
18/09/2025
"A 14 anni non si dovrebbe mai pensare di morire.
A 14 anni si dovrebbe solo imparare a vivere."
E invece Paolo ha scelto di togliersi la vita.
Non è stato un gesto improvviso.
È stato il culmine silenzioso di un dolore invisibile, sottovalutato, ignorato.
Ci colpisce la “facilità” con cui oggi i giovanissimi arrivano a pensare al suicidio.
Ma la verità è che non è facile. È disperato.
Quando il dolore supera la soglia del possibile, quando il mondo adulto è lontano, sordo o troppo distratto, la morte può sembrare una soluzione, persino a chi dovrebbe solo pensare al primo bacio, alle risate con gli amici, ai sogni.
A 14 anni si sente tutto con un’intensità nuova, ma si hanno pochissimi strumenti per gestirla.
È lì che dovremmo esserci noi.
Ad ascoltare, ad accompagnare, a contenere un'emotività strabordante, impulsiva che a volte trova in agiti, anche mortiferi, il suo canale di espressione.
Perché a questa età si è ancora immaturi per relativizzare, senza assolutizzare.
Per farsi scivolare da dosso le pretese e le aspettative di un mondo altamente performante e competitivo.
A 14 anni si sente tutto troppo, ma si è ancora immaturi per reggere tutto questo. E quel corpo in trasformazione diventa prigione da cui finalmente liberarsi e non più tempio in cui rifugiarsi.
Per Paolo, Andrea e tutti quei ragazzi che hanno scelto il silenzio eterno per non sentire più il peso di un mondo emotivo lacerante e schiacciante senza più via d'uscita ❤️🙏