Dott. Vito Rodio, Psicologo Clinico, Psicoterapia Umanistica/Bioenergetica

Dott. Vito Rodio, Psicologo Clinico, Psicoterapia Umanistica/Bioenergetica Dott. Vito Rodio, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta ad indirizzo UMANISTICO/BIOENERGETICO

Un grande ringraziamento a Franca Mianiper tutto il vostro supporto! Congratulazioni per essere i fan più attivi da dive...
18/09/2025

Un grande ringraziamento a Franca Miani

per tutto il vostro supporto! Congratulazioni per essere i fan più attivi da diverso tempo 🔥!

17/09/2025

“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.”
(Dalai Lama)

LA PAURA NON CI ABBANDONA MAISentirsi dire che la paura non ci abbandona mai può farci ba***re il cuore più velocemente,...
01/08/2025

LA PAURA NON CI ABBANDONA MAI

Sentirsi dire che la paura non ci abbandona mai può farci ba***re il cuore più velocemente, facendoci sentire piuttosto ansiosi. È una reazione naturale, o quantomeno comprensibile. La società in cui siamo cresciuti ci ha insegnato a rifuggire le paure senza affrontarle. Ma soprattutto ci ha insegnato a prevenirne la comparsa anche nelle situazioni in cui non è detto che si presentino.

Questa sensazione che noi etichettiamo come “negativa” è sempre presente in noi. Per quanto desideriamo e tentiamo di evitarla, è impossibile farne a meno, infatti la paura ha una funzione fondamentale per la nostra sopravvivenza. Grazie a essa, entriamo in stato di allerta per affrontare i problemi. Per questo motivo la paura non ci abbandona mai.

Qualche millennio fa, la paura tornava particolarmente utile agli uomini in quanto i pericoli erano sempre dietro l’angolo. Oggigiorno, invece, le nostre vite sono piuttosto tranquille e anche le nostre paure sono cambiate. Ma il modo in cui sono cambiate ha le ha rese non adattive. Vale a dire che raramente si presentano quando ci troviamo in situazioni di reale pericolo.

La nostra vita è davvero in pericolo quando dobbiamo tenere un discorso in pubblico? Moriremmo se il nostro partner ci lasciasse? Le paure che emergono in queste situazioni sono definite disadattive. Non si tratta di reali timori. Non ci troviamo in pericolo. Sensazioni di questo genere anziché aiutarci, finiscono per limitarci.

Le nostre paure saranno anche diverse, ma ci sono cose che non cambiano mai. I timori ci spingono ad agire, a non starcene in silenzio e a cambiare direzione. Tuttavia, al giorno d’oggi permettiamo essi di paralizzarci. Questo atteggiamento, un tempo, ci avrebbe provocato la morte.

I cambiamenti ci permettono di crescere

Le paure non scompariranno mai del tutto perché ci avverranno sempre dei cambiamenti nella nostra vita, che siano voluti o meno poco importa. Per esempio, quando intendiamo avviare un’ attività tutta nostra, avremo paura di non avere successo, di non ottenere i risultati sperati, di fallire e di diventare oggetto di scherno per tutti gli altri. Ma questo è un bene, perché vada come vada, ci permetterà di avanzare e crescere.

Il vero problema arriva quando ci rifugiamo dietro le paure e non intendiamo affrontarle. È in quel momento che ci nascondiamo nella nostra zona di comfort, senza correre rischi e senza avere il coraggio di fare qualsiasi cosa che non sia fonte di sicurezza.

Questa situazione, col tempo, ci porterà a sentirci intrappolati in un punto morto, privi di obiettivi. Iniziamo a ipotizzare ciò che potrebbe succedere, senza sapere con certezza se succederà o no. Con la testa occupata da questi pensieri, finiamo per starcene fermi, senza fare niente, mentre passano le ore, i giorni e gli anni.

Bisogna ammetterlo, la zona di comfort è un porto sicuro e quando ci siamo dentro ci sentiamo bene. Ma talvolta, diventa altamente invalidante. Se fosse un giardino, probabilmente in essa non crescerebbero nemmeno gli arbusti. Il motivo per cui ci tenta così tanto risiede nel fatto che ha la capacità di farci sentire bene e male allo stesso tempo. Al suo interno ci sentiamo sicuri e tranquilli. Ciononostante, ci sentiamo come se stessimo sprecando il nostro tempo lasciandoci sfuggire molte opportunità.

Le persone che si fanno prendere dal panico in vista dei cambiamenti solitamente invidiano quelle che amano correre rischi e uscire dalla loro zona di confort con una certa frequenza. C’è una vocina dentro di loro che in quei momenti grida: “Fa’ qualcosa!” oppure “ricorda che anche tu hai sogni e desideri da inseguire, avverali!”. Per un momento, è anche probabile che sentano uno slancio, che fantastichino su come entrare in azione. Ma di fatto, poi, finiscono per rimanere fermi senza far nulla.

La paura non ci abbandona mai, quindi sfruttiamola a nostro favore
Sebbene proviamo a fuggire, la paura non ci abbandona mai. Ci sarà sempre una situazione capace di coglierci alla sprovvista e di stravolgere la nostra routine. È proprio allora che la nostra zona di comfort inizia a vacillare, ma questa è solo un’opportunità per prendere finalmente una decisione. Dato che la paura non sparirà mai del tutto, cosa potrebbe esserci di meglio che usarla a nostro favore?

Quando vi sentite paralizzati pensate che tutto quello che desiderate si trova dall’altro lato delle vostre paure. Siete disposti a rinunciare ai vostri sogni?

Per riuscire ad affrontare le paure, potrebbero tornarvi utili i consigli indicati qui di seguito. Anche se sembrano banali, quando ne abbiamo bisogno non riusciamo a metterli in pratica. Ciononostante, se vogliamo dire basta alle paure che ci limitano, servirci di questi semplici consigli quando si presentano può garantirci risultati diversi da quelli a cui siamo abituati.

Se le paure vi limitano, non fermatevi a pensare, agite! Quando queste sensazioni vi limitano, ad esempio se dovete parlare in pubblico, dovete smettere di rimuginarci su. La mente è uno strumento potente nelle nostre mani. Fate di tutto per bloccare i pensieri negativi e senza rifletterci troppo, agite. Una volta presa in mano la situazione, noterete con che la facilità svaniscono le paure.

Servitevi delle paure per superare i vostri limiti. Se qualcosa vi spaventa, utilizzate quest’emozione per riuscire a fare comunque quella cosa. Se a spaventarvi è l’idea di avviare un’azienda tutta vostra, sfruttate la paura per cercare di formarvi di più e per muovervi alla ricerca di opportunità che vi facciano sentire sicuri. Una buona idea potrebbe essere quella di parlare con persone che potrebbero aiutarvi, trovare nuovi soci, ecc…

La paura non ci abbandona mai, non scompare mai del tutto; pertanto è meglio imparare a considerarla un’alleata. Persino nei momenti più difficili, quest’emozione può tornarci utile per cambiare rotta e renderci conto che esistono diverse opzioni. Ricordate che anche se crescerete e migliorerete, le paure saranno sempre lì. Tuttavia, anziché lasciare che vi fermino, potete far sì che vi stimolino a continuare.

PERCHE' CADIAMO NEL VORTICE DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA? Perché cadiamo nel vortice della dipendenza affettiva?Può succed...
24/07/2025

PERCHE' CADIAMO NEL VORTICE DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA?

Perché cadiamo nel vortice della dipendenza affettiva?
Può succedere a tutti. Indipendentemente dal fatto di essere uomini o donne, giovani o adulti, a tutti può capitare di ritrovarsi nel vortice della dipendenza affettiva. A volte siamo convinti che una cosa del genere non ci accadrà mai, ma forse nemmeno le persone che vivono questi rapporti dipendenti pensavano di finire in un pozzo di acqua così amara.

Prima di adottare una posizione radicale con queste affermazioni o pensieri, dunque, facciamoci una domanda: cosa ci porta ad iniziare una relazione di dipendenza? Cosa si prova in un rapporto del genere? Come facciamo a renderci conto che siamo finiti nel vortice della dipendenza emotiva?

Se sappiamo già qualcosa delle relazioni di dominazione-dipendenza, forse ci rendiamo conto più facilmente di trovarci in un rapporto disfunzionale e questo può darci la forza necessaria a cambiare la situazione. Dall’altro lato, possiamo capire quando gli altri stanno vivendo un rapporto di dipendenza e cercare di avvertirli con prudenza.

Cosa spinge ad iniziare un rapporto di dipendenza?

Tutti abbiamo delle aspettative su noi stessi, sul nostro futuro e sul partner che vorremmo avere accanto e ci piacerebbe che venissero soddisfatte. Queste idee sono influenzate dalle credenze sociali e culturali. Nel nostro caso, abbiamo imparato che per essere felici bisogna avere un partner e dargli importanza al di sopra di ogni altra cosa (Castelló, 2006). Cerchiamo di continuo rapporti di coppia che ci completino, che compensino le nostre carenze. Cerchiamo fuori, invece di guardarci dentro. In questo modo, però, non possiamo essere noi stessi al 100%, alimentiamo le nostre paure e ci aspettiamo che siano gli altri ad aiutarci.

Se non ci sentiamo abbastanza noi stessi, allora dipendiamo dall’altro e se dipendiamo dall’altro, non siamo liberi.

Villegas

D’altra parte, il modo in cui stabiliamo legami affettivi è condizionato da come abbiamo vissuto la fase dell’attaccamento durante l’infanzia (Guix, 2011). Ad esempio, se i nostri genitori sono stati iperprotettivi, allora saremo insicuri e cercheremo solo persone che ci proteggano. Se, invece, non abbiamo avuto alcun legame affettivo, cercheremo disperatamente qualcuno che ci dia l’affetto di cui abbiamo bisogno.

Il tipo di rapporto che abbiamo osservato tra i nostri genitori è un altro fattore che influenza le nostre relazioni di coppia. Ad esempio, se abbiamo assistito ad una relazione di dominazione e dipendenza, in cui sembra che si può amare ed essere maltrattati allo stesso tempo, allora stabiliremo facilmente una relazione del genere con il nostro partner, perché ne conosciamo i meccanismi di base.

Ad ogni modo, l’ideale sarebbe evitare di cercare l’altra metà della mela che ci completi, perché non esiste. In realtà, ognuno di noi è completo e responsabile della propria felicità. Inoltre, dovremmo stabilire noi stessi i criteri quando si tratta di scegliere come relazionarci con il partner, senza lasciarci condizionare (troppo) dai modelli che conosciamo. È importante avere ben chiaro cosa vogliamo e cosa non vogliamo in una relazione.

Cosa si prova in una relazione di dipendenza?

Quando viviamo un rapporto di dipendenza, non possiamo essere noi stessi, ci sentiamo limitati o annullati, sempre pronti a compiacere o a non far arrabbiare il partner. Siamo ansiosi, diffidenti, colpevoli, impauriti. Sono tutti “sintomi” che possono essere attribuiti ad una scarsa autostima, al pensiero di non valere nulla o di essere inferiori al partner, al fatto di aver eccessivamente bisogno dell’altro o di aver paura della solitudine.

Se non siamo noi stessi, se viviamo solo in funzione dell’altro, se siamo il suo riflesso, allora la nostra autostima dipenderà dal fatto che ci arrivi o meno la sua luce. Come la luna che, quando non riceve la luce del sole, è come se non esistesse.

Villegas

In un rapporto tossico, inoltre, solitamente sopportiamo più del dovuto: commenti sgradevoli che ci sminuiscono, sguardi o silenzi di rimprovero, l’invasione dell’intimità e della privacy, domande che rivelano la volontà di un controllo costante, bugie… Possiamo anche arrivare a sopportare aggressioni verbali e fisiche. Talvolta l’idealizzazione del partner ci spinge a giustificare il suo comportamento (stanchezza, nervosismo, fa il meglio che può, ecc.) e pensiamo che le cose prima o poi cambieranno. Altre volte è il precipizio che immaginiamo essere fuori dal rapporto a frenarci.

Come rendersi conto di essere finiti nel vortice della dipendenza emotiva?

Non è facile capire di avere una relazione di dipendenza emotiva, ma ci sono sempre dei segnali che riflettono questa disfunzione, come le emozioni, ad esempio. Le nostre emozioni ci mostrano quando un rapporto non sta andando come dovrebbe. In una relazione sana, infatti, non proveremmo paura o sofferenza.

Le emozioni rivelano i problemi in modo che la ragione li risolva.

Greenberg

Quando siamo presi da un rapporto amoroso, è facile perdere la prospettiva e vedere solo ciò che piace del partner. Di fatto, non vediamo ciò che non siamo disposti a vedere e spesso ce ne rendiamo conto quando è già passato un po’ di tempo (Grad, 2015). Per questo, è importante ascoltare e considerare (non seguire in maniera sistematica) i consigli delle persone che ci conoscono bene. Anche se non ci fa piacere sentirci dire “questa persona non fa per te, dovresti lasciarla”, ritenendo che nessuno sia in grado di capirci… forse non ci stanno dando un consiglio sbagliato.

Perché sopportare un rapporto che ci fa soffrire? Soprattutto quando dovrebbe essere una libera scelta perché consideriamo il partner come una persona in grado di darci appoggio, una fonte di fiducia e di affetto incondizionato. Se i principi alla base del rapporto non sono su questa linea, forse è necessario spezzare la dinamica esistente o riconsiderare la situazione.

Possiamo avere tutti una relazione sana, priva di dipendenza o sofferenza, basata sulla fiducia e sul rispetto. In questo caso, è importante avere chiaro che noi abbiamo la nostra parte di responsabilità, in altre parole non siamo responsabili di ciò che l’altro fa, ma solo di ciò che facciamo noi. Se siamo noi i primi a cambiare (reagiamo, chiediamo aiuto, ecc.), allora la situazione cambierà.

Fonti bibliografiche:

Castelló, J. (2006). Dependecia emocional. Características y tratamiento. Madrid: Alianza Editorial.

Grad Powers, M. (2013). La principessa che credeva nelle favole. Come liberarsi del proprio principe azzurro. Casale Monferrato: Edizioni Piemme.

Greenberg, L. S. (2000). Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata. Roma: Sovera Edizioni.

Guix, X. (2011). T’estimo tant! Els estils afectius i la por al compromís. Barcelona: Pòrtic.

Villegas, M. (2011). El error de Prometeo: Psico(pato)logía del desarrollo moral. Barcelona: Herder.

La regola del ghiaccio: una forma mascherata di abuso psicologico La regola del ghiaccio è una risorsa molto utilizzata ...
21/07/2025

La regola del ghiaccio: una forma mascherata di abuso psicologico

La regola del ghiaccio è una risorsa molto utilizzata dalle persone solo apparentemente in possesso di grande autocontrollo e che si vantano di essere più razionali che intuitive. Corrisponde non solo ad un’espressione di violenza passiva, ma anche ad un meccanismo di abuso psicologico. In altre parole, arreca danni molto profondi alla persona che da ne viene colpita.

Vengono chiamati con il nome di “regola del ghiaccio” tutti quei comportamenti che hanno come obiettivo ignorare una persona. Vengono messi in pratica in tutti i tipi di relazione: coppia, amici, genitori e figli, familiari, ecc. Implica, a posteriori, l’esistenza di un conflitto. Eppure, in alcune occasioni la vittima di questa condotta ignora l’esistenza di tale conflitto, spesso perché l’altra persona non lo ha mai espresso apertamente.

“Il peccato peggiore verso le nostre care creature non è quello di odiarle, ma di essergli completamente indifferenti: questa è l’essenza dell’inumanità. “

-William Shakespeare-

Alla regola del ghiaccio corrispondono azioni come smettere di parlare a qualcuno, non prendere in considerazione quanto ci dice o fingere di non ascoltarlo; prendere le distanze ed evitare la sua compagnia, come se fosse contagiosa, ignorare le sue richieste o necessità espresse e attuare una qualsiasi condotta che abbia come obiettivo annullare o rendere invisibile tale persona.

Comportamenti di questo tipo sono estremamente nocivi. Non solo denotano immaturità, meschinità e mancanza di intelligenza emotiva, ma possono anche causare gravi effetti nell’altra persona. Costituiscono un intento di controllare e vessare gli altri e, a livello relazionale, non rappresentano nulla di positivo.

La legge del ghiaccio può essere causa di stress emotivo e traumi
La persona che si trova a subire la regola del ghiaccio può arrivare a manifestare sentimenti negativi molto intensi. Ignorare qualcuno equivale a svalutarlo e addirittura annullarlo. Inoltre, tutto ciò peggiora quando si concretizza in un silenzio duro e crudo, che la vittima non sa come interpretare.

Chi viene ignorato sprofonda spesso in sentimenti di tristezza, che finiscono per sfociare in depressione. Oltre questo, prova rabbia, paura e colpa. Ignorare una persona equivale a segnalarla con il dito, ad accusarla, ma non in maniera esplicita. Proprio per questo motivo simili atteggiamenti possono essere considerati meccanismi malati con cui affrontare i conflitti.

La vittima di queste condotte, inoltre, è solita provare una forte angoscia. Non capisce cosa stia facendo di male né perché stia subendo questo trattamento. Vive il momento come se avesse perso il controllo, e questo è causa di forte stress. Questi atteggiamenti, dunque, vengono considerati una forma di abuso nella quale non sono presenti grida né colpe, ma solo tacita violenza.

La legge del ghiaccio causa anche effetti fisici

Diversi studi dimostrano che la sensazione di essere esclusi o ignorati avvi alcuni cambiamenti a livello cerebrale. Esiste una zona chiamata “corteccia cingolata anteriore” la cui funzione è quella di rilevare i diversi livelli di dolore nell’essere umano. Gli studi hanno dimostrato che questa zona del cervello si attiva quando si è vittima della legge del ghiaccio.

Il risultato di ciò è la comparsa anche di sintomi fisici. È molto comune che si presentino mal di testa e problemi digestivi, così come è frequente la comparsa di insonnia e fatica. Se la situazione si presenta in maniera aggressiva e ripetuta, possono sopraggiungere problemi anche più gravi, come l’innalzamento della pressione arteriosa, diabete e perfino malattie come il cancro.

Anche il sistema immunitario ne risente, principalmente a causa delle elevate dosi di stress generate da queste situazioni. Le conseguenze sono molto gravi quando chi applica la legge del ghiaccio è una figura di potere, che si tratti di un professore, un genitore o un capo.

Imparare ad uscire da queste situazioni

A volte la legge del ghiaccio si applica tra due persone che si vogliono molto bene, come i membri di una coppia, due grandi amici, dei fratelli ecc. Alcuni credono che con questo comportamento riusciranno a cambiare uno o più comportamenti dell’altro, o a convincerlo a fare ciò che si vuole. Queste stesse persone sono convinte si tratti di un vero e proprio strumento educativo. Eppure, si sbagliano di grosso. Ignorare l’altro come forma di castigo distrugge la relazione.

A differenza di tante altre tecniche difensive basate sull’insicurezza, questa denota una cattiva gestione della comunicazione. Il silenzio è positivo soltanto quando, a seguito di un momento di grande esaltazione, si rende necessario fare una pausa per evitare di aggravare la situazione. Quando, invece, viene usato come mezzo di controllo o di castigo, diventa un abuso.

Nessuno deve permettere passivamente di essere ignorato, quantomeno senza aver ottenuto una spiegazione per un tale comportamento. Così come nessuno deve avvalersi della legge del ghiaccio per risolvere un conflitto. Quando c’è un problema tra due esseri umani, l’unico rimedio sano è trovare il modo di dialogare col fine di trovare una soluzione. Il silenzio e la distanza non fanno che generare equivoci e, alla fine, non risolvono nulla.

NARCISISTI SI NASCE O SI DIVENTA?Ricerche recenti rilevano un aumento delle persone narcisiste. Gli effetti di questo co...
17/07/2025

NARCISISTI SI NASCE O SI DIVENTA?

Ricerche recenti rilevano un aumento delle persone narcisiste. Gli effetti di questo comportamento sono molto nocivi. Ma a cosa si deve? Il narcisista nasce così o è il tipo di educazione che si riceve a farci diventare narcisisti?

Dato l’impatto che le persone narcisiste hanno sulla nostra società, molti di noi si sono posti questa domanda. Dal punto di vista della psicologia, il disturbo narcisistico della personalità colpisce solo l’1% della popolazione. Tuttavia, esistono diversi sottotipi e tipologie di narcisismo che riguardano una percentuale maggiore di persone.

Aria di superiorità, tendenza alla manipolazione, bassa empatia, comportamenti arroganti, bisogno di ammirazione…
La maggior parte di noi conosce le varie caratteristiche del narcisista.

Dirigenti, colleghi di lavoro, amici e persino all’interno delle coppie…
Vivere con un narcisista può essere dannoso per la nostra salute. Sopravvivere a queste persone dopo essersi allontanati da loro spesso significa dover curare diverse ferite.

Il Dottor Theodore Millon, pioniere dello studio della personalità, evidenziava già ai suoi tempi che questa condotta poteva facilmente crescere all’interno della nostra società. Sottolineava anche che i narcisisti prosociali si adattano meglio. Al contrario, i narcisisti antisociali mostrerebbero più arroganza e aggressività rappresentando un rischio sociale per gli altri.

Perché il Dottor Millon nel suo libro Personality Disorders in Modern Life (Disturbi della personalità nella vita moderna) indicava che il numero di narcisisti sarebbe cresciuto?
Dipende dalla genetica o è forse l’ambiente che ci circonda a determinare un comportamento così dannoso?

Narcisisti si nasce o si diventa?
Alla domanda se narcisisti si nasce o si diventa, la scienza ha una risposta chiara: si diventa.
Da decenni si sospetta che il tipo di educazione impartita ai bambini e il contesto dei social media influiscano sullo sviluppo di questo profilo psicologico. Con il passare del tempo, sembra che sia possibile capire meglio le dinamiche, le situazioni e le circostanze che definiscono questo tipo di personalità.

Nel corso del XX secolo si pensava che un’educazione genitoriale che non mostrava vicinanza, attaccamento e non trasmetteva sicurezza portasse il bambino a sviluppare sentimenti narcisistici.
È stata la psicoanalisi che, in qualche modo, ci ha fatto credere che chi non aveva ricevuto amore durante l’infanzia, in età adulta avrebbe cercato l’approvazione degli altri concentrando tutte le attenzioni, l’affetto e l’ammirazione verso la propria persona.

Il Dott. Eddie Brummelmah e il suo team dell’Università di Utrecht hanno condotto un’interessante ricerca che ha dimostrato un dato ben diverso. Secondo il loro studio, non è la mancanza di affetto da parte dei genitori che genera comportamenti narcisistici, bensì è esattamente il contrario. La iperprotezione, il consenso eccessivo e la mancanza di limiti fanno credere al bambino di essere al di sopra di chiunque altro.

Questo tipo di educazione colloca i bambini su un piedistallo, facendo credere loro che sono degli esseri privilegiati con diritti esclusivi. Gli studiosi hanno anche visto che già intorno ai 7-12 anni è possibile individuare un comportamento narcisistico da parte dei bambini. È in quella fascia d’età, infatti, che emerge il senso dell’Io e la percezione di sentirsi ragazzi o ragazze speciali che meritano più degli altri.

Il pericolo della sopravvalutazione da parte dei genitori

La maggior parte delle persone pensa che i narcisisti siano un prodotto dell’ambiente che li circonda. In questo senso, attribuire tutte le responsabilità ai genitori potrebbe essere motivo di polemica.

È un problema mostrare ai nostri figli che sono amati, che sono speciali e che meritano il meglio?
La risposta è no. In effetti, educare i nostri figli con affetto, con un rinforzo costante e con le migliori attenzioni aumenta il loro benessere.

Il problema risiede nella sopravvalutazione. In altre parole, nel far credere al nostro bambino “che è migliore degli altri e che merita più di chiunque altro”. È proprio qui risiede il problema.

Ma potrebbe subentrare un altro fattore: i genitori possono manifestare dei comportamenti narcisistici. In questi casi, i bambini finiranno per imitare gli stessi schemi mentali dei genitori interiorizzandoli e rendendoli propri, nel bene e nel male.

Narcisisti si nasce o si diventa? Ricordiamo che anche la nostra società educa

Lo psicologo W. Keith Campbell ha scritto un saggio molto interessante intitolato The narcissism epidemic: living in the age of entitlement (L’epidemia del narcisismo: vivere nell’età del diritto). In questo saggio sostiene che prima di tutto bisogna capire che il narcisismo rientra in uno spettro di comportamenti. Alcune persone presentano solo alcune caratteristiche e altre, ovvero l’1%, soffrono di un vero e proprio disturbo narcisistico di personalità.

È importante capire che non sono solo le influenze della famiglia a modellare il nostro comportamento, ma anche la società in cui viviamo esercita un’influenza determinante in tal senso. Negli ultimi anni, inoltre, stiamo assistendo a un aumento del culto dell’Io e alla costante ricerca dei Mi piace per rafforzare il nostro ego e la nostra autostima. In questo scenario si creano dei neo-narcisisti con una frequenza allarmante.

Su un punto dobbiamo essere chiari: i narcisisti non sono persone felici. Non solo causano sofferenza agli altri, ma sono essi stessi eternamente insoddisfatti. Sono persone che vivono tutti i giorni la frustrazione di dover essere sempre al centro dell’attenzione.

Di fronte alla domanda se narcisisti si nasce o si diventa, adesso conosciamo tutti la risposta. Cerchiamo dunque di educare correttamente le nuove generazioni. L’empatia, il rispetto e l’altruismo saranno sempre ottime basi da cui iniziare.

Il lutto non è un attimo. Non è un'ombra che svanisce semplicemente perché il tempo passa. Resta, si trasforma e diventa...
13/07/2025

Il lutto non è un attimo. Non è un'ombra che svanisce semplicemente perché il tempo passa. Resta, si trasforma e diventa un compagno silenzioso per chi ha perso una persona amata. Il mondo vorrebbe credere che il dolore abbia una data di scadenza, che prima o poi svanirà, ma la verità è che la perdita non si limita a portar via qualcuno, trascina con sé anche frammenti della vita di prima, riscrivendo le fondamenta stesse della nostra esistenza.p
Quando qualcuno se ne va, il mondo non si ferma. Il tempo continua a scorrere, la gente va avanti, le stagioni cambiano. Ma per chi resta, tutto cambia. I luoghi un tempo pieni di risate ora risuonano del peso dell’assenza. I momenti condivisi lasciano un’impronta incompleta. Non si piange solo l’assenza si piange la perdita di ciò che è stato, la perdita di tutto ciò che avrebbe potuto essere.
Alcuni chiedono: «Stai ancora soffrendo?» come se il tempo potesse alleggerire l’amore che è esistito. Ma il lutto non è né una corsa né un peso da misurare in giorni o mesi. Si intreccia all’anima, riflesso della profondità di un amore dato e ricevuto.
Eppure, nel cuore stesso del dolore, c’è una resilienza. Una forza silenziosa nel portare con sé i ricordi, nell’imparare a vivere in un mondo che non è più lo stesso. Il lutto non è una prigione, ma un modo per onorare ciò che è stato perso continuando ad andare avanti. È la prova che l’amore non si estingue. Si trasforma.
Lasciate, dunque, che il lutto esista. Che sia vissuto senza vergogna. Non è una debolezza, ma l’eco di un amore che si estende oltre la perdita. Alcuni non capiranno, ma chi sa, riconosce che il lutto non è un rifiuto di andare avanti—è la testimonianza di un amore che non si cancellerà mai.

Anne Dugar

COME IMPARARE A STARE DA SOLI E TROVARE APPAGAMENTOA volte, non sapere come stare da soli può farti finire in relazioni ...
11/07/2025

COME IMPARARE A STARE DA SOLI E TROVARE APPAGAMENTO

A volte, non sapere come stare da soli può farti finire in relazioni dannose. Inoltre, potresti perdere l'opportunità di connetterti con te per soddisfare le tue esigenze.

Il cervello è un organo programmato per i legami e le connessioni sociali. Dobbiamo creare legami e interagire con le persone che ci circondano. Ma il benessere emotivo e neurologico parte anche dalla sottile capacità di imparare a stare soli. E la pienezza sta nel gestire bene entrambe le sfere.

Ma il problema, tante volte, è che non sappiamo stare senza qualcuno al nostro fianco. Dietro questa realtà si nascondono spesso problemi di attaccamento. Se ritieni necessario lavorare su questa dimensione, condividiamo alcune raccomandazioni.

Come imparare a stare da soli

Gli estremi non vanno bene. La pienezza si raggiunge raggiungendo un equilibrio tra l’accettazione della nostra solitudine e l’imparare a vivere in modo sano con le persone che ci circondano. Essere soli è, dopotutto, un rifugio di introspezione in cui bisogna immergersi di tanto in tanto.

Il saper coniugare tempi di socializzazione con tempi di solitudine. Non si tratta di isolarti, ma di deliziarti di quei momenti che hai scelto per stare senza compagnia. Qualcosa di così elementare di solito è difficile per alcune persone ed è per questo che è necessario integrare alcuni strumenti.

Sviluppare una mentalità di cura di sé e autocompassione

Spesso, non sapere come stare da soli ti fa vivere la vita con il “pilota automatico”. Ti limiti a lasciarti andare, al punto da dare priorità ai bisogni e alle decisioni degli altri rispetto alle tue. Una delle motivazioni potrebbe essere che hai il terrore di non circondarti di altre persone, al punto da allontanarti completamente da ciò che desideri, senti e di cui hai bisogno.

Il primo passo per ottenere benessere e qualità della vita è sviluppare un approccio mentale auto-compassionevole. Solo quando inizi a trattarti con affetto e compassione scopri che, di tanto in tanto, stare da solo è catartico e confortante. È un atto di cura di sé con cui ascolti la tua voce interiore, quella che per troppo tempo hai trascurato.

Imparare a stare da soli incoraggia l’introspezione

Per imparare a stare da soli, metti in pratica una meravigliosa funzione esecutiva: l’introspezione.
Dalla psicologia esistenziale si sostiene che la solitudine sia uno spazio ideale per riflettere sui propri scopi e significati vitali.

Attivi questo esercizio di auto-riflessione attraverso varie tecniche. La chiave è concentrarsi su coloro che sono più in sintonia con i tuoi interessi, bisogni e caratteristiche particolari. Vi mostriamo alcune proposte:
Leggere e apprendere: la lettura ti offre nuove prospettive su diversi ambiti dell’esistenza, che potrebbero innescare in te un’introspezione profonda e soddisfacente.
Journaling o scrittura riflessiva: introdurre nella propria routine l’abitudine di scrivere ciò che si sente, si pensa o si sperimenta può portare alla scoperta di sé e a una connessione più profonda con se stessi.
Passeggiate nella natura: passeggiare in un bosco, in montagna, camminare vicino a un fiume, un lago o un ambiente marino, permette di essere più presenti, connettersi con il qui e ora per spegnere il rumore mentale e favorire la calma riflessiva.
Attività artistiche: la pittura, la musica o anche la scrittura di poesie fungono da canali molto arricchenti per esprimere emozioni, connettersi con se stessi e riflettere. In quello spazio di creatività, i piccoli momenti di solitudine sono sempre gratificanti.

Rafforza l’autostima

Molte volte, la paura di restare sole è legata alle persone con problemi di autostima, poiché di solito hanno bisogno di una costante conferma da parte degli altri per sentirsi apprezzati. Pertanto, lavorare sulla tua autostima ti permetterà di acquisire indipendenza e di indebolire la paura di sentirti insufficiente o di temere l’abbandono. Prendi nota di alcune raccomandazioni:

Goditi la tua compagnia: trova attività che ti piace fare da solo, come leggere, fare sport, andare al cinema, ecc. Questo ti aiuterà a sviluppare una relazione più sana con te stesso e a provare piacere nel tempo trascorso da solo.
Autoconvalida: invece di cercare rinforzi esterni, esercitati a riconoscere il tuo valore. Fai un elenco delle tue qualità, risultati e aspetti positivi. Ricorda che il tuo valore non dipende dall’essere accompagnato o dall’approvazione degli altri.
Rafforza la tua autonomia: l’indipendenza emotiva consiste nel poterti sentire realizzato da solo senza dipendere dagli altri per la tua felicità. Coltiva abitudini che ti permettano di provare sicurezza interiore, come la meditazione, l’esercizio fisico o la creazione di obiettivi personali.
Ricorda che il tuo ambiente influenza la tua autostima: chiunque faccia parte della tua vita integra in te narrazioni su come sei. Se sei sottovalutato o svalutato, ciò influenzerà la tua identità e autostima. A volte, allontanandosi dalle figure più scomode, si ottiene libertà, soddisfazione e indipendenza.

Imparare a stare da soli: crea una routine in solitudine

Tieni sempre a mente una cosa: devi stare da solo di tanto in tanto per rafforzare la tua salute mentale, Ciò può aumentare la sensazione di rilassamento e ridurre lo stress.

Idealmente, dovresti stabilire determinati orari durante la giornata in cui stare da solo. A volte basta un’ora o anche solo venti minuti. Questo dipende dalle esigenze di ogni persona. Alcuni fanno jogging, altri fanno yoga, ballano o ascoltano musica. Ci sono molte dinamiche che hanno la virtù di fungere da canali interni per connetterci con te senza paura e senza il bisogno di stare con nessuno.

Pratica la consapevolezza e la solitudine cosciente

La consapevolezza ti consente di ridurre l’ansia associata alla solitudine. Puoi farlo concentrando la tua attenzione sul momento presente, nel qui e ora. Questa antica pratica ti rende più facile entrare in contatto con parti di te stesso che forse non avevi esplorato. Tutto ciò rende più semplice godersi la propria compagnia da un livello più confortevole, concentrato e rilassato.

Metti in discussione le tue convinzioni sulla solitudine

Per imparare a essere solo e a non dipendere da nessuno, sfida le tue convinzioni. Ad esempio, una parte della nostra società crede che essere soli sia sinonimo di essere strani o di fallire. Non dare valore a queste idee e sfidare tali pensieri nel modo seguente:

Analizzalo: “Quello che penso riguardo alla solitudine è vero?” In questo momento ti avvantaggia di più pensare che la solitudine che si sceglie di volta in volta agisce come un esercizio sano e arricchente che dovresti praticare.
Riformulare le idee: “Penso ancora che la solitudine risponda a comportamenti asociali o di rifiuto, che qualcuno sia strano solo per stare con se stesso?” Forse hai bisogno di ricostruire quelle narrazioni che l’ambiente ha integrato in te.
Metti in discussione le tue paure: “È vero, mi sento ancora a disagio ad andare al cinema da solo, perché la gente potrebbe credere che non ho amici o che sono strano”. Il modo migliore per affrontarlo è fare tutto ciò che ti provoca paura. In questo caso, osare andare al cinema o cenare da soli può essere utile.

Comprendi la causa della paura per liberarti

La paura della solitudine ha solitamente un’origine che si rivela in un contesto psicoterapeutico. Pertanto, ti consigliamo di approfondire questa paura per capirla meglio. Spesso, disattivando la radice del problema, si trova la forza per imparare a stare con se stessi senza dipendere dagli altri. Spieghiamo le cause principali.

Paura del rifiuto o dell’abbandono

La paura di restare soli potrebbe essere collegata a esperienze passate di rifiuto o abbandono. Se qualcuno è stato sostituito dalle proprie figure di attaccamento primarie in momenti chiave, può sviluppare la convinzione che la solitudine sia pericolosa o traumatica. Ciò è legato alla teoria dell’attaccamento, la quale suggerisce che le persone che non hanno avuto un attaccamento sicuro durante l’infanzia possono coltivare la paura della separazione.

dipendenza emotiva

La dipendenza emotiva si verifica quando una persona sente di aver bisogno della presenza costante di un altro per sentirsi sicura o completa. Essere senza nessuno al tuo fianco significa perdere l’accesso alle emozioni positive o al sostegno che ottieni dalle tue relazioni, il che può farti paura.

Esperienze traumatiche

Questa paura sarebbe legata anche ad esperienze traumatiche di abbandono, trascuratezza o solitudine forzata durante l’infanzia o in altre fasi della vita. Chi ha a che fare con una lesione traumatica tende ad associare la solitudine al pericolo o alla mancanza di protezione.

Imparare a stare da soli: vuoto esistenziale

C’è chi prova ansia per la solitudine perché questa li mette di fronte e genera un vuoto emotivo o esistenziale. Essere soli può innescare in alcune persone domande profonde sul significato della vita, sull’identità personale o sullo scopo, che trovano scomode o spaventose.

Solitudine scelta e puntuale: un sano esercizio

Imparare a stare da soli è un’abilità essenziale per il benessere emotivo e psicologico. In un mondo che valorizza l’interazione costante e la conferma esterna, la solitudine può essere percepita come qualcosa di negativo. Tuttavia, come già saprai, offre un’opportunità unica di conoscenza di sé, riflessione e crescita personale.

A questo punto, non esitate ad affrontare questa paura. Attraverso l’introspezione, nuove attività o supporto terapeutico, diventerai più resiliente e costruirai una vita più piena ed equilibrata.

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