17/05/2022
E' importante in una giornata come questa parlare di una tematica ancora troppo attuale presente. Oggi è la Giornata Internazionale contro l'Omofobia, la Bifobia, la Lesbofobia e la Transfobia, ma cerchiamo di comprendere meglio il fenomeno in generale.
Il termine omofobia appare per la prima volta in uno scritto di George Weinberg del 1972 e viene definita come “il terrore di stare a stretto contatto con omosessuali” . L'autore riferisce che le possibili cause dell'omofobia possono essere l'integralismo religioso, la paura della propria omosessualità latente, l'invidia rimossa e la minaccia ai valori costituiti. Il testo è molto chiaro nello specificare come l'attrazione per persone dello stesso sesso non sia una malattia mentale, mentre lo è l'intolleranza verso l'omosessualità.
Il termine, sebbene facilmente travisabile, ha riscosso un grande successo ed è oggi ampliamente utilizzato dalla letteratura. La parola fobia, infatti, si riferisce ad una paura marcata e persistente, ma nell'omofobia non si sottolinea tanto la paura, quanto l'odio razziale. Pare, dunque, più convincente la definizione proposta da Welzer-Lang , secondo il quale l’omofobia è una forma di sessismo contro le persone che hanno un orientamento sessuale presentato come «diverso»: gli/le omosessuali, i gay, le lesbiche e i/le bisessuali.
Alcuni psicologi, inoltre, sottolineano come la discriminazione istituzionalizzata porti ad un'omofobia interiorizzata da parte degli stessi omosessuali, definibile come l'accettazione passiva di tali atteggiamenti negativi e pregiudizi. Essi si trasformano in una sorta di oppressore interiore che in ogni istante ricorda al gay o alla lesbica il peso sociale della propria diversità. Il bambino omosessuale che si trova a crescere in una realtà sociale profondamente eterosessista viene educato a riconoscere la norma nell'eterosessualità. Basti pensare a quando si spiega ad un bambino che da grande avrà anche lui una famiglia con dei bambini, o quando gli si chiede se ha già una fidanzatina, o quando certi comportamenti effeminati vengono criticati aspramente. Questi atteggiamenti della società vengono interiorizzati e l'omosessuale stesso si convince che il suo orientamento è qualcosa di sbagliato. I terapeuti del filone riparativo, ovvero convinti che l’omosessualità sia una malattia mentale, affermano che l'omosessualità debba essere curata, non tenendo conto, nei loro presupposti teorici, del concetto di omofobia interiorizzata, ma si fermano ad un'analisi superficiale della domanda del paziente che desidera modificare il proprio orientamento sessuale. Se una persona desidera cambiare il proprio orientamento sessuale, dunque, è perché non ha avuto una base sicura sulla quale costruire un proprio senso d'identità saldo, e su questo un terapeuta dovrebbe lavorare. Accogliere indiscriminatamente la domanda di cambiamento del paziente sarebbe come aiutare una persona anoressica a dimagrire esclusivamente perché si sente troppo grassa.
A livello sociale comportamenti di natura omofobica sono ben presenti, più o meno esplicitamente, in diverse parti del mondo. Come può essere interpretata l'omofobia in chiave psicologica? Paterlini ritiene che l'omofobo non odi effettivamente gli omosessuali, ma ciò che essi, pregiudizievolmente, rappresentano: il femminile. In realtà, ciò che l'eterosessuale rifiuta è la "passività", quindi un "modo" di fare l'amore, non un "orientamento". E rifiuta gli omosessuali perché li ritiene tutti passivi; il punto vero rimane però la passività, non l'omosessualità. E cos'é la passività – sempre per l'eterosessuale maschilista medio – se non ciò che caratterizza essenzialmente anche e prima di tutto la sessualità femminile? Dunque, rifiuta gli omosessuali perché li ritiene mezze donne o, peggio, maschi passati al nemico, abbassatisi all'umiliante ruolo di femmine. Del resto, uno dei maggiori pregiudizi nei confronti dell'omosessualità, consiste nell'identificare omosessualità ed effeminatezza.
Altri autori puntano maggiormente l'attenzione sul processo di scissione e proiezione che sta dietro l'omofobia: chi odia gli omosessuali è in realtà un omosessuale latente, che non riconosce questo suo lato "cattivo", lo separa dalla sua identità e lo proietta sugli altri omosessuali. Gli autori ne deducono che l'omofobia sia legata ad una omosessualità latente negata.
L’omofobia dunque è l’avversione irrazionale o ideologica nei confronti di omosessualità, bisessualità e transessualità e si può presentare nella forma di sentimenti, pensieri, pregiudizi, comportamenti, che spesso diventano abusi sulla persona e veri e propri crimini. L’omofobia viene equiparata dall’Unione Europea al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo e, nella maggior parte dei paesi occidentali, esistono leggi per contrastarla.
Sono a disposizione per domande, chiarimenti, o per spunti su argomenti che desiderate approfondire.
Dott. Yari Mirko Alfano
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