
18/01/2024
“Tutti abbiamo bisogno di essere incontrati lì dove ci troviamo”. Il bambino che ruota su se stesso, che allinea macchinine, che si dondola freneticamente sulla sedia ci sta dicendo: “io sono lì, puoi raggiungermi senza giudizio? Puoi entrare attraverso la mia porta senza la pretesa di aggiustarmi, ma con il solo desiderio di vedere che mondo nuovo possiamo creare insieme? Perchè da solo non riesco. Ho bisogno di te.”
Dopotutto anche noi adulti funzioniamo così; si pensi alle amicizie o all’amore (sano): ci innamoriamo di chi si accosta al nostro mondo senza pretesa, con la sola sorpresa negli occhi di scoprirci, aiutarci a migliorare senza giudizio e senza la volontà di trasformarci in chi non siamo.
Purtroppo siamo inzuppati nella società della performance, ed è diventato spaventosamente normale esistere in funzione di quello che si fa: “sono bravo se…” “ti amo e ti voglio bene se…” “se stai bravo ti…”. La performance abbatte ogni logica relazionale. La relazione nasce dall’incontro e l’incontro non fa richieste, si ferma, osserva, ascolta e risponde al mio eco. Nondimeno, se ti incontro troppo indietro ti sottovaluto e nego il tuo valore, se ti incontro troppo avanti creo una situazione di potenziale disequilibrio, che può generare stress. Ma se mi accosto lì dove sei, insieme possiamo costruire qualcosa di nuovo partendo da quello che hai: uno sguardo, un sorriso, una manina che si muove…
Ricordiamoci che la disabilità esiste in funzione di un ambiante che la permette, che genera ostacoli e mira ad omologare. Nella stessa concezione ICF, la disabilità viene definita come il risultato di una discrepanza tra le richieste dell'ambiente e le prestazioni del singolo individuo. Abbattere le barriere e abbracciare la diversità significa progettare un ambiente per tutti.