
29/09/2025
COME IL MODELLO DI CLARK spiega l'ATTACCO DI PANICO
Conosciuto come “il modello del circolo vizioso” del panico, propone che una determinata sequenza di eventi, in una successione circolare, conduca all’attacco di panico. Gli attacchi di panico sarebbero il risultato di “catastrofiche interpretazioni” di eventi fisici e mentali, erroneamente considerati segni di un imminente disastro, quale avere un attacco cardiaco, svenire, soffocare, diventare pazzo, ecc. In questo modello ogni stimolo interno o esterno, giudicato minaccioso, produce lo stato d’ansia e i relativi sintomi somatici associati, che, se sono interpretati in modo catastrofico, producono un ulteriore aumento del livello di ansia, intrappolando l’individuo in un circolo vizioso, culminante nell’attacco di panico.
Quando l’attacco si è verificato, intervengono almeno tre fattori per mantenere il disturbo: attenzione selettiva riguardo alle sensazioni corporee, comportamenti protettivi associati alla situazione, evitamento. Prestare selettivamente attenzione ai fenomeni del proprio corpo provoca un abbassamento della soglia di percezione delle sensazioni e comporta un aumento dell’intensità percepita, conducendo ad una maggiore predisposizione ad attivare il circolo vizioso dell’interpretazione catastrofica. Inoltre, i pazienti sviluppano comportamenti protettivi legati al contesto della situazione in cui si è verificato l’attacco, al fine di evitare le conseguenze temute. Questi comportamenti contribuiscono a mantenere il disturbo in due modi: da un lato, impediscono la possibilità di una disconferma dell’interpretazione erronea, inducendo il paziente ad attribuire il mancato avverarsi della conseguenza temuta al loro utilizzo e non, invece, al fatto che l’ansia non causa drammatiche conseguenze fisiche; dall’altro, in certi casi, alcuni comportamenti protettivi (come i tentativi di controllo del respiro) possono peggiorare direttamente i sintomi somatici e cognitivi e, di conseguenza, rendere più probabile l’avverarsi della situazione temuta. L’evitamento è un fattore di mantenimento del disturbo perché limita la possibilità del soggetto di provare ansia e di scoprire che questa non porta alle catastrofiche conseguenze temute.
Tale modello di matrice cognitivista fa parte del background teorico della psicoterapia Cognitivo comportamentale. Il terapeuta di questo orientamento se ne avvale attivamente per lo studio del caso e per impostare la terapia.
Dott.ssa Elda Corazzin, Psicologa ad indirizzo Clinico
Psicoterapeuta Cognitivo comportamentale
Perfezionata in Psicopatologia dell'Apprendimento
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