28/04/2022
Uno dei regali che ci ha lasciato l’evoluzione del nostro sistema nervoso è quello di provare paura. Grazie a quello i nostri antenati sono riusciti a evitare di diventare pasto di animali più grossi e noi riusciamo a salvarci la patente dalle forze dell’ordine.
Purtroppo, questa macchina ben oliata, adattata per tempi molto diversi, può fare cilecca esattamente come il vostro gestionale smette di lavorare quando non dovrebbe farlo.
Spesso si sente parlare insieme di ansia, paure e traumi.
Non sono la stessa cosa: l’ansia è sì un’attivazione da stress ma spesso per un evento futuro o passato, non presente nel mondo reale (o non ancora) . La paura ha tutte le componenti di attivazione da stress dell’ansia ma con un evento esterno specifico.
Le paure possono diventare traumi quando la risposta avviene in contesti non adatti. Come la risposta esagerata per i fuochi d’artificio sfruttata dalla maggior parte dei film post Vietnam, la parte che spesso caratterizza un disturbo post traumatico è l’attivazione fisiologica non consona in contesti non adatti, richiamata spesso da caratteristiche della situazione legate al trauma. Non il massimo.
Ma torniamo alla generica attivazione da stress.
Fondamentalmente è una sorta di riflesso generico e aspecifico, il prezzemolo del rimanere in vita. Se c’è una minaccia, infatti, aumentare il battito cardiaco, l’attenzione e la capacità muscolare va sempre bene. Ancora meglio se riusciamo ad anticipare la minaccia grazie alla memoria.
Il fatto che la risposta sia così generica implica, inoltre, che spesso siamo noi a dover dare un significato, una storia per cosí dire, a quello che la parte più vecchia del nostro cervello ci sta facendo vivere. Detto così sembra robaccia new age, perciò useremo un termine tecnico e inglese come: processo top down (top: la nostra evolutivamente nuova e smagliante city car ibrida corteccia prefrontale e down il vecchio ma affidabile pick up zero elettronica che va dove deve andare a discapito delle aiuole comunali).
Questa risposta è molto utile finchè c’è effettivamente qualcosa da combattere o da cui scappare o per cui immobilizzarsi come la recita scolastica in cui avete fatto l’albero.
Il fatto che siamo molto bravi ad associare le cose significa che possiamo lavorare per un’idea, intenerirci per dell’inchiostro su delle pagine e avere una risposta da stress che ci prepara ad agire per un sacco di cose per le quali non possiamo agire. Questo è bene ma non benissimo.
Immaginate di preparare il vostro corpo per la lotta o la fuga della vita per 5 minuti in cui siete fortunati e riuscite a seminare il conoscente molesto che vi vuole fare entrare in uno schema piramidale di prodotti per la pelle.
Cessato il pericolo tornate tranquilli a rilassarvi.
Avete speso molte energie metaboliche, accelerato il cuore ma avete agito e avete "scalato la marcia" ora.
Ora immaginate di preparare il vostro corpo cosí ma per il mese prossimo perché dovreste esporre un progetto in pubblico e l'ultima volta avete fatto una pessima figura.
Il motore è a 3000 giri, ma voi siete fermi, a pensare a cosa potrà andare storto.
Un panorama molto diverso.
Per combattere questa reazione spesso si può scegliere di agire sulla sintomatologia tramite diversi farmaci che sono mirati ad aumentare diversi tipi di sostanze che interagiscono col nostro sistema nervoso centrale.
Questo non modifica però la storia che abbiamo di quello stimolo, solo le nostre sensazioni.
Ciò che è stato trovato utile per modificare la storia dello stimolo, stimolo di cui abbiamo paura o da cui siamo stati traumatizzati, è l’esposizione a esso, fisica o tramite il linguaggio in un contesto protetto.
Raccontarlo e riviverlo finchè da un’attivazione ingestibile si arriva a provare qualcosa che possiamo gestire senza fatica.
“Grazie al c***o” potrebbero dire alcuni. Ebbene sì. Questa progressiva abituazione porta fisiologicamente ad un abbassamento della risposta se effettuata con le dovute cure.
E’ un po’ come raccontare una barzelletta finchè non fa più ridere ma con la storia peggiore della vostra vita. In questo post sto usando l'ironia per renderlo accattivante e fruibile ma ricordiamo che si tratta, appunto, di un evento traumatico che porta sofferenza nella vita di una persona. Non è assolutamente facile rivivere un episodio del genere.
Un passo in più che in diversi studi sembra rivelarsi necessario è creare una nuova relazione con qualcosa di positivo, nonostante l’evento traumatico. Senza cancellarlo. Cancellarlo non si può.
Un esempio (perché ridiamo sempre delle disgrazie altrui negli spettacoli di stand up comedy finchè non capitano a noi):
Gigi ha un incidente d’auto mentre va a giocare a calcetto con gli amici (si sarebbe comunque rotto il crociato).
La magia della generalizzazione ha inizio e Gigi inizia a non andare più in auto, in bici, a giocare a calcetto e si isola in casa.
Gigi inizia un percorso d’esposizione con il proprio trauma, racconta l’incidente nel dettaglio dopo aver consultato un medico che gli ha consigliato un servizio adeguato, pubblico o privato.
La sua attivazione fisiologica all’inizio è molto alta. In teoria va dallo psicorobo per stare meglio, non per stare peggio. Rivuole i suoi soldi.
Poi si accorge che la sua reazione inizia a diminuire ogni volta che si espone al racconto o allo stimolo.
Il suo trauma inizia a diventare “quell’incidente in auto che ho avuto l’anno scorso mentre andavo a calcetto”.
Gigi ritorna a usare auto e bici perché l’attivazione ora è gestibile MA non è finita qui.
La nuova storia non diventa “ora prendo l’auto” ma “Ora prendo l’auto per andare a fare qualcosa che per me è importante nonostante quello che è successo un anno fa”.
Perché è importante?
Qui diventa un po’ più tecnica la questione:
Le connessioni dei circuiti coinvolti nella reazione di minaccia Amigdala, Ipotalamo, Ipofisi, ecc.) sono prevalentemente eccitatorie. In pratica i neuroni si urlano contro, come in un cantiere a Bergamo. Se l’urlo è abbastanza forte, il neurone dopo urla a quello successivo, così via.
La nostra corteccia prefrontale, in cui le “storie” di cui abbiamo parlato prima vengono formate, invece tende a tappare le bocche, è inibitoria, soprattutto con le parti menzionate prima.
È un po' la parte bacchettona che ci impedisce di fare qualcosa perché, se non prendo ora la caramella, dopo ne avrò due. O perché, se non la prendo, non romperò una regola.
La storia positiva ci serve per diminuire ancora di più la probabilità di un’attivazione non adattiva.
Ho semplificato? Sì, molto.
E’ così semplice? No.
Però è un buon modello di funzionamento.
Inoltre ho esposto solo una parte degli approcci verso questo genere di condizioni.