sorpresi dalla differenza di estensione rispetto a quello che mostrano le mappe. Le acque sono ridotte almeno della metà, lasciando spazio ad ampie distese verdi che tanto ricordano scenari western.
Il cielo si rannuvola concedendo frescura nell’ultima salita verso Recalbuto, fine tappa per oggi.
Salutiamo Giuseppe, dandoci appuntamento per l’indomani e, dopo la solita doccia bollente, ci concediamo l’ultima cena in viaggio, prima dell’arrivo a Catania.
Pioggia leggera che diventa più intensa, pone dei dubbi sull’opportunità di seguire la traccia tra i boschi domani.
Ma il viaggio, ancora una volta, ci ha insegnato a procedere passo dopo passo.
Crolliamo distesi e sereni trepidanti per la fine del viaggio.

5* tappa Montedoro-EnnaLa quinta tappa.La mia tappa per definizione.La sveglia nella scuola-albergo suona presto.Il tepo...
01/04/2023

5* tappa Montedoro-Enna

La quinta tappa.
La mia tappa per definizione.
La sveglia nella scuola-albergo suona presto.
Il tepore datomi dal piumone rende difficile uscire dalle lenzuola.
Chiacchiere al tavolino della colazione per programmare la giornata.
Quella di oggi dovrebbe essere la più difficile e faticosa.
Individuiamo i punti in cui restare sulla statale e saltare gli sterrati con dislivelli eccessivi, ma prima necessitiamo di una ciclofficina per vedere se riescono a sistemare le problematiche che si stanno verificando sulle nostre biciclette. Giuseppe ha i freni finiti ma non riesce a svitare lo spurgo della pinza anteriore perché spanata la piccola brugola e un raggio della ruota posteriore lo ha mollato.
Daniel avverte un rumore al freno posteriore ed io inizio ad avere serie difficoltà al cambio a causa di una componente della trasmissione posteriore.
Vediamo sulle mappe che a Serradifalco, il paesino successivo, c’è una ciclofficina.
Decidiamo quindi di saltare la traccia per campi che ci si prospetta subito fuori paese e seguiamo la statale che parte in discesa e facilità l’inizio delle attività quotidiane.
Il mio cambio non ne vuole sapere di restare sui rapporti veloci così che devo rallentare anche laddove potrei tenere un passo più svelto. Sembra quasi che voglia dirmi che le cose van prese con calma.
Arriviamo al cospetto delle anonime vetrine e bussiamo poco fiduciosi.
Spiegato il problema, tre ragazzi si mettono all’opera senza perdere un secondo.
Giuseppe ha un cambio freni e l’allineamento perfetto della ruota in breve tempo.
La pinza freno di Daniel viene smontata, pulita di fino e allineata così che funzioni egregiamente mentre per la mia, purtroppo, non hanno il pezzo di ricambio ma smontano, puliscono, lubrificano il tutto e me la riconsegnano in condizioni decisamente migliori di come gliel’ho lasciata.
Stupiti della disponibilità immediata, della velocità e della competenza, ringraziamo e riprendiamo la strada.
Daniel e Giuseppe si fermano perché divorati da una fame atavica.
Io e Simone decidiamo di proseguire.
Il bello di questo viaggio è che ognuno segue il suo ritmo ma poi ci ritroviamo nei momenti salienti, sapendo comunque di poter contare in caso di bisogno.
Campi, colline e ancora campi.
Il cielo si vela e giunge l’odore di piogge lontane. La strada sale dolcemente e ci porta in breve tempo a Caltanissetta, in concomitanza con la pausa pranzo.
Cerchiamo il bar che funge da check-point ma non ha da mangiare. Ci indirizza da un fornaio adiacente che per una manciata di euro ci riempie di cibo. Ci sediamo comunque all’esterno del bar e consumiamo nell’attesa degli altri.
Caltanissetta, al cospetto dei borghi fin qui attraversati, ci sembra una metropoli. Il traffico si intensifica e gli odori dei campi lasciano il posto a quelli di scarico delle auto.
Si ricompatta il gruppetto per riprendere fiato e dopo esserci rigenerati, torniamo a spingere sui pedali.
Fuori dalla città, torniamo a lambire immense distese verdi.
Scorriamo vicino ad un pascolo e dall’erba spunta improvvisamente il pastore, sdraiato, che si riposa intanto che le pecore stanno facendo il loro corso.
Il tempo sta volando letteralmente.
Ripenso al tragitto fin qui compiuto e non mi capacito di quante cose siamo già successe.
Complice anche una terra che sembra sospesa nel tempo, mi sento come se fossi in una bolla.
Scendiamo verso il basso su una strada ben curata e dalle ampie curve.
Mi diverto a percorrerle come se fossi in moto.
Sul fondo valle torniamo a ritmi da ciclisti per caso. Ragazzi ci incontrano e ci incoraggiano allegramente dopo averci posto le domande di rito.
Enna ci aspetta sull’altura a quasi mille metri e cerchiamo di dosare le forze per l’ultimo strappo. Nel momento esatto in cui ci compare davanti, sorvoliamo senza indugi sull’ultimo tratto di sterrato che dovrebbe portarci subito in quota restando sulla statale. Enna bassa è a portata di mano ma osserviamo dal basso i palazzi che compongono Enna alta e ci verrebbe voglia di trovare un pulmino che ci accompagni fino in cima. Spingiamo e sbuffiamo ma pedalata dopo pedalata riusciamo a raggiungere la meta finale con enorme soddisfazione.
La piazza principale, i cui alberi sono avvolti in coperte all’uncinetto, da su un enorme ballatoio la cui vista spazia dai monti Nebrodi fino a sua maestà l’Etna.
Chiediamo ad un passante di scattarci una foto ma la risultante sono due facce devastate che è bene tenere nascoste.
Prendiamo possesso della stanza al b&b e tentiamo una doccia in un box talmente angusto che mi è difficile alzare le braccia.
Raggiungiamo Daniel e Giuseppe e troviamo un locale che ci ispira particolarmente.
La scelta è azzeccata: tra i piatti proposti una pasta alla Norma che sognavo dall’inizio del viaggio e che mi manderà in sollucchero.
Daniel è divertito dall’osservare come altri commensali arrivino abbondantemente dopo le 20. È l’ultima cena con lui. Domani condenserà le ultime due tappe in una per raggiungere la ragazza italiana che lo aspetta a Catania e un filo di amarezza si dipana tra noi.
Il viaggio continua a cambiarci e mi ritrovo a pensare, male e con difficoltà, in inglese anche quando sono da solo.
La bolla in cui mi ritrovo si gonfia sempre più.

4* tappa Bivona-MontedoroFuori dal B&B è un brulicare di ragazzi che attendono i pullman per andare a scuola.Li guardo c...
31/03/2023

4* tappa Bivona-Montedoro

Fuori dal B&B è un brulicare di ragazzi che attendono i pullman per andare a scuola.
Li guardo carichi di ansie e aspettative con un po’ di nostalgia per quel periodo.
Ripartiamo subito per concludere i sei chilometri mancanti alla tappa mozza di ieri e raggiungiamo i nostri compagni improvvisati per una veloce colazione.
“ Tranquilli! Sul sito della Divide c’è scritto che oggi è la tappa più facile. Quindi andiamo in scioltezza e ci conserviamo per quella di domani che invece sarà bella tosta”
Pochi chilometri ancora di salita e voliamo sopra i tetti di Santo Stefano.
Saluti e sorrisi lungo la strada a riscaldare i cuori in questa fresca mattinata.
C’è grande rispetto per noi sulla strada. Tutti i veicoli ci sorpassano con ampio margine o aspettano il momento migliore per passare senza stringerci, così che anche la provinciale che dobbiamo percorrere non rappresenta uno stress.
Il percorso si snoda a circa mille metri con delicato saliscendi immersi tra verdi boschi.
Le gambe girano tranquille e danziamo tra dolci curve e profumo di legna umida.
Scendiamo senza particolare veemenza ma tengo il ritmo delle auto davanti a me.
A S. Giovanni Gemini il traffico è stranamente caotico rispetto a quanto siamo abituati fino a questo momento ma dura un attimo e di nuovo piombiamo nel silenzio antico che avvolge queste terre.
Seguiamo la traccia che improvvisamente si discosta dalla statale per prendere uno sterrato parallelo. Poche centinaia di metri e ci scontriamo con muri che non riusciamo a superare se non scendendo e spingendo le due povere cavalcature.
Capre spaventate si allontanano dal nostro cammino. Cerchiamo con timore la presenza di cani pastore ma l’unico presente è sdraiato all’ombra e quasi non si cura di noi.
Perplessi sulla facilità decantata dalla pagina ufficiale del percorso non possiamo non pensare che deve averla tracciata un ventenne o poco più.
Tra improperi e sbuffi raggiungiamo quello che crediamo debba essere l’apice e scendiamo leggermente fino a riprendere la provinciale.
Dei nostri compagni neanche l’ombra e ci stupiamo non c’abbiano ancora raggiunti.
La strada intanto torna a salire tra verdi vallate. La pendenza non molla un attimo e richiede continue siete. Nei tornanti ricerco la traiettoria che mi faccia guadagnare maggior pendenza col minor sforzo e mi viene in mente il discorso motivatore di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica “ quando incurvì suoi atleti a guadagnare e lottare per ogni centimetro. Perché è la somma di tutti i centimetri che li porterà alla meta è alla vittoria finale.
La mente gioca brutti scherzi e visualizzo Al Pacino con la mia faccia che urla e incita e la mia stessa faccia la ritrovo sui giocatori con gli occhi fuori dalle orbite che grugniscono e urlano che ce l’avrebbero fatta.
Il cartello maiolicato di Mussomeli mi appare come un miraggio e mi trascino, senza dignità, come mi disse un Maestro qualche anno fa, sotto di lui per uno scatto ricordo.
Il tempo di prendere fiato e raggiungiamo il punto di ristoro. Qui troviamo Giuseppe e Daniel che hanno evitato la parte sterrata precedendoci il tempo di un panino.
Carico di energie, recuperiamo il fiato e un po’ di stretching prima di tornare in sella.
Il gestore del bar ci invita a passare a vedere il castello del paese incastonato in uno sperone di roccia e così facciamo.
Poi è discesa, freni che non vanno e incontri risolutori che scaldano l’anima.
Montedoro è al culmine di una breve salita. Cerchiamo l’albergo che è allestito in una vecchia scuola elementare. Ora che non ci son più bambini la conversione è sull’accoglienza.
Nel corridoio si aprono le porte delle stanze che una volta erano aule. Allestiamo una piccola officina per piccole riparazioni e poi andiamo a godere di un’ottima cena che, come sempre , è occasione per legare ancora di più con i nostri compagni.
Filosofie di pedalata, di vite e di esperienze.
E il viaggio diventa sempre più ricco.

4* tappa Bivona-Montedoro(Inciso)L’immagine allegata merita un racconto a sé stante.La discesa da Mussomeli, gran premio...
31/03/2023

4* tappa Bivona-Montedoro
(Inciso)
L’immagine allegata merita un racconto a sé stante.
La discesa da Mussomeli, gran premio della montagna della quarta tappa, è una goduria allo stato puro. Procediamo insieme a Giuseppe e Daniel su pendii oltre il 10% in un gioco di sorpassi continui. Superiamo agilmente e più volte i 70 orari. L’asfalto non è dei migliori e su un dosso decolliamo letteralmente.
Bambini in un parco giochi.
In fondo alla discesa, Simone mi urla che il freno posteriore va a vuoto.
Rallentiamo.
Ad un rapido occhio dall’esterno sembrano finite le pastiglie e a memoria non ricordo ciclofficine nei paraggi.
Passiamo da Bompensiere, piccolo paesino apparentemente deserto.
Al primo passante Simone chiede se c’è qualche meccanico nella zona.
Senza neanche pensarci si attacca al telefono e chiama un conoscente spiegando il problema. Nel frattempo si fermano altre due persone a chiedere se avessimo bisogno.
Dopo neanche un minuto compare un uomo con lo scooter, Giuseppe.
Rapido occhio alla pinza e ci dice di seguirlo che forse ha la soluzione.
Arriviamo presso il suo garage e tira fuori una scatola piena di pastiglie usate di varie tipologie ma ancora utilizzabili.
Lavora di carta vetro per togliere la patina, si applica con entusiasmo sulla pinza smontando, pulendo e regolando il cavo.
La bici è perfetta.
Ci racconta di sè e della sua passione per le biciclette.
Ci lascia il telefono :”Se doveste avere problemi più avanti, chiamatemi che vedo di aiutarvi “
Ripartiamo leggeri tra i saluti calorosi di altri passanti lungo il viale principale, estasiati.

3*tappa Sambuca di Sicilia-S. Stefano Quisquina (un po’ meno)60KmTra sguardi perplessi, entriamo nel benzinaio di Bivona...
30/03/2023

3*tappa Sambuca di Sicilia-S. Stefano Quisquina (un po’ meno)
60Km

Tra sguardi perplessi, entriamo nel benzinaio di Bivona per una bibita rigenerante al suo piccolo bar.
Telefono alla signora Franca che gestisce l’omonimo B&b per avvisarla che ci siamo. Abbiamo dovuto accorciare la tappa di una manciata di chilometri perché a S.Stefano alloggi disponibili non c’erano. Viste le nostre facce stravolte non ci dispiace neanche più di tanto.
La mattina era iniziata allegra, ai tavolini di una notevole pasticceria di Sambuca in compagnia dei nostri intrecci casuali. Traduco brevemente per Daniel il senso della minna di vergine che si sta gustando.
Chiacchiere, racconti e passioni.
Salutiamo veramente per l’ultima volta Katàrina che deve raggiungere Palermo e imbarcarsi su un aereo per rientrare a casa venerdì e anticipiamo la partenza rispetto a Daniel e Giuseppe che tanto ci riprenderanno in un batter d’occhio.
Uno sguardo dal belvedere e poi giù, su discese verticali a raggiungere la provinciale.
Per il primo pezzo, seguendo i consigli della sera prima, evitiamo la traccia proposta perché è una massicciata di sassi aguzzi. Appena possibile riprendiamo la vecchia linea ferroviaria che quando sarà finita sarà probabilmente un’esperienza fantastica.
Un grosso cane pastore ci punta e fa gran voce. Con un po’ di esitazione passiamo lentamente al suo fianco senza problemi.
Ci perdiamo nel nulla assoluto.
I solchi essiccati dei trattori nel terreno argilloso ci mettono in discreta difficoltà ma la pendenza a favore ci fa procedere comunque a discreta velocità.
Una lunga galleria ferroviaria il cui buio totale è vinto dalle nostre luci frontali ci riversa alla stazione di San Carlo, un piccolo paese dove il tempo è cristallizzato. I pochi passanti ci salutano con ampi sorrisi. La sosta alla fontana avviene in concomitanza col passaggio rumoroso di tre motociclisti.
Per quanto ami viaggiare anche con quel mezzo, non baratterei mai la velocità con la possibilità di potermi godere due parole con l’anziano seduto sulla panchina vicino a noi.
Svoltiamo ancora sulla vecchia ferrovia. Il fondo compatto e la leggera discesa ci fan procedere velocemente fino al ponte sul fiume Sosio. Brusca frenata davanti a due blocchi di pietra che sbarrano il passaggio.
Lo avevo anche letto sulle pagine social della Divide ma essendo sostanzialmente dei “ciclisti per caso”, la programmazione viaggia proprio su un binario parallelo rispetto a noi.
Il ponte è crollato da almeno un mesetto.
Non abbiamo voglia di tornare indietro per la deviazione e scorgiamo un sentiero che conduce alla riva del fiume. Decidiamo di attraversarlo vista la poca profondità.
Il terreno è limaccioso così che restiamo impantanati. Felici come bambini, con non poca fatica riusciamo a guadagnare la sponda opposta rinfrescandoci i piedi nell’acqua gelida.
A Burgio iniziamo a faticare. Ci perdiamo tra i vicoli in salita osservando le maioliche usate come toponomastica. L’unico bar è chiuso è così tentiamo la sorte al paese successivo.
Villafranca Sicula è in cima ad una lunga rampa dritta che si erge verso il cielo.
Ancora una volta cediamo e spingiamo a piedi. Nel deserto del paese scorgiamo due tavolini in plastica sul marciapiede di fronte al comune. Il bar è aperto e prendiamo posto al sole così da far asciugare le scarpe ancora fradice per il guado. Iniziamo a mangiare e nel mentre compaiono anche Giuseppe e Daniel.
Convinto che ci avessero superato su qualche deviazione hanno invece guadato il fiume poco dopo di noi. Evidentemente i chilometri iniziano a sentirli anche loro e stanno calando le medie. Godiamo del momento di condivisione.
Le scale del comune sono decorate con i nomi celebri di vittime della mafia.
Ne parlo a Daniel che non conosce nè i personaggi nè gli episodi.
Il barista è curioso. Ci chiede del viaggio, felice che tanti stiamo percorrendo questo tragitto nascosto.
Non riesco a partire senza dolce. Una guantiera di cassatine appena fatte attira la mia attenzione. Affondo il cucchiaino nella pasta morbida, estasiato dal profumo e dal gusto.
Decidiamo di accorciare di qualche chilometro ma la nostra deviazione sale rabbiosa tagliandoci le gambe.
Inizio ad avere qualche dubbio sulla riuscita della tappa ma il gran premio della montagna arriva presto. Le bici si scuotono, cigolano per la fatica e ci proiettano verso il basso, recuperando tutta la strada persa in salita.
Deviamo ancora su sterrati tra piccoli guadi e solchi profondi.
Un ondulatorio attraversamento fa scattare la passione rettiiliana di Simone che lo cattura per osservarlo e poi rimetterlo in libertà.
Ancora rampe da percorre, con difficoltà, a piedi, fin quando incrociamo la provinciale per l’ultimo tratto di, finalmente, umana salita.
Cerco i cartelli direzionali per Bivona. Mi colpisce molto il fatto che i cartelli non abbiamo, come sono abituato a vedere, i chilometri che mancano alle varie destinazioni.
Come se fossero entità sospese in un tempo e uno spazio che è altrove.
La signora Franca ci accoglie con la voglia di parlare, come d’altra parte tutte le persone che fin qui abbiamo incontrato.
Ci indirizza a cena da Lo Presti, unico ristorante del paese.
Entriamo dalla porta in una stanza buia e deserta chiedendo “permesso”
Ci accoglie un sessantacinquino dal sorriso affabile e uno sguardo dolcissimo.
Pochi piatti ma come se fossimo a casa sua.
Usciamo deliziati e satolli, con le gambe stanche e il cuore leggero sotto una coltre di stelle.

2* tappa Gibellina-Sambuca di Sicilia68kmIl viaggio si trasforma e ti trasforma. Attraverso i luoghi , attraverso gli in...
29/03/2023

2* tappa Gibellina-Sambuca di Sicilia
68km

Il viaggio si trasforma e ti trasforma. Attraverso i luoghi , attraverso gli incontri .
Sveglia all’alba e colazione fugace. Intanto che Simone sistema con millimetrica precisione il bagaglio del suo bikepacking, cercando di convincermi a seguirlo su questa strada, io butto alla rinfusa le mie cose (per metà inutili) dentro le mie ingombranti e non aerodinamiche borse laterali.
Una foto di rito davanti all’ingresso del b&b Milleeunanotte in compagnia dei nostri compagni di fatto e poi via a calcare con circospezione sui pedali per uscire dal paese.
Scorriamo accanto alla Porta del Belice, l’immensa opera di Pietro Consagra che segna l’ingresso a Gibellina Nuova ed è simbolo della vallata stessa.
Seguiamo la provinciale in attesa del segnale del navigatore di svolta attraverso i campi per riprendere la traccia ma ancora una volta ci fa saltare la deviazione. Ce ne accorgiamo poco dopo. Rapido sguardo alla mappa e vediamo che proseguendo sulla strada asfaltata accorciamo di qualche chilometro e verosimilmente le pendenze sono più dolci.
La scelta è vincente perché quando ritroviamo la traccia originaria arriviamo in contemporanea con i due atletici tedeschi.
La strada si inerpica e mentre arranchiamo a velocità pedestre, i due amici accelerano come se avessero sotto un motore elettrico, scomparendo alla vista nel giro di poco.
Il sole scalda ma all’ombra e negli spazi esposti al vento, la temperatura oscilla tra il caldo intenso e il freddo polare.
Un muro sterrato improvviso ci obbliga a scendere e proseguire a piedi facendo comunque fatica ad avanzare. Attraversiamo lo splendido parco delle Finestrelle continuando su salite impegnative.
Rivaluto l’offerta di Simone di contenere i pesi anche se “basterebbe” forse perderne una ventina dei miei per risolvere gran parte dei problemi.
Scorriamo sotto gigantesche pale eoliche che rompono il silenzio profondo delle vallate con il loro sferzante roteare.
Una difficile, ripida discesa, solcata da profondi crateri ci porta rapidamente nei pressi della vecchia Gibellina.
È qui che, dopo una curva, comprare improvvisamente il Cretto di Burri, un’enorme opera di Land art, costruita inglobando le macerie della città completamente distrutta, in blocchi di cemento che ricostruiscono i vicoli di un tempo.
Giriamo con fatica tra i sentieri, fin quasi alla cima.
Restiamo in silenzio ad osservare l’orizzonte di cui una volta potevano godere i suoi abitanti. Riprendiamo la strada e passiamo accanto ad altri resti che mantengono aperta una ferita mai sanata del tutto.
Sorrido con amarezza pensando, più che al famoso discorso del Presidente Pertini, al pezzo di teatro di Troisi in cui suggerisce di rivolgersi a chi ha gestito l’emergenza e la ricostruzione postuma.
Vicoli abbandonati, tracce antropomorfe, ante in legno che sbattono accompagnate dal vento a creare un filo lungo oltre cinquant’anni.
Poggioreale ci viene incontro all’ora di pranzo. Scorgiamo sul bordo strada le biciclette di Giuseppe (origini italiane ma nato in Germania. Il suo è un viaggio attraverso i legami con la famiglia) e del suo compagno di viaggio e inchiodiamo. Arancino ed altre sfiziosità e ricalibriamo le energie.
La strada sale e scende. Toglie il fiato e lo recuperiamo appena possibile.
Simone paragona il viaggio alla vita, con l’alternanza di momenti difficili e improvvise riprese.
Guardo prati dipinti di verde brillante con il vento che crea onde luminose sui pendii. I toni sono talmente accesi che provo a togliermi gli occhiali da sole che in realtà non ho.
Alterniamo squinternate riflessioni a profondi silenzi.
La mente si annulla svuotandosi di ogni pensiero mentre le gambe roteano da sole pur avvertendo la fatica dei chilometri appena trascorsi.
Montevago ci accoglie con i suoi ruderi che qui han provato a valorizzare con opere pittoriche e ricostruzioni di ambienti domestici.
Dal parapetto della piazzetta, un tempo vita centrale del paese, ci affacciamo per rubare tre limoni da spremere nelle borracce, nella speranza di non ve**re impallinati dal fattore.
Quando il coltello affonda nella buccia, si sprigiona tutto il profumo intenso e aspro della Sicilia.
Santa Margherita è poco oltre. Qui le tracce di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e del suo Gattopardo, sono ovunque.
La trasformazione della vita e della società nel passaggio dal Regno Borbonico all’unita del Regno d’Italia sembrano quasi vivere lo stesso dramma del passaggio dalle borse laterali al bike packaging. Cambia tutto ma nella sostanza, l’essenza e il carattere che ci portano a caricarci del superfluo restano immutati.
Ancora campagna fino all’ultima devastante salita che ci porta nel centro di Sambuca a fine tappa.
A lato strada una ragazza in tenuta da ciclo viaggio ci saluta. Ci fermiamo per due chiacchiere che poi diventano un aperitivo nel bar “check point” del paese.
Slovacca di Bratislava, viaggia da sola, in direzione contraria alla nostra, leggera senza quasi bagaglio. Ride osservando le mie borse gonfie di cose che probabilmente non userò mai.
Parla un italiano fluente frutto di una vecchia ferita d’amore.
Racconti ed esperienze e il tempo vola.
Vuol riprendere la strada per avvicinarsi il più possibile a Palermo. Ci salutiamo scambiandoci contatti per seguirci a distanza.
La doccia bollente ci rigenera in attesa della cena. Appena usciti chiamo Giuseppe con l’idea di mangiare qualcosa insieme. Ci chiede di raggiungerli perché hanno appena incontrato Katarina.
Il gruppo si espande e la serata trascorre piacevole tra aneddotti di cani aggressivi (che noi per fortuna non abbiamo incrociato) e suggerimenti e modifiche alle tappe che ci aspettano.
La magia degli incontri casuali che trasformano il viaggio nel qui ed ora e ti trasformano.

1* tappa Trapani-Gibellina70km+10 di bonusSveglia all’alba con sorpresa. Un catenaccio blinda le nostre due biciclette i...
28/03/2023

1* tappa Trapani-Gibellina
70km+10 di bonus

Sveglia all’alba con sorpresa. Un catenaccio blinda le nostre due biciclette insieme ad una delle due dei ragazzi tedeschi che alloggiano nel nostro stesso B&B. Breve smarrimento iniziale che risolviamo chiamando il nostro albergatore. Le aveva legate lui per scrupolo dato che erano in bella vista attraverso la porta a vetri dell’ingresso.
Ci prepariamo velocemente e dopo una leggera colazione iniziamo finalmente il percorso. Lasciamo indietro i due compagni improvvisati che devono fare una sosta tecnica da Decathlon e proviamo a mettere un po’ di strada tra noi e loro, giusto perché non siamo competitivi.
Attraversiamo nuovamente le saline viste il giorno prima e poco dopo lasciamo la provinciale abbastanza trafficata seguendo le indicazioni della traccia scaricata sul Garmin.
Improvvisamente il silenzio.
La giornata è perfetta per pedalare. Il sole scalda ma una leggera brezza tiene basse le temperature.
Giungiamo rapidamente a Paceco, piccolo borgo antico rurale sulla cui piazza principale troviamo un monumento in ricordo di Mauro Rostagno, giornalista vittima della Mafia.
La strada scorre veloce. Rare auto interrompono momentaneamente il silenzio della campagna che si estende a perdita d’occhio. Dopo la diga Baiata, un invaso circondato da un folto bosco, la strada inizia a movimentarsi con qualche piccolo strappo.
Le gambe, stranamente nel mio caso, girano bene e ci manteniamo in linea con le nostre medie abituali.
Due ragazzi stranieri escono dai campi che hanno appena finito di lavorare. Un sorriso a 36 denti. “Bon giorno e bon viagio”
Le gambe, leggere come il cuore, spingono di più .
Dopo una quarantina di chilometri, ennesima sosta fotografia e veniamo raggiunti dai due compagni di viaggio teutonici alla velocità della luce.
Colazione dopo di noi, sosta decathlon, foratura da riparare…ed hanno impiegato la metà del tempo per fare la nostra strada. Li salutiamo con l’idea di rivederli a Gibellina la sera e in poco tempo scompaiono all’orizzonte.
Odio le salite. Arranco a velocità da camminata e mi manca il fiato.
Ma amo le salite al pensiero della discesa successiva. La sensazione che mi da la bicicletta quando da sola accelera ad oltre cinquanta/sessanta all’ora è impagabile.
Continuiamo a viaggiare nel nulla. Sembra di tornare indietro nel tempo. Ci rivitalizzano i frequenti cane pastore, molossi da almeno 50kg, che ci festeggiano ogni volta che passiamo sul loro territorio mostrando denti aguzzi e voce tonante. Fingiamo disinvoltura, rallentando ed evitando di guardarli negli occhi ma vorremmo avere un motore tra le gambe con cui scappare lontano.
Dopo impegnativi strappi in salita ci accoglie Vita, un ossimoro di paese che porta ancora i segni del terremoto del 68. I primi vicoli che ci accolgono hanno ai lati case lesionate ed abbandonate.
Nessuno per strada. Ci fermiamo per pranzo al bar del corso, uno dei punti certificati della Sicily Divide in cui rimediare uno dei timbri di controllo.
Sfiziosità locali mangiate al tavolino all’aperto, condite da due parole col titolare.
Curioso delle nostre storie, ci racconta con profonda amarezza dello spopolamento del suo paese. I figli altrove a cercare lavoro e nessuna prospettiva di sviluppo. Ci saluta rassicurandoci sul fatto che oramai, fino a Gibellina, è tutta discesa.
Non so perché ma mi pervade un senso di inquietudine. Ogni volta che nei viaggi passati provavano a rassicurarci in tal modo, abbiam sempre sputato l’anima.
Il navigatore ci porta ad uscire dal paese ignorando la provinciale e infilandosi ancora una volta tra ulivi, vigne e agrumeti. Improvvisamente un muro. La strada schizza verso l’alto repentinamente. Simone a metà perde il piede e si ferma. Io tento la scalata ma quando sto quasi per scollinare, le gambe si induriscono di botto e scendo di sella tra le risate di Simone.
Un contadino ci osserva passare.
“Dove andate?” - “Salemi” , con voce enfisematosa. Ci fa notare che dall’altra parte c’era un comoda provinciale in discesa che aggirava la collina. “Si ma questa è panoramica”
Il suo “contenti voi” ci fa esplodere in una risata fragorosa.
Conosce Brescia per essere stato con la moglie ricoverata presso il nostro ospedale. Quando gli raccontiamo che anche noi lavoriamo lì, ci ringrazia per il lavoro e ci augura buon viaggio.
Salemi , città passata dai Romani, Arabi e Normanni, è un miscuglio di caratteristiche che la rendono decisamente affascinante. Ci perdiamo tra i suoi vicoli curati e puliti prima di buttarci a capofitto verso l’ultima tratta della giornata.
Complice la velocità e la luce tesa che rende difficile leggere lo schermo del navigatore, sbagliamo un bivio e ci accorgiamo dell’errore solo dopo cinque o sei chilometri di strada. In auto non sarebbe un problema ma qui vuol dire perdere almeno un’ora di strada. E a fine giornata si sente.
La stella del Belice ci accoglie con la sua architettura post terremoto più simile alla vecchia DDR. Opere artistiche disseminate per la cittadina, accentuano il contrasto.
Dopo una cassata siciliana di fine tappa, raggiungiamo il B&B prenotato un paio d’ore prima e troviamo gli altri due ciclisti freschi e riposati ad attenderci sorridenti. Chiacchiere e risate con scambi di impressioni sulla tappa.
Il nostro host ci indirizza in una macelleria nelle vicinanze che appronta due tavolini per divorare i piatti del giorno. Un cannolo fragrante rende catartica la chiusura.
Passi nella notte. Latrati di cani allo stato brado risuonano premonitori di sofferenze future.
Il viaggio è qui.

Indirizzo

Brescia
25128

Telefono

3284755786

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Ciclisti per caso pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi