Dott. Gabriele Bruno Dietista Nutrizionista

Dott. Gabriele Bruno Dietista Nutrizionista Sono Gabriele Bruno, dietista iscritto all'albo nazionale (TSRM), specializzato in Alimentazione e N

23/06/2025

LUNEDI' NEWS 🎊🎊😁
👉Una revisione fa il punto sulla relazione tra diete a base vegetale e rischio di osteoporosi👈

Con l’aumento dell’attenzione verso modelli alimentari sostenibili e salutari, le diete a base vegetale stanno guadagnando popolarità; scelte per ragioni etiche, ambientali o mediche, queste diete sono spesso associate a benefici sulla salute. Tuttavia, resta un punto interrogativo: in che misura eliminare i prodotti di origine animale può influenzare la salute delle ossa? Ha cercato di rispondere a questa domanda una recente revisione della letteratura con metanalisi, condotta da un gruppo internazionale di ricercatori che ha analizzato il legame tra alimentazione plant-based e rischio di osteoporosi: la riduzione della densità minerale delle ossa, che interessa soprattutto i meno giovani e che può portare a fratture, disabilità, fino a un aumento del rischio di mortalità.

L’analisi dei dati di 20 studi osservazionali, per un totale di oltre 243.000 partecipanti con un’età superiore ai 18 anni, ha evidenziato un’associazione statisticamente significativa tra il consumo di una dieta basata prevalentemente su alimenti di origine vegetale (vegana o vegetariana) e l’aumento del rischio di osteoporosi, soprattutto a livello della colonna lombare. L’associazione era meno evidente e non significativa se la valutazione riguardava il collo femorale, indicando comunque una tendenza verso un rischio maggiore per chi escludeva i cibi di origine animale dalla propria alimentazione. In particolare, un’analisi per sottogruppi ha mostrato che la probabilità di avere una densità minerale ossea ridotta rispetto agli onnivori, aumentava per le persone che seguivano diete vegane o una dieta vegetariana da più di dieci anni. L’associazione sfavorevole era più evidente tra gli over 60.

Un motivo plausibile di questa associazione potrebbe risiedere nella potenziale carenza di alcuni nutrienti associata a queste diete: calcio, vitamina D, vitamina B12, proteine di alta qualità e omega-3 sono infatti nutrienti essenziali per il mantenimento della salute ossea, presenti in quantità inferiori o in forme meno biodisponibili nei prodotti di origine vegetale.

Questo studio suggerisce che le diete basate prevalentemente o totalmente su alimenti vegetali, in particolare quelle strettamente vegane, specie se seguite per molti anni, potrebbero aumentare il rischio di osteoporosi, soprattutto tra gli anziani. I fattori positivi che generalmente caratterizzano lo stile di vita di chi segue questi modelli alimentari (maggiore attività fisica, minore consumo di alcol e tabacco) potrebbero attenuare in parte l’effetto sfavorevole associato alla dieta, senza però eliminarlo. Le raccomandazioni degli autori, ma anche delle principali linee guida nazionali e internazionali, sono chiare: una nutrizione plant-based consapevole e ben pianificata può essere compatibile con una buona salute anche delle ossa, prestando particolare attenzione all’assunzione dei nutrienti fondamentali, eventualmente ricorrendo a integratori o alimenti fortificati.

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19/06/2025

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16/06/2025

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09/06/2025

LUNEDì NEWS 🎊

👉Diete a basso tenore di carboidrati o di lipidi e miglioramento della funzione vascolare in soggetti obesi👈

Le diete ipocaloriche a contenuto di carboidrati basso o molto basso sono attualmente molto popolari tra chi desidera perdere peso. Non è tuttavia disponibile in letteratura un preciso confronto tra gli effetti metabolici e sulla funzionalità cardiovascolare di queste diete (low o very low carbohydrate diets, spesso indicate, rispettivamente, come LCD o VLCD) rispetto alle diete più classiche, a basso tenore di lipidi (low fat diets, o LFD). Gli autori di questo articolo, attraverso una revisione sistematica con metanalisi degli studi di intervento randomizzati disponibili in letteratura, hanno confrontato gli effetti di queste due diete su vari indicatori della funzione cardiovascolare (l’obiettivo primario era l’effetto sulla cosiddetta vasodilatazione endotelio mediata, o FMD), la pressione arteriosa e la composizione corporea, in individui sovrappeso o obesi.

Le LCD e le VLCD nei dieci studi analizzati, fornivano, rispettivamente, il 12-33% o il 5-10% delle calorie da carboidrati e il 27-65% o il 60-70% delle calorie da grassi, sempre rispettivamente; le LFD di controllo, invece, fornivano il 46-60% delle calorie da carboidrati e il 20-30% da grassi.

I risultati principali della ricerca, che ha considerato complessivamente 475 soggetti, con BMI compreso tra 32 e 37, indicano che le LCD non migliorano significativamente la dilatazione flusso-mediata (FMD), un indicatore della funzione vascolare in genere ridotto in presenza di sovrappeso o obesità, rispetto alle LFD, mentre le VLCD mostrano addirittura un’ulteriore e significativa riduzione della FMD stessa, con un possibile impatto negativo sulla funzionalità dell’apparato cardiovascolare. Le LCD non mostrano vantaggi significativi rispetto alle LFD nemmeno per quanto riguarda le variazioni del peso e dell’indice di massa corporea (BMI); anche gli effetti sulla composizione corporea (massa grassa o magra e percentuale di grasso corporeo) sono risultati simili tra i due tipi di dieta. Il calo del BMI e del peso è in realtà lievemente maggiore con le LCD nel lungo periodo, ma le differenze rilevate non raggiungevano la significatività statistica.

Per quanto riguarda gli effetti su altri marcatori della funzione e del rischio cardiovascolare, le LCD non hanno indotto cambiamenti significativi della pressione arteriosa, dei livelli plasmatici della proteina C-reattiva, del colesterolo totale o legato alle lipoproteine HDL rispetto alle LFD. Si è osservato invece, sempre nelle LCD, un aumento dei livelli plasmatici delle lipoproteine LDL, non favorevole sul rischio cardiovascolare, e un modesto calo dei trigliceridi plasmatici.

In conclusione, le diete LCD, soprattutto se molto restrittive (le cosiddette VLCD), non sembrano offrire benefici superiori rispetto alle LFD per la salute cardiovascolare o la composizione corporea in soggetti in sovrappeso o obesi. Il loro effetto sfavorevole sulla vasodilatazione flusso mediata e sui livelli del colesterolo LDL inducono a utilizzare questi modelli dietetici con cautela e sotto diretto controllo medico.

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05/06/2025

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02/06/2025

LUNEDI' NEWS 🎉🎊
Speciale_Festa della Repubblica
Alimentazione e controllo dei sintomi dell’osteoartrosi: una revisione sistematica con meta-analisi

L’osteoartrosi è una delle malattie articolari più diffuse al mondo, caratterizzata dalla degenerazione progressiva delle cartilagini articolari e da alterazioni a carico dell’osso che causano dolore, rigidità e perdita di mobilità. A oggi, si stima che circa 600 milioni di persone siano affette da questa patologia; entro il 2050 il numero salirà a quasi un miliardo. Negli ultimi anni la possibilità di utilizzare l’alimentazione, a supporto dei tradizionali approcci farmacologici e fisioterapici, per prevenire o controllare la progressione dell’osteoartrosi ha suscitato un crescente interesse nel mondo medico. Lo conferma uno studio pubblicato nel European Journal of Clinical Nutrition, nel quale gli autori hanno condotto una revisione sistematica con meta-analisi degli studi clinici randomizzati e controllati condotti per valutare l’efficacia di diverse diete nel migliorare il dolore articolare, la funzione fisica e il peso corporeo nei pazienti con osteoartrosi.

Sono stati analizzati 9 studi clinici, per un totale di 898 partecipanti di età compresa tra i 41 e i 72 anni. Le strategie dietetiche analizzate includevano diete a ridotto contenuto energetico, dieta mediterranea, dieta a basso contenuto di grassi, dieta antinfiammatoria, dieta a basso contenuto di carboidrati, dieta integrale a base vegetale.

I risultati mostrano che, complessivamente, le diete considerate hanno determinato una riduzione significativa del dolore articolare. In particolare, la dieta a ridotto contenuto energetico si è dimostrata la più efficace, con una riduzione marcata dei sintomi e un miglioramento significativo nella mobilità e nelle capacità motorie quotidiane. Al contrario, la dieta mediterranea non ha mostrato un effetto statisticamente significativo sul dolore e la funzione fisica. Non sorprende che quasi tutte le diete abbiano contribuito a una riduzione significativa del peso corporeo (MD = –3,18 kg); la perdita di peso è risultata particolarmente efficace osservata per la dieta a ridotto contenuto energetico (MD = –3,13 kg) e la dieta a basso contenuto di grassi (MD = –3,09 kg).

Le evidenze disponibili confermano quindi che le modifiche dietetiche possono avere un impatto tangibile su alcuni aspetti cruciali della malattia osteoartrosica. Tra le varie strategie, le diete a ridotto contenuto energetico emergono come le più efficaci (probabilmente per l’elevata efficacia nel ridurre il peso corporeo, e quindi il carico sulle articolazioni compromesse). La dieta mediterranea non risulta svolgere effetti statisticamente rilevanti sulla riduzione del dolore articolare e sulla funzionalità fisica; questo risultato potrebbe derivare dall’inclusione di pochi studi nella meta analisi, e dall’alta eterogeneità degli effetti rilevati. In conclusione, in un contesto di crescente incidenza dell’osteoartrosi dovuta all’invecchiamento e all’obesità, l’integrazione di interventi dietetici potrebbe diventare una risorsa importante per migliorare la qualità della vita delle persone colpite da questa patologia.

GIOBIA SOSTENIBILE _Speciale 1° maggio_ 👇🎉. E dopo questo, le nostre rubriche si prendono qualche settimana di pausa!Rit...
01/05/2025

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Ritorneranno a fine maggio! 🎊

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28/04/2025

LUNEDi' NEWS 🎉
Celiachia in Italia: prevalenza, spesa sanitaria e il nuovo osservatorio nazionale

L'Italia si conferma all'avanguardia nella tutela dei cittadini affetti da celiachia. Come si legge nella recente Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia per l'anno 2023, il nostro Paese ha compiuto un passo storico, diventando la prima nazione al mondo ad approvare uno screening a livello nazionale per il diabete di tipo 1 e la celiachia destinato alla popolazione pediatrica.

Questa iniziativa, resa possibile lo scorso anno grazie a un fondo stanziato con la legge di bilancio del 2022 e ulteriormente definita dalla Legge n. 130/20234, mira a identificare precocemente i soggetti a rischio, riducendo le complicanze associate a diagnosi tardive o mancato.

Lo screening pediatrico, attualmente in fase pilota in Lombardia, Marche, Campania e Sardegna, prevede un test genetico per l'aplotipo HLA DQ2/DQ8 alla nascita, seguito dalla ricerca degli auto-anticorpi anti TG-IgA e anti-TG-IgG tra i 5 e i 7 anni nei soli soggetti positivi al test genetico. Questa strategia si affianca al tradizionale approccio del "case-finding", basato sulla valutazione di sintomi, familiarità e comorbidità per indirizzare i test diagnostici.

La celiachia in Italia è riconosciuta come malattia cronica e sociale. Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) eroga mensilmente un budget per l'acquisto di prodotti specificamente formulati per celiaci, presenti in un apposito Registro nazionale. Nel 2023, la spesa complessiva del Ssn per supportare la dieta dei celiaci ha raggiunto circa 250 milioni di euro, con una spesa media pro-capite di € 942,171. Il numero totale di celiaci in Italia, al 31 dicembre 2023, ammontava a 265.102 persone, con una prevalenza nazionale dello 0,45%. Si conferma una netta prevalenza nel sesso femminile, con un rapporto di 2:1 rispetto ai maschi.

Oltre al sostegno economico per la dieta, il Ssn prevede un ulteriore contributo destinato alle Regioni per promuovere la formazione degli operatori del settore alimentare e l'adeguamento delle mense annesse alle strutture pubbliche, al fine di garantire l'accesso a pasti senza glutine. Nel 2023, sono stati organizzati 734 corsi di formazione con la partecipazione di 17.410 operatori. Per l'anno finanziario 2024, sono stati stanziati complessivamente € 885.430,32, di cui una parte destinata ai pasti senza glutine (€ 324.949,31) e una parte alla formazione (€ 560.481,01).

La normativa italiana sulla celiachia ha una lunga storia, evolvendosi nel tempo per garantire sempre maggiore tutela ai pazienti. L'istituzione dell'Osservatorio nazionale sul diabete di tipo 1 e sulla celiachia presso il Ministero della salute, previsto dalla Legge n. 130/202331 rappresenta un ulteriore passo avanti. L'Osservatorio avrà il compito di studiare le risultanze dello screening, le nuove evidenze scientifiche e le innovazioni diagnostico-terapeutiche, con l'obiettivo di aggiornare costantemente il programma di screening e migliorare la gestione della celiachia nel Paese. (n.m.)

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24/04/2025

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21/04/2025

LUNEDI' NEWS! -Speciale Pasquetta-
🎊🥹🎉

Psicobiotici: cosa sono?👈👈

Il microbiota umano rappresenta l’insieme di diversi trilioni di microrganismi presenti all’interno del nostro organismo e sul nostro corpo, rappresentati da batteri, funghi, protozoi e virus, che convivono con il nostro sistema in maniera simbiotica e sono presenti in tutti i tessuti che si interfacciano con l’esterno, come la pelle, il cavo orale, il sistema respiratorio, il tratto urogenitale e, soprattutto, nell’intestino, in particolar modo il colon.

La relazione simbiotica tra microrganismi e ospite inizia già al momento della nascita, tanto che l’insieme corpo umano e microbiota viene considerato un olobionte, ovvero un’unità ecologica funzionale che comprende sia la specie ospite sia il suo microbiota simbiotico. L'ospite fornisce l'habitat e i nutrimenti mentre i microrganismi ricambiano il favore con vari benefici significativi. Molti fattori possono influenzare la composizione del microbiota nella prima infanzia e nel corso della vita, tra cui infezioni, modalità del parto, l’uso di farmaci antibiotici, la natura dell'alimentazione, i fattori di stress ambientali e la genetica dell'ospite.

I microrganismi che compongono il microbiota intestinale (MI) rivestono un ruolo fondamentale nella digestione, fermentazione e assorbimento di numerosi nutrienti e metaboliti come carboidrati, lipidi, proteine (e aminoacidi), producendo metaboliti secondari come gli acidi grassi a catena corta (SCFA), che vengono utilizzati come fonte energetica diretta.

Negli ultimi 20 anni si è assistito all'emergere del microbiota come uno dei principali regolatori della funzione intestino-cervello. Il cervello si connette con l'intestino tramite comunicazioni bidirezionali attraverso vie neuroendocrine, vie neuro-immunitarie e direttamente attraverso il nervo vago. Questi percorsi di collegamento sono strettamente regolati dal MI e insieme formano l’asse microbiota-intestino-cervello (microbiota–gut-brain axis, MGB). La comunicazione bidirezionale dell'asse MGB è tale che i cambiamenti nella composizione del MI possono influenzare il comportamento umano e, viceversa, le alterazioni comportamentali possono alterare il MI. Questo asse sta assumendo sempre maggiore considerazione nei campi che studiano le basi biologiche e fisiologiche dei disturbi psichiatrici, neuroevolutivi e neurodegenerativi.

Nel 2013, Ted Dinan e colleghi hanno definito con il termine di "psicobiotici" una nuova classe di probiotici con potenziali capacità nel trattamento delle malattie psichiatriche, aprendo la strada a una nuova area di ricerca, la intersezione tra microbiologia e neuroscienze.

Gli psicobiotici sono definiti come batteri vivi (probiotici) che, se ingeriti in quantità adeguate, possiedono effetti positivi sul sistema nervoso, attraverso un'interazione con i batteri intestinali. L'effetto psicobiotico dei batteri si verifica attraverso tre meccanismi principali e distinti: influenzando la risposta dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) allo stress, riducendo l'infiammazione sistemica, tramite un effetto sul sistema immunitario, e producendo composti neuroattivi come neurotrasmettitori, proteine e acidi grassi a catena corta.

Gli psicobiotici possono regolare diversi neurotrasmettitori, tra cui l'acido gamma-amminobutirrico (GABA), la serotonina, la dopamina, la noradrenalina, il glutammato e il brain-derived neurotrophic factor (BDNF), che svolgono un ruolo importante nel controllo dell'equilibrio neuronale eccitatorio/inibitorio, coinvolto nella regolazione dell'umore, delle funzioni cognitive, dei processi di apprendimento e memoria. Alcuni ceppi di Lactobacillus spp. e Bifidobacterium spp., come Lactobacillus brevis, Bifidobacterium dentium e Lactobacillus plantarum producono GABA e serotonina mentre ceppi di Lactobacillus, come L. plantarum e Lactobacillus odontolyticus producono acetilcolina. La somministrazione di Lactobacillus plantarum PS128 ha dimostrato di ridurre significativamente l'infiammazione e i livelli di corticosterone e i comportamenti simili ad ansia e depressione nei test murini.

20/04/2025

BUONA PASQUA A TUTTI! 🎉😁

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