
19/07/2025
Ruth Krauss è un’autrice del secolo scorso che ha fatto la differenza nella letteratura per l’infanzia negli anni cinquanta e sessanta del novecento e che è finalmente pubblicata anche in Italia, grazie a Topipittori, Camelozampa e Adelphi.
Ci sono voluti circa sessant’anni per portare Krauss all’attenzione dei bambini italiani: tante generazioni sono state private nell’infanzia delle sue narrazioni, brevi come haiku e sferzanti come il maestrale, uniche nel suo genere e riconoscibili tra mille.
Una torma di ex bambini si trova oggi a recuperare lo sguardo di Krauss sull’infanzia e sul tempo bambino sfogliando i suoi testi per la prima volta; se si è già avanti negli anni, già posseduti dal demonio dell’adultità e del tutto già visto, è un’impresa assumere il punto di vista di Krauss, quello sguardo che è complicità e tuttavia distanza, che osserva ma non interpreta, che si sottrae alla tentazione di spiegare i bambini, sia ai bambini che agli adulti.
Vale la pena compierla questa impresa, vale la pena accostarsi all’opera di Krauss e di provare a far proprio il suo sguardo di sbieco, divertente e divertito.
Krauss racconta soprattutto le relazioni: fa spazio ai detti e ai non detti (spesso magistralmente illustrati, da Crockett Johnson o da Maurice Sendak) incoraggia i suoi personaggi a essere pienamente loro stessi, si fida del loro fare, si schiera, apertamente dalla parte dei bambini e dei genitori che sanno stare al proprio posto, monitorando senza troppe invasioni, di campo e di pagina.
Un seme di carota che è piccino, ma contiene mondi, ci apre questa visione su infanzia e su adultità in meno di cento parole. E ci ricorda che è vietato, vietatissimo, calpestare i sogni.