
19/08/2025
💊🧠 CARNITINA E PATOLOGIE NEUROLOGICHE: BENEFICI E RISCHI
La carnitina, e in particolare la sua forma acetilata (acetil-L-carnitina o ALC), rappresenta una molecola di crescente interesse nell'ambito delle neuroscienze per il suo ruolo nel metabolismo energetico cellulare e le sue proprietà neuroprotettive. Questo composto, derivato dall'aminoacido lisina e sintetizzato principalmente nel fegato, nei reni e nel cervello, svolge funzioni cruciali nel trasporto degli acidi grassi a catena lunga all'interno dei mitocondri per la beta-ossidazione. Nel contesto delle patologie neurologiche, l'acetil-L-carnitina ha dimostrato particolare interesse per la sua capacità di attraversare la barriera emato-encefalica e di esercitare effetti specifici sul tessuto nervoso.
L'acetil-L-carnitina esercita i suoi effetti neuroprotettivi attraverso molteplici meccanismi molecolari. La sua struttura chimica le consente di fungere da carrier di gruppi acetilici attraverso le membrane mitocondriali interne, facilitando la produzione di acetil-coenzima A, substrato essenziale per il ciclo di Krebs e per la sintesi dell'acetilcolina. Questo meccanismo è particolarmente rilevante nelle patologie neurodegenerative caratterizzate da deficit colinergico, come la malattia di Alzheimer.
L'azione citoprotettiva dell'ALC si manifesta inoltre attraverso la stabilizzazione delle membrane cellulari, l'incremento della sintesi proteica neuronale e la modulazione dell'attivazione di fattori di trascrizione coinvolti nella sopravvivenza neuronale.
⭕️ Gli studi preclinici hanno evidenziato che l'acetil-L-carnitina può influenzare positivamente il metabolismo energetico neuronale, particolarmente compromesso nelle condizioni neurodegenerative. La molecola dimostra proprietà antiossidanti significative, contribuendo alla riduzione dello stress ossidativo che caratterizza molte patologie neurologiche. Inoltre, l'ALC modula la sintesi di neurotrasmettitori, in particolare dell'acetilcolina, attraverso la fornitura di gruppi acetilici per la sua biosintesi, meccanismo che potrebbe spiegare parte degli effetti cognitivi osservati negli studi clinici.
Le evidenze relative all'utilizzo dell'acetil-L-carnitina nella malattia di Alzheimer presentano un quadro complesso e talvolta contraddittorio. Studi clinici controllati degli anni '90 hanno mostrato risultati promettenti, con miglioramenti significativi in scale cognitive e comportamentali. Tuttavia, una revisione sistematica Cochrane del 2003 ha concluso che "non esistono evidenze di beneficio dell'ALC nelle aree della cognizione, gravità della demenza, capacità funzionale". Questa discrepanza tra i primi studi positivi e le successive revisioni sistematiche riflette la complessità metodologica degli studi clinici in ambito neurologico e le difficoltà nell'identificazione di popolazioni omogenee di pazienti.
🔎 Un'analisi più recente del 2020 ha fornito un aggiornamento critico sulla letteratura disponibile, evidenziando che "diversi studi hanno esplorato gli effetti dell'acetil-L-carnitina nella demenza, suggerendo un ruolo nel rallentamento del declino cognitivo", pur riconoscendo che le evidenze rimangono insufficienti per raccomandazioni cliniche definitive. Gli studi più recenti hanno utilizzato dosaggi compresi tra 2-3 grammi al giorno per periodi di sei mesi fino a un anno, con risultati variabili che potrebbero dipendere da fattori quali il grado di severità della malattia, la durata del trattamento e le caratteristiche individuali dei pazienti.
L'acetil-L-carnitina ha mostrato risultati particolarmente interessanti nel trattamento delle neuropatie periferiche, specialmente quelle associate al diabete e alla chemioterapia. Le neuropatie periferiche colpiscono oltre 4 milioni di italiani, manifestandosi con parestesia, dolore, intorpidimento e perdita della sensibilità. Gli studi clinici hanno evidenziato che l'ALC può ridurre significativamente il dolore neuropatico e migliorare la conduzione nervosa periferica. Il meccanismo d'azione in questo contesto sembra essere correlato alla capacità della molecola di promuovere la rigenerazione assonale e di mantenere l'integrità delle membrane nervose.
🔹 Particolarmente rilevanti sono gli studi che hanno valutato l'efficacia dell'acetil-L-carnitina nelle neuropatie indotte da chemioterapici, dove la supplementazione ha dimostrato di ridurre l'incidenza e la severità dei sintomi neuropatici senza interferire con l'efficacia antitumorale dei trattamenti. Questi risultati suggeriscono un potenziale ruolo preventivo dell'ALC nel mantenimento della funzione nervosa periferica durante trattamenti neurotossici.
L'utilizzo dell'acetil-L-carnitina si estende a diverse altre condizioni neurologiche. L'azione citoprotettiva si è rivelata efficace in corso di patologie neurodegenerative come le neuropatie, la sindrome di Down e la demenza senile. Negli studi sulla sclerosi multipla, l'ALC ha mostrato benefici nella gestione della fatica, sintomo invalidante che caratterizza questa patologia autoimmune. La molecola sembra migliorare il metabolismo energetico dei neuroni demielinizzati, contribuendo al mantenimento della funzione neuronale in condizioni di stress metabolico.
L'interesse per l'acetil-L-carnitina si sta estendendo anche al trattamento dei disturbi dell'umore, con utilizzi per migliorare la memoria e le capacità di pensiero, trattare i sintomi della depressione. Gli studi preliminari suggeriscono che l'ALC possa modulare i circuiti neurali coinvolti nella regolazione dell'umore attraverso meccanismi che includono l'ottimizzazione del metabolismo energetico neuronale e la modulazione della plasticità sinaptica.
⚠️ L'utilizzo clinico della carnitina è complicato dal fatto che la molecola può essere convertita, in vari passaggi, in trimetilammina-N-ossido (TMAO), un metabolita che presenta significativi rischi cardiovascolari. Il metabolismo dovuto ai microrganismi intestinali di L-carnitina introdotta per via orale produce TMAO e accelera l'aterosclerosi. Il processo metabolico inizia con la conversione batterica della carnitina in trimetilammina (TMA) a livello intestinale, seguita dalla sua ossidazione epatica a TMAO attraverso l'enzima flavina monoossigenasi 3 (FMO3).
Studi degli ultimi 10 anni suggeriscono che elevati livelli di TMAO nel sangue sono associati ad un aumentato rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori come infarti e ictus. TMAO esercita i suoi effetti pro-aterogeni attraverso molteplici meccanismi: favorisce il legame tra LDL ossidate e cellule schiumose, influenza il metabolismo di colesterolo e acidi biliari e la secrezione di citochine infiammatorie. Questi meccanismi convergono nella promozione della formazione e progressione della placca aterosclerotica.
La ricerca italiana ha confermato che la TMAO, se elevata, aumenta il rischio di eventi cardiovascolari del 60% circa, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali. Questa evidenza ha importanti implicazioni per l'utilizzo terapeutico della carnitina, richiedendo una valutazione attenta del rapporto rischio-beneficio, particolarmente in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare preesistenti.
👨🏻⚕️ Pertanto l’utilizzo terapeutico dell'acetil-L-carnitina nelle patologie neurologiche richiede una valutazione individualizzata che consideri il profilo di rischio cardiovascolare del paziente, la composizione del microbiota intestinale e la severità della condizione neurologica. L'uso di L-carnitina dovrebbe essere strettamente supervisionato in caso di patologie cardiovascolari, neurologiche, psichiatriche. La selezione dei pazienti candidati alla terapia dovrebbe includere una valutazione dei livelli basali di TMAO e dei fattori di rischio cardiovascolare.
Le strategie di monitoraggio dovrebbero includere controlli periodici dei livelli plasmatici di TMAO, particolarmente nei primi mesi di terapia, per identificare pazienti ad alto rischio di produzione del metabolita. L'integrazione con approcci nutrizionali mirati, inclusa la riduzione dell'apporto di precursori di TMAO e l'ottimizzazione del microbiota intestinale, rappresenta una componente essenziale del protocollo terapeutico. La durata ottimale del trattamento rimane da definire, ma gli studi clinici suggeriscono benefici con trattamenti prolungati di 6-12 mesi.
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📌 PER APPROFONDIRE:
📚 Hudson S, Tabet N. Acetyl-L-carnitine for dementia. Cochrane Database Syst Rev. 2003;(2):CD003158.
📚 Pettegrew JW, Levine J, McClure RJ. Acetyl-L-carnitine physical-chemical, metabolic, and therapeutic properties: relevance for its mode of action in Alzheimer's disease and geriatric depression. Mol Psychiatry. 2000;5(6):616-632.
📚 Sano M, Bell K, Cote L, et al. Double-blind parallel design pilot study of acetyl levocarnitine in patients with Alzheimer's disease. Arch Neurol. 1992;49(11):1137-1141.
📚 Spagnoli A, Lucca U, Menasce G, et al. Long-term acetyl-L-carnitine treatment in Alzheimer's disease. Neurology. 1991;41(11):1726-1732.
📚 Koeth RA, Wang Z, Levison BS, et al. Intestinal microbiota metabolism of L-carnitine, a nutrient in red meat, promotes atherosclerosis. Nat Med. 2013;19(5):576-585.
📚 Wang Z, Klipfell E, Bennett BJ, et al. Gut flora metabolism of phosphatidylcholine promotes cardiovascular disease. Nature. 2011;472(7341):57-63.
📚 Tang WH, Wang Z, Levison BS, et al. Intestinal microbial metabolism of phosphatidylcholine and cardiovascular risk. N Engl J Med. 2013;368(17):1575-1584.
📚 Senthong V, Li XS, Hudec T, et al. Plasma trimethylamine N-oxide, a gut microbe-generated phosphatidylcholine metabolite, is associated with atherosclerotic burden. J Am Coll Cardiol. 2016;67(22):2620-2628.
📚 Roberts AB, Gu X, Buffa JA, et al. Development of a gut microbe-targeted nonlethal therapeutic to inhibit thrombosis potential. Nat Med. 2018;24(9):1407-1417.
📚 Malaguarnera M. Acetyl-L-carnitine in hepatic encephalopathy. Metab Brain Dis. 2013;28(2):193-199.