05/05/2025
[ Qualcuno ci ha chiesto se avessimo mai visto uno sc**zofrenico; no, no, non l'abbiamo mai visto.]
Gilles Deleuze e Félix Guattari, da L'Anti-Edipo Capitalismo e sc**zofrenia - Traduzione di Alessandro Fontana
La passeggiata dello sc**zofrenico: un modello migliore di quella del nevrotico sul divano. Un po' d'aria aperta, una relazione con l'esterno. Per esempio la passeggiata di Lenz ricostruita da Büchner. È diverso dai momenti in cui Lenz si ritrova dal suo buon pastore, che lo forza a orizzontarsi socialmente, rispetto al Dio della religione, rispetto al padre, alla madre. Lí, al contrario, è nelle montagne, sotto la neve, con altri dei o senza dio del tutto, senza famiglia, senza padre ne madre, con la natura. «Che vuole mio padre? Può darmi di più? Impossibile. Lasciatemi in pace.»
Lo sc**zo dispone di modi di orientazione che gli son propri, perché dispone innanzitutto d'un codice di registrazione particolare che non coincide col codice sociale o non coincide con esso se non per farne la parodia. Si direbbe che lo sc**zofrenico passi da un codice all'altro, che confonda tutti i codici, in un rapido scivolamento, a seconda delle domande che gli vengono poste, senza dare da un giorno all'altro la stessa spiegazione, senza invocare la stessa genealogia, senza registrare allo stesso modo lo stesso avvenimento, accettando anche, quando glielo impongono e non è irritato, il banale codice edipico, salvo reinfarcirlo di tutte le disgiunzioni che questo codice era fatto per escludere.
Come si è potuto rappresentare lo sc**zo come uno straccio autistico, separato dal reale e tagliato fuori dalla vita? Peggio: come ha potuto la psichiatria farne praticamente uno straccio, ridurlo allo stato d'un corpo senza organi divenuto morto – lui che s'installava nel punto insopportabile ove lo spirito tocca la materia e ne vive ogni intensità, la consuma? E non bisognerebbe porre questo interrogativo in rapporto con un altro, in apparenza assai differente: come fa la psicanalisi per ridurre, il nevrotico questa volta, ad una povera creatura che consuma eternamente papà-mamma, e nient'altro? Come si è potuta ridurre la sintesi congiuntiva dell'«Era dunque questo!» del «Sono dunque io», all'eterna tetra scoperta dell'Edipo «È dunque mio padre, è dunque mia madre...» Non possiamo ancora rispondere a tali questioni. Vediamo solo a qual punto il consumo d'intensità pure sia estraneo alle figure famigliari, e quanto il tessuto congiuntivo dell' «È dunque...» sia estraneo al tessuto edipico.
Laing ha del tutto ragione di definire il processo sc**zo come un viaggio iniziatico, un'esperienza trascendentale della perdita dell'Io che fa dire a un soggetto: «Ero in qualche modo giunto al presente a partire dalla forma piú primitiva della vita» (il corpo senza organi) «guardavo, no, piuttosto sentivo davanti a me un viaggio spaventoso».
La fuga sc**zofrenica stessa non consiste solo nell'allontanarsi dal sociale, nel vivere ai margini: essa fa fuggire il sociale attraverso la molteplicità dei fori che lo rodono e lo trapassano, sempre in presa diretta su di esso, sempre in atto di disporre ovunque le cariche molecolari che faranno saltare quel che deve saltare, cadere quel che deve cadere, assicurando in ogni punto la conversione della sc**zofrenia come processo in forza effettivamente rivoluzionaria. Cos'è infatti lo sc**zo, se non prima di tutto colui che può sopportare «tutto questo», il danaro, la borsa, le forze di morte, diceva Nižinskij, valori, morali, patrie, religioni e certezze private? Tra lo sc**zo e il rivoluzionario c'è esattamente la differenza che passa tra colui che fugge e colui che sa far fuggire ciò che egli fugge, spaccando un tubo immondo, facendo passare un diluvio, liberando un flusso, incrociando una schiza. Lo sc**zo non è rivoluzionario, ma il processo sc**zofrenico (di cui lo sc**zo non è che l'interruzione, o la continuazione nel vuoto) è il potenziale della rivoluzione. A chi dice che fuggire non è coraggioso, si risponde: cosa non è fuga, e investimento sociale nello stesso tempo? Non sussiste scelta che tra due poli, la controfuga paranoica che anima tutti gli investimenti conformistici, reazionari e fascisteggianti, e la fuga sc**zofrenica convertibile in investimento rivoluzionario. Blanchot dice mirabilmente, a proposito di questa fuga rivoluzionaria, di questa caduta che deve essere pensata e condotta come ciò che vi è di più positivo: «Cos'è questa fuga? La parola è mal scelta per piacere. Il coraggio consiste tuttavia nell'accettare di fuggire piuttosto che vivere quietamente e ipocritamente in falsi rifugi. I valori, le morali, le patrie, le religioni e le certezze private che la nostra vanità e la nostra propria compiacenza ci concedono generosamente, sono altrettanti soggetti ingannevoli che il mondo appresta per quelli che credono di tenersi cosí in piedi e in riposo, tra le cose stabili. Non sanno nulla dell'immensa disfatta verso cui vanno, ignari di se stessi, nel brusio monotono dei loro passi sempre più rapidi che li portano impersonalmente con un grande movimento immobile. (Prendiamo uno di quegli uomini) che, avuta la rivelazione della misteriosa disfatta, non sopportano più di vivere nei falsi sembianti del soggiorno. Innanzitutto cercano di assumere su di sé questo movimento. Vorrebbero allontanarsi personalmente. Vivono ai margini... [Ma] la caduta è forse questo, il non poter più essere un destino personale, ma la sorte di ciascuno in tutti»
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Abbiamo scritto L'Antiedipo in due. Siccome ognuno di noi era parecchi, faceva già molta gente. Bisognerebbe parlare come le ragazzine, al condizionale: ci saremmo incontrati, sarebbe successo questo... Due anni e mezzo fa, ho incontrato Felix. Aveva l'impressione che io fossi più avanti di lui, attendeva qualcosa. In realtà io non avevo né le responsabilità di uno psicanalista, né le colpe o i condizionamenti di uno psicanalizzato. Non avevo alcun luogo, questo mi rendeva leggero, e mi sembrava curioso quanto fosse miserabile la psicanalisi. Ma lavoravo unicamente nei concetti, e per di più timidamente. Felix mi parlò di quel che chiamava le macchine desideranti: tutta una concezione teorica e pratica dell'inconscio-macchina, dell'inconscio sc**zofrenico. Allora ho avuto l'impressione che fosse lui in anticipo su di me. Ma, col suo inconscio-macchina, parlava ancora in termini di struttura, di significante, di fallo, ecc. Era giocoforza, dato che doveva tanto a Lacan (come me, del resto). Ma io mi dicevo che sarebbe andata ancor meglio se si fossero trovati concetti adeguati, invece di servirsi di nozioni che non sono neppure quelle del Lacan creatore, ma quelle d'un'ortodossia che si è costruita intorno a lui. Lacan che ha detto: non mi aiutano. Noi lo avremmo aiutato, sc**zofrenicamente. E dobbiamo tanto più a Lacan che abbiamo rinunciato a nozioni come quelle di struttura, di simbolica e di significante, che sono pessime, e che lui, Lacan, ha saputo sempre ribaltare per mostrarne il rovescio.
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L'Anti-Edipo è il primo di due volumi dal titolo "Capitalismo e sc**zofrenia" (il secondo è Millepiani) nato dalla collaborazione tra i due filosofi francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari (quest'ultimo anche psicanalista). Gilles Deleuze e Félix Guattari partono da una critica della psicoanalisi, soprattutto freudiana, accusata di prevaricazione autoritaria in difesa del capitalismo. Dopo aver descritto il funzionamento del desiderio come produzione e "macchina desiderante", analogo al lavoro, gli autori attribuiscono la sua rimozione originaria alla repressione sociale, timorosa del carattere rivoluzionario e sovversivo del desiderio. Passano poi ad analizzare il modo di formazione della struttura edipica nella società primitiva, e giungono a definire il processo sc**zofrenico come limite del capitalismo.
Einaudi ed.