Onoranze Funebri D'Aguanno

Onoranze Funebri D'Aguanno Dal 1969,mezzo secolo di cultura funeraria,tramandata con amore passione,dal padre Benedetto,fondatore dell'omonima ditta,al figlio Simone.

06/12/2024

SPINTI DA UN SENSO ETICO DI RISPETTO E VERO AMORE NEI CONFRONTI DEI NOSTRI PELOSONI, IN QUANTO NOI PER PRIMI AMANTI DEGLI ANIMALI CI OCCUPIAMO DEL SERVIZIO DI CREMAZIONE E FORNITURA URNE DEDICATE,DEI NOSTRI "FAMILIARI" A 4 ZAMPE,ANCHE CON RITIRO SPOGLIE A DOMICILIO.

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LA LEGGENDA DEL PONTE
“Giunti alle soglie del paradiso, tutti noi un giorno avremo modo di scoprire che là vicino esiste anche un altro luogo meraviglioso, con verdi prati, fiori d’ogni genere, alberi, colline e ruscelli azzurri come il cielo. Il suo nome è Ponte dell’Arcobaleno, per via dei bellissimi colori che lo caratterizzano. In questo incredibile spazio aperto dove la natura esalta il suo splendore, continuano a correre e giocare i nostri amici speciali, quelli che per il tempo che gli è stato concesso hanno vissuto al nostro fianco e che mai dimenticheremo. Al Ponte Arcobaleno vi trovano tutto ciò che occorre: abbondanza di cibo e d’acqua fresca, il sole che sempre splende, piccole tane, piante profumate da annusare, tanta compagnia… Un paradiso tutto per loro in cui potersi sentire felici e al sicuro. Là, gli amici che hanno concluso la loro permanenza sulla Terra perché vecchi o ammalati adesso sono sani e forti, poiché ogni male viene curato e ogni ferita scompare senza più lasciar traccia.

Ogni animale è davvero felice, sebbene qualcosa in realtà gli manchi: in quel luogo che in vita li aveva accolti, chiamato “casa”, e che sta tanto lontano oltre la linea dell’orizzonte, vi sono ancora molti di coloro che amano e che considerano speciali. La nostalgia per quelle voci, le carezze, i piccoli riti quotidiani, è grande, ma accade che ogni tanto uno di questi animali si fermi all’improvviso, che lasci gli amici del suo grande gruppo, i giochi e le corse, per guardare lontano, verso quella linea, gli occhi attenti, vivaci e luminosi.

Tutti i sensi saranno all’erta, il corpo vibrerà di eccitazione, le zampe faticheranno a star ferme e il cuore palpiterà di impazienza. Poi, con un balzo in avanti, riprenderà a correre senza quasi sfiorare il prato sotto di sé, perché, ti avrà visto e riconosciuto arriverà da te quasi volando, lo raggiungerai senza fatica alcuna, e vi abbraccerete ridendo, consapevoli che niente più potrà dividervi ancora. Ritroverà le tue mani e la tua voce, e tu il piacere di accarezzarlo e di godere del suo affetto incondizionato che tanto ti era mancato, sebbene mai era venuto meno il ricordo di lui, sempre vivo e presente.

E, allora, attraverserai in sua compagnia il Ponte Arcobaleno, che vi vedrà uniti per sempre “.

Dal 1969,mezzo secolo di cultura funeraria,tramandata con amore passione,dal padre Benedetto,fondatore dell'omonima ditta,al figlio Simone.

15/11/2024

Il processo del morire non è sempre breve, né tantomeno semplice o indolore, soprattutto se il moribondo è un malato terminale che ha lottato per anni contro una patologia inesorabile che alla fine reclama la sua vittoria.

Cercare di morire dignitosamente è, però, un diritto inalienabile di ciascun individuo e, sebbene forse ognuno di noi abbia la propria idea riguardo a cosa significhi concretamente morire con dignità, oggi è comunque possibile offrire anche ai malati terminali delle alternative al decesso in ospedale. Alcune persone desiderano morire a casa propria, nel proprio letto, circondate dall’affetto dei familiari e degli amici più intimi, trascorrendo, quindi, gli ultimi momenti che rimangono in un ambiente protettivo che consente di eseguire in totale libertà e tranquillità i rituali della propria cultura o confessione religiosa. Chi, invece, non desidera morire in ospedale ma si sentirebbe a disagio a dipendere completamente dall’assistenza familiare, da alcuni anni può scegliere di entrare a far parte del programma hospice.
Nato negli Stati Uniti negli anni Settanta del secolo scorso come servizio di assistenza dedicata per le strutture a lunga degenza, ad oggi il servizio hospice è particolarmente orientato all’assistenza a domicilio, a supporto del malato terminale e della sua famiglia. In Italia gli hospice sono ancora quasi esclusivamente strutture di tipo residenziale, ma i servizi che andremo a descrivere sono, nella sostanza, gli stessi offerti dai programmi statunitensi.

Alla base del concetto di hospice si trova una filosofia che vede anche nella morte e nel morire un evento naturale come quello della nascita, la conclusione naturale e necessaria di un ciclo che inizia con il parto, per così dire. L’équipe di una struttura hospice è multidisciplinare, cioè è formata da diversi professionisti che afferiscono all’ambito della salute e del benessere psicofisico ed è addestrata specificamente sul fine vita e sulle cure palliative; una delle sue peculiarità è, infatti, quella di mantenere a un buon livello la qualità della vita del malato, cercando, quindi, per prima cosa di alleviarne il dolore fisico e la sofferenza. Un’importante caratteristica degli hospice riguarda l’ambiente in cui i pazienti vengono accolti, che deve essere rasserenante e piacevole, come se fosse una casa; bisogna ricordare, infatti, che non si tratta di una struttura ospedaliera e che le cure che vengono somministrate in queste residenze sono di tipo palliativo: volte, quindi, a prevenire o lenire il dolore e ad agevolare un trapasso il più sereno possibile. Al contempo, negli hospice viene offerto sostegno e supporto psicologico sia al malato che alla sua famiglia, sempre al fine di favorire l’elaborazione dell’imminente trapasso. Trattandosi, appunto, di strutture che forniscono sostanzialmente cure palliative, accoglienza e sostegno, per accedervi è necessario che un medico certifichi che al paziente non resta un’aspettativa di vita superiore ai sei mesi. Gli hospice attuano un approccio olistico, globale, alla persona, un approccio in cui al termine “cura” viene sostituito quello di “prendersi cura”. A questo stadio, infatti, la cura intesa come trattamento (farmacologico, chirurgico ecc.) orientato alla guarigione non è più realisticamente somministrabile (perché non esistono cure adeguate per la patologia in questione o perché il paziente non risponde più ai trattamenti proposti), ma è ancora possibile e doveroso aiutare il malato terminale a vivere serenamente i suoi ultimi giorni e a prepararsi alla morte, così come è possibile offrire sostegno e supporto psicologico e sociale ai familiari che dovranno affrontare un lutto imminente.

Se è vero che l’hospice offre una valida alternativa al decesso in ospedale o al proprio domicilio ma senza assistenza, è altrettanto vero che non tutti i malati terminali desiderano accedervi. Le motivazioni possono essere molteplici, prima fra tutte quella di dover fare i conti con la propria morte imminente, di dover almeno parzialmente elaborare il pensiero della propria dipartita, rinunciando realisticamente a una speranza di guarigione che ormai non è più possibile. La stessa speranza di una guarigione “miracolosa” può essere presente anche nei familiari e negli amici intimi del paziente, che possono, quindi, essere contrari a un suo ricovero in un hospice e spingere invece il malato a tentare ulteriori cure. Anche i medici non sono sempre favorevoli al ricorso all’hospice del proprio paziente perché ciò significa in qualche modo “gettare la spugna”, dichiararsi sconfitti da una malattia che magari si è contrastato e combattuto per molti anni e su diversi fronti, perché la previsione di morte a breve termine non è comunque una certezza, ma soltanto un’altissima probabilità. è doveroso prendere atto che in situazioni così delicate e complesse le decisioni da assumere dipendono da molti fattori e sono del tutto personali. Il fine vita è un ambito su cui si dibatte da molto tempo relativamente a varie questioni etiche, che toccano diverse sfere: da quella biologica a quella psicologica, da quella sociale a quella spirituale; ma forse è importante non scordarci che qualsiasi decisione che abbia a che fare con la propria morte e con il proprio percorso legato al processo del morire, non può che essere personalissima, legata alla propria coscienza e personalità, ai propri valori e non ultimi, alla propria cultura di appartenenza e al proprio ambiente familiare.

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05/11/2024

Come spiegare l’esperienza del lutto a un bambino

Il lutto è l’esperienza emotiva più dolorosa che si possa provare, ancora più forte e devastante se deve essere affrontata da un bambino. Come bisogna agire e quali sono le informazioni importanti da dare a un bambino che ha perso una persona cara? Nella letteratura scientifica sui traumi viene considerato un evento critico che colpisce la vita di ognuno di noi e che porta con sé un’ondata di emozioni negative, le quali generano a loro volta uno squilibrio nella mente della persona che sta attraversando questo difficile momento. Se si pensa a un bambino, la sofferenza che deriva dalla morte di una persona cara, come potrebbe essere la perdita di un genitore, per esempio, risulta essere ancora più forte e devastante. È qui che sorge un’importante domanda: come dobbiamo comportarci in casi di questo tipo? A volte, per il bene del bambino e secondo errate credenze comuni, si pensa che la cosa migliore da fare sia quella di tenerlo lontano e all’oscuro dagli eventi luttuosi che invece lo riguardano in prima persona. Questo comportamento, anche se frutto delle migliori intenzioni, può causare ancora più sofferenza nel bambino che a ogni modo sa, poiché tutto comprende e tutto intuisce. Inoltre, un dolore non affrontato ed elaborato nel momento presente può ripercuotersi con conseguenze negative e patologiche in età adulta.
Dalla sofferenza si esce solo se si entra
In una conferenza cui ho presenziato di recente sul tema è stata usata questa frase che mi piace molto e che vorrei riproporvi per farvi capire il senso di quanto scritto sopra: “Dalla sofferenza si esce solo se si entra”. È evidente come questo sia vero non solo per l’esperienza del lutto, ma anche per tutti quegli eventi negativi che toccano con mano la vita delle persone (divorzi, separazioni, perdite in senso generale). Affrontare eventi negativi e accogliere la sofferenza che ne deriva non vuol dire non essere più felici, perché non è così. In realtà ciò che accade causerà certamente un periodo molto difficile, caratterizzato da momenti di particolare tristezza e vulnerabilità e di altre forti emozioni negative che si presenteranno sotto differenti risvolti, come per esempio quello di un’estrema rabbia, forse sino a quel momento mai provata. Ma saranno costruttivi, in quanto, in seguito, si diventerà consapevoli della propria capacità di resilienza che consentirà di comprendere come noi esseri umani siamo in grado di sopravvivere a qualsiasi evento. Il nostro cervello è una macchina perfetta: elastica, adattabile e plasmabile, dunque fidiamoci di lui e anche di quello di un bambino. Tra l’altro i bambini spesso riescono a reagire agli eventi dolorosi ancor prima degli adulti, poiché presentano un’elevata capacità di resilienza. Tuttavia devono disporre di strumenti adeguati per far fronte a simili esperienze e a quella del lutto nello specifico. Vediamoli ora insieme nel dettaglio.

Vicinanza affettiva di un adulto di riferimento
È un elemento essenziale. L’adulto ha il compito di rassicurare il bambino e di accompagnarlo in questo passaggio di superamento del lutto. Un genitore deve spiegare al bambino che quel dolore che sente è normale e che quelle emozioni che prova sono giuste per il momento che si sta vivendo. Frasi come, per esempio, “non ci pensare, passerà in fretta” sono sbagliate, poiché portano a uscire dal problema senza che venga affrontato e spiegato. Come dicevo in precedenza, un lutto irrisolto rimane dentro ed è libero di esprimersi nel futuro di quel bambino con esiti negativi su di sé. Quindi accogliamo la sua sofferenza, magari dicendo: “è un momento difficile per noi, lo supereremo insieme”.

Raccontare la verità
Altro importante aspetto riguarda la possibilità per un genitore di raccontare ciò che è accaduto, di dire la verità. I bambini si accorgono di tutto ciò che succede intorno a loro; sanno leggere atteggiamenti, emozioni, parole bisbigliate e così via. Inoltre, può capitare che vengano a conoscenza della br**ta notizia da altre persone, anche estranee alla famiglia. Sfuggire dalla verità è veramente sbagliato per diversi motivi:

il bambino potrebbe sentirsi tradito dal proprio genitore e, di conseguenza, potrebbe non fidarsi più di lui. Una tale situazione porterebbe in lui insicurezza in un momento in cui, invece, più di ogni altro ha bisogno di sentirsi sicuro, poiché uno dei pali fermi della sua vita è venuto a mancare;
un bambino abituato a non ricevere la verità diventerà a sua volta un adulto che non dirà la verità;
il bambino potrebbe provare vergogna. I bambini non vogliono sentirsi diversi dagli altri, hanno bisogno di sentirsi uguali agli altri. Ve**re a conoscenza della notizia, per esempio, da un compagno di classe, potrebbe comportare in lui un sentimento di vergogna così grande che amplificherebbe solo il suo dolore;
i bambini si sentono spesso in colpa. Pensano che ciò che accade sia per causa loro. È importante dunque che un genitore vada a sconfessare simili credenze fantastiche in modo da evitare che il bambino porti dentro di sé un sentimento di colpa ingiustificato.
Per gli stessi motivi qui elencati è necessario che la spiacevole comunicazione venga effettuata il prima possibile.

Chiarezza del linguaggio
Comprendo che per un genitore annunciare la morte del proprio coniuge o di una persona cara e importante per lui, ma soprattutto per il proprio bambino, sia veramente difficile e possano mancare le parole, ma la chiarezza del linguaggio utilizzato nella comunicazione di un lutto è un punto fondamentale. È necessario evitare eufemismi come, per esempio: “l’abbiamo perduto”, “si è addormentato”, “è andato in cielo”. Un bambino potrebbe mal interpretare queste parole, perché potrebbe pensare che il defunto stia veramente dormendo o che paradossalmente sia andato a fare un viaggio. È bene spiegare sempre ciò che è accaduto realmente e accertarsi che il bambino abbia veramente compreso, nonostante la consapevolezza della morte differisca in base all’età del bambino.

Cosa è necessario comunicare affinché il bambino comprenda?

che la persona cara non sarà più con il bambino e che non tornerà più.
che il bambino non è la causa di quanto accaduto.
che non voleva morire. In caso di suicidio, una possibile soluzione potrebbe essere quella di dirgli che non era in grado di pensare per via di una malattia e che ha commesso un fatale errore.
Tempo, per fare domande e per ricevere risposte
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione riguarda il tempo che deve essere lasciato al bambino per fare delle domande e per ricevere delle risposte. Quest’ultime devono corrispondere ancora una volta alla verità e se per caso non si ha la risposta è possibile dire: “Non lo so”, perché la realtà ci insegna che non a tutto c’è una risposta. Un ultimo suggerimento che mi sento di consigliare è quello di trovare delle occasioni per poter parlare della morte, anche in assenza di eventi luttuosi. È possibile proporre dei libri che ci aiutino a raccontare della morte a un bambino.

Dal 1969,mezzo secolo di cultura funeraria,tramandata con amore passione,dal padre Benedetto,fondatore dell'omonima ditta,al figlio Simone.

29/10/2024

Dal 1969: oltre mezzo secolo di cultura Funeraria

Dal 1969,mezzo secolo di cultura funeraria,tramandata con amore passione,dal padre Benedetto,fondatore dell'omonima ditta,al figlio Simone.

16/10/2024

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