Giuseppe Visalli - Osteopatia

Giuseppe Visalli - Osteopatia L'osteopatia è una professione individuata sanitaria dal 01/2018.

L'osteopatia risulta utile ed efficace nel contrastare problematiche muscolo scheletriche, viscerali e funzionali, dolori articolari, muscolari e mal di schiena ( cervicalgia, dorsalgia e lombalgia) , problemi circolatori, stasi venosa e linfatica, disturbi dell'apparato digerente (reflusso gastroesofageo, colon irritabile e stipsi) disturbi legati allo stress(ansia), mal di testa(cefalee ed emicrania), problemi metabolici, (mestruazioni irregolari e dolorose), disturbi alla mandibola (ATM), problemi legati ad una cattiva postura (scoliosi). Risulta utile nel prevenire e migliorare lo stato di salute nelle gravidanza, nel post-gravidanza e nei disturbi in età pediatrica (coliche del neonato, irrritabilità, plagiocefalia, brachiocefalia)

12/11/2025

VITAMINA D, PARATORMONE E ACIDOSI TISSUTALE

Molti conoscono la vitamina D3 come “la vitamina del sole” e la collegano giustamente a ossa forti e difese immunitarie. Ma pochi sanno che per valutarne davvero lo stato e l’impatto sull’organismo, è indispensabile guardare anche a un altro attore chiave... il paratormone (PTH). E che dietro a uno stato carenziale cronico di vitamina D si nasconde spesso un nemico silenzioso ma diffusissimo... l’acidosi tissutale.

In questo post voglio guidarti, passo dopo passo, dentro questo intreccio fisiologico. Perché la vitamina D non si limita a “tirarti su”, ma regola un intero sistema di difesa, assorbimento, equilibrio minerale, metabolismo, energia cellulare e stabilità emotiva. E capire il suo rapporto con il PTH e l’equilibrio acido-base può fare una differenza enorme, soprattutto se stai vivendo una condizione cronica, autoimmune, infiammatoria o di stanchezza inspiegabile.

Il PTH è un ormone prodotto dalle paratiroidi, ghiandole minuscole ma potentissime. Il suo ruolo? Regolare la calcemia, cioè la quantità di calcio nel sangue, agendo attraverso tre strategie:

1. Aumenta l’assorbimento intestinale del calcio stimolando la conversione della vitamina D in forma attiva (calcitriolo).

2. Stimola il rilascio di calcio dalle ossa (mobilizzando gli osteoclasti).

3. Riduce l’eliminazione di calcio da parte dei reni.

Fin qui, tutto nella norma, ma quando i livelli di vitamina D3 scendono, il corpo si attiva in emergenza, il PTH aumenta per mantenere il calcio nel sangue. È un meccanismo compensatorio, se manca la D, serve “spremere” calcio da altre fonti. E da lì iniziano i problemi.

Un PTH elevato, infatti, può essere il primo campanello d’allarme di una carenza di vitamina D, anche se il valore di 25(OH)D è “apparentemente” accettabile. Questo succede spesso in chi ha una carenza funzionale, magari a causa di obesità, infiammazione cronica o acidificazione dei tessuti, che interferiscono con l’attivazione e l’assorbimento della vitamina D3.

Un PTH cronicamente elevato può:

- Ridurre la densità ossea nel tempo;

- Aumentare il rischio cardiovascolare;

- Alterare il metabolismo del calcio e del fosforo;

- Riflettere uno stato pro-infiammatorio e uno stress del sistema endocrino.

In pratica, se vuoi davvero capire se stai assimilando bene la vitamina D3, devi sempre guardare anche il PTH, non solo il valore di 25(OH)D. Quest’ultimo può essere alto anche solo perché l’hai integrata, ma non significa che il tuo corpo la stia usando correttamente.

Chi segue protocoIIi ad alte dosi di vitamina D3, come il ProtocoIIo Coimbra, sa bene quanto sia fondamentale monitorare il PTH per evitare squilibri. Infatti, se la D3 è assunta in dosi elevate (10.000 UI o più), può avvenire un forte assorbimento di calcio e, se ben metabolizzata, i livelli di PTH si abbassano gradualmente. Questo è il segnale che la vitamina D3 sta lavorando bene.

Ma attenzione, un PTH troppo basso può anche indicare eccesso di D3 o rischio di ipercalcemia. È un equilibrio fine, da maneggiare con cura e monitorare nel tempo. Per questo motivo, il PTH è spesso considerato un “faro” prezioso per chi assume vitamina D3 regolarmente, ti dice se ne hai bisogno, se ne stai prendendo troppa, o se l’organismo è in difficoltà nel trasformarla.

E qui entra in scena un colpevole silenzioso... l’acidosi tissutale cronica, ovvero quella condizione in cui i tessuti del corpo si acidificano a causa di un’alimentazione errata, stress cronico, disidratazione, farmaci, problemi epatici o renali, e carenze nutrizionali.

Quando il corpo si acidifica, cosa succede?

- I reni consumano vitamina D attiva per neutralizzare l’acidità.

- Il sangue richiama calcio dalle ossa per tamponare l’acidosi.

- Il PTH si alza per cercare di mantenere la calcemia.

Risultato? Anche se assumi vitamina D3, potresti non riuscire ad abbassare il PTH perché il corpo è impegnato a combattere l’acidosi. È come versare acqua in un secchio bucato... non serve aumentare la dose, serve riparare il secchio, cioè correggere l’acidosi.

E ora ti spiego le principali cause di acidosi tissutale:

1. Dieta sbilanciata e cibi acidificanti: zuccheri raffinati, cereali lavorati, carne rossa, latticini industriali, alcol e additivi alimentari sono tra i principali responsabili.

2. Accumulo di acidi metabolici: acido lattico (da esercizio intenso) e acido urico (da purine e metabolismo alterato, come nella gotta).

3. Stress cronico: il cortisolo aumenta la produzione di acido lattico e riduce la capacità renale di smaltire gli acidi.

4. Disturbi respiratori: respirazione superficiale o inefficace trattiene CO2 (acida), favorendo l’acidosi respiratoria.

5. Problemi renali ed epatici: reni e fegato sono fondamentali per l’eliminazione degli acidi; quando sono compromessi, si accumulano nei tessuti.

6. Malattie metaboliche e chetoacidosi: nel diabete non controllato o in diete chetogeniche estreme, si accumulano corpi chetonici.

7. Disidratazione cronica: senza acqua, il corpo non riesce a espellere efficacemente gli acidi tramite reni e sudore.

8. Uso eccessivo di farmaci: diuretici, lassativi, e farmaci che alterano il bilancio minerale contribuiscono allo squilibrio acido-base.

E ora parliamo di obesità, carenza di zolfo e carenza di antiossidanti e te dirai, ma cosa ci incastra con la vitamina D?

L’organismo obeso ha più tessuto adiposo, che sequestra la vitamina D (liposolubile), rendendola meno disponibile al metabolismo attivo. Inoltre, l’obesità è spesso associata a bassi livelli di glutatione e NAC, due antiossidanti endogeni fondamentali per la conversione efficace della vitamina D3.

Carenze di zolfo e glutatione aumentano lo stress ossidativo e peggiorano l’acidosi, aggravando il circolo vizioso. Secondo alcuni esperti, l’acidosi tissutale cronica è una delle cause favorenti lo sviluppo del can*ro, proprio perché impedisce la corretta ossigenazione cellulare.

L’assunzione deve essere quotidiana, monitorizzando gli esami. In caso di obesità ma anche per chi non è obeso, viene consigliato di assumere la vitamina D3 insieme al magnesio (cloruro o bisglicinato) , K2 e A, per favorirne l’assimilazione e ridurre il rischio di accumulo di calcio inappropriato.

Cosa tenere sotto controllo quando si integra D3:

1. Paratormone (PTH) per monitorare l’efficacia dell’assorbimento.

2. Calcio totale e ionizzato per prevenire l’ipercalcemia.

3. Creatinina e funzionalità renale, per valutare l’eliminazione del calcio.

4. 25(OH)D, il valore classico per vedere quanta D3 c’è nel sangue.

5. Magnesio e vitamina K2, cofattori indispensabili per evitare calcificazioni.

La vitamina D3 non è solo una vitamina, è un vero e proprio orm0ne regolatore che entra in relazione stretta con il sistema immunitario, nervoso, endocrino, osseo e metabolico. Il PTH è il suo segnalatore silenzioso. L’acidosi tissutale è il nemico subdolo che la ostacola.

Non basta integrare, bisogna capire cosa sta succedendo nel corpo. Se il PTH è alto, se sei stanco, se i tuoi sintomi non migliorano nonostante tu stia prendendo “la tua vitamina del sole”, forse è il momento di andare più a fondo... guardare all’acidosi, ai minerali, al metabolismo del calcio, alla tua respirazione, al tuo stress. E rimettere in equilibrio l’intero sistema. Perché il corpo non sbaglia, se non sta assimilando, sta segnalando. Sta chiedendo di essere ascoltato, non solo “nutrito”.

XO - Patrizia Coffaro

12/11/2025
08/11/2025

QUANDO LA CELLULA SMETTE DI VIVERE E INIZIA SOLO A SOPRAVVIVERE

(Di Patrizia Coffaro)

Mentre in Italia nutrizionisti e medici che si definiscono “funzionali” stanno ancora Iitigando su quante uova si possano mangiare a settimana, se il b***o sia da evitare o la panacea, se la vitamina D vada presa solo d’inverno o tutto l’anno e se realmente va presa, se il digiuno faccia bene o male, nel resto del mondo la vera medicina funzionale sta parlando di tutt’altro.

Sta parlando di metabolismo cellulare, di bioenergia, di trauma biologico e del motivo per cui il corpo smette di guarire anche quando sembra tutto a posto.

Perché possiamo anche fare la guerra al glutine, alla caseina o all’istamina, ma se la cellula è intrappolata in modalità sopravvivenza, non c’è supplemento o dieta che tenga. Puoi nutrirti da manuale, integrare con precisione svizzera, eliminare ogni tossina possibile… e restare ugualmente stanco, infiammato, annebbiato, spaventato.

È qui che entra in scena un modello che in Italia quasi nessuno conosce ancora, ma che negli Stati Uniti sta rivoluzionando la medicina delle malattie croniche... la Cell Danger Response, ovvero, la Risposta al Pericolo Cellulare.

Un concetto che spiega finalmente perché certe persone non riescono a uscire dal circolo vizioso della malattia, anche dopo anni di cure, diete e tentativi. E ti avviso.... una volta che lo capisci, non riesci più a guardare la biologia con gli occhi di prima.

È un modello biologico che cambia completamente la prospettiva, non più la malattia come difetto, ma la malattia come adattamento. Non è una teoria spirituale, molte persone non riescono più a guarire anche dopo che la causa della loro malattia è stata rimossa.

Ogni cellula del nostro corpo è dotata di un interruttore di pericolo. Quando percepisce una minaccia, tossine, infezioni, stress ossidativo, trauma, carenze energetiche o perfino stress emotivo, cambia completamente modo di funzionare.

Il metabolismo, che normalmente è aperto, flessibile e collaborativo, si chiude. La cellula smette di comunicare con le altre, riduce la produzione di energia mitocondriale, accumula metaboliti e mette in pausa i processi di crescita, riparazione e digestione. In pratica, passa da modalità vita a modalità sopravvivenza.

È un meccanismo di emergenza perfettamente sensato, se pensiamo a un pericolo acuto. Il problema nasce quando lo stato di allerta non si spegne più. La minaccia finisce, ma la cellula non lo sa. E così resta bloccata in questo stato di difesa cronica, come un soldato che continua a sparare anche dopo che la guerra è finita.

Quando la cellula entra in Cell Danger Response (CDR), cambia la sua biochimica in modo radicale. I mitocondri, che dovrebbero produrre energia sotto forma di ATP, usano l’ATP come segnale di allarme, rilasciandolo all’esterno come se fosse un codice S0S.

L’ATP extracellulare viene percepito dal sistema immunitario come un segnale di pericoIo, che mantiene attiva l’infiammazione.

Si riduce la respirazione mitocondriale e aumenta la glicolisi anaerobica, cioè la produzione di energia d’emergenza.

Le membrane cellulari cambiano composizione, diventano più rigide, per impedire l’ingresso di tossine o agenti patogeni.

E la comunicazione intercellulare viene drasticamente limitata... la cellula si isola.

In questa condizione il corpo non è più in uno stato di flusso, ma di congelamento biologico. Non guarisce, non si adatta, non evolve. Resta fermo in un loop difensivo che diventa, con il tempo, malattia cronica.

E ora ti spiego quello che molte persone stanno vivendo:

“Ho curato la causa, ma sto ancora male.”
“Ho tolto la candida, ma ho sempre l’infiammazione.”
“Ho bonificato la casa dalla muffa, ma il mio corpo reagisce ancora a tutto.”
“Ho fatto le cure per la Lyme, ma la stanchezza non passa.”
"Ho debellato H. Pylori ma sto ancora male"

Tutti questi casi hanno un elemento comune.... il corpo non riesce più a uscire dallo stato di pericolo.

Il sistema nervoso autonomo resta iperattivo, i mitocondri lavorano male, il sistema immunitario non distingue più tra minacce vere e ricordi di minacce. È come se le cellule avessero un trauma, un imprinting energetico di allarme che non riescono più a disattivare.

E qui si comprende perché questo modello è la chiave per capire fibromiaIgia, sindrome da fatica cronica, Iong C0vid, MCAS, sensibilità chimica multipla, infezioni croniche e anche i disturbi post-traumatici. Non sono malattie psicosomatiche, ma malattie da blocco metabolico cellulare.

Eh si, il corpo non è impazzito.... sta solo tentando di proteggerti! La parte più affascinante di questo modello è che ribalta completamente l’idea di errore biologico. Il corpo non si sta sabotando... sta tentando di sopravvivere, anche se lo fa nel modo sbagliato.

Ogni cellula, davanti a un pericolo, sceglie la priorità... proteggere, non guarire. Il problema è che nel mondo moderno, le minacce non sono più temporanee... sono continue. Campi elettromagnetici, stress cronico, tossine ambientali, farmaci, infezioni persistenti, conflitti emotivi non risolti. La cellula non riceve mai il messaggio che il pericolo è finito e allora resta chiusa, iperprotettiva, spenta.

È come vivere con il piede sempre sull’acceleratore e sul freno allo stesso tempo... consumi energia, ma non ti muovi.

I mitocondri non sono solo centrali energetiche... sono i sensori di sicurezza della cellula. Quando percepiscono un’anomalia, emettono segnali di allarme redox, rilasciano ATP all’esterno, attivano il sistema immunitario e modulano i processi infiammatori.

Li definisco i custodi della vita e della m0rte ceIIulare. Quando sono in equilibrio, il corpo rigenera. Quando restano in allerta, tutto rallenta... digestione, riparazione tissutale, ormoni, perfino la funzione cerebrale.

Questo spiega perché persone con CFS, MCAS o Iong C0vid hanno stanchezza profonda, cervello annebbiato, ipersensibilità e una percezione costante di stress anche senza motivo apparente.
Il corpo sta ancora combattendo una guerra che non c’è più.

Il sistema limbico, la parte emotiva e reattiva del cervello, è strettamente collegato a questa risposta cellulare. Quando il sistema limbico resta iperattivo, manda al corpo segnali di allarme continui. E quando le cellule restano in allarme, alimentano l’iperattività limbica.

È un circolo vizioso, ecco perché chi vive in modalità CDR non può guarire solo con la dieta o con l’integratore giusto. Serve una ri-regolazione del sistema nervoso, una rassicurazione limbica profonda, affinché il corpo percepisca davvero che è al sicuro. Perché finché la mente e le cellule sentono pericolo, non c’è protocollo che tenga.

Capire la Cell Danger Response significa cambiare radicalmente il modo di trattare le malattie croniche. Non si tratta di curare il sintomo, ma di sbloccare la cellula dal suo stato di difesa.

Questo richiede un lavoro su più livelli:

- Rimuovere gli stressor: tossine, muffe, infezioni, metalli, stress cronico.

- Ripristinare la comunicazione cellulare: equilibrio redox, segnalazione mitocondriale, omeostasi del calcio e del magnesio.

- Riprogrammare il sistema nervoso: riportare la percezione di sicurezza nel corpo.

- Favorire la rigenerazione: nutrienti mitocondriali, sonno profondo, ossigenazione, movimento gentile.

È un approccio lento, profondo e intelligente, che non combatte contro il corpo, ma collabora con esso.

Una cellula intrappolata in risposta al pericolo può dare mille volti diversi, ma alcuni sono molto ricorrenti:

- Stanchezza cronica che non migliora col riposo;

- Intolleranze e sensibilità multiple;

- Infiammazione diffusa, dolori migranti, rigidità;

-Insonnia o sonno non ristoratore;

- Difficoltà digestive o “intestino in allerta”;

- Ipersensibilità a suoni, odori, luci;

- Peggioramento dopo terapie troppo forti.

In pratica, il corpo reagisce a tutto come se fosse tossico e ogni volta che provi a forzarlo, peggiora. Non perché sia fragile, ma perché sta ancora proteggendosi.

Per uscire dalla CDR, il corpo deve percepire di nuovo sicurezza biologica. È lì che inizia la guarigione e non è un processo solo mentale o psicologico... è un processo biochimico. Sicurezza significa che il sistema nervoso parasimpatico torna attivo, che il flusso sanguigno migliora, che i mitocondri riaccendono la respirazione ossidativa. Significa che la cellula torna a comunicare, a ricevere nutrienti, a riparare i tessuti.

E questo si ottiene con strumenti concreti:

- Regolazione del ritmo sonno-veglia,

- Tecniche di respirazione vagale,

- Esposizione graduale a stimoli benefici (luce, suoni, movimento dolce),

- Sostegno mitocondriale mirato (magnesio, NADH, riboflavina, coenzima Q10, acido alfa-lipoico),

- Alimentazione antiinfiammatoria e ricca di antiossidanti naturali,
... e, quando serve, terapia del trauma e riprogrammazione limbica.

Ogni piccolo segnale di sicurezza inviato al corpo è un passo fuori dallo stato di pericolo.

La Cell Danger Response ci invita a cambiare completamente prospettiva, la malattia non è più un errore, ma una comunicazione biologica bloccata. È il corpo che dice:

“Ho smesso di evolvere perché mi sento in pericolo”.

Ecco perché non possiamo più vedere il sintomo come un nemico da sopprimere. Il sintomo è la voce della cellula che chiede aiuto. E finché non le restituiamo sicurezza, continuerà a parlare, sotto forma di dolore, stanchezza, infiammazione, allergie, o ansia inspiegabile.

Guarire, in questo senso, non significa tornare come prima, ma uscire dallo stato di difesa e tornare a fluire. Significa riprendere la comunicazione tra cellule, sistemi e coscienza. È un processo che coinvolge corpo, mente e spirito allo stesso tempo.

E quando finalmente il corpo capisce che non è più in guerra, succede qualcosa di incredibile... le reazioni si spengono, la mente si quieta, la digestione riparte, l’energia sale. Non perché hai curato qualcosa, ma perché hai ricordato al corpo come vivere.

Bisogna insegnare al corpo che il pericolo è finito, dobbiamo riaccendere i mitocondri, riattivare il flusso, restituire comunicazione alle cellule. È questo il cuore della medicina del futuro... non curare il corpo, ma ricordargli la via di casa. E forse, un giorno, la medicina capirà che non siamo fatti per spegnere i sintomi, ma per ritrovare la musica della vita dopo un lungo silenzio di paura.

XO - Patrizia Coffaro

02/11/2025

Il cervello si riscrive ogni volta che impari qualcosa di nuovo. Questo fenomeno si chiama plasticità cerebrale ed è un principio neuroscientifico ormai consolidato.

Le neuroscienze mostrano come questa capacità non sia limitata all'infanzia, ma persista per tutta la vita, modellando continuamente i circuiti neurali. Ogni esperienza, anche la più piccola, come imparare una parola o ascoltare una melodia, genera nuove sinapsi e connessioni tra neuroni.

La memoria non è un archivio immobile. Nei ricordi, i percorsi più utilizzati diventano come autostrade cerebrali, mentre quelli trascurati si indeboliscono e possono scomparire. Questa dinamica è al centro dell'adattamento mentale.

Non servono solo stimoli esterni: immaginazione, pensiero astratto e sogni a occhi aperti modificano anch'essi le mappe mentali. È una macchina in continuo cambiamento.

Il concetto rivoluzionario che ne deriva è che la mente non è statica, ma un’opera in evoluzione. Persino in età adulta o anziana, il cervello può creare percorsi alternativi intorno a lesioni o degenerazioni, recuperando funzioni anche dopo gravi malattie.

Questi dati, confermati da studi neuroscientifici (come indicato nel riferimento [3]), cambiano la nostra visione del cervello da struttura rigida a rete dinamica e fluida.

Ogni pensiero e ogni esperienza plasmano la tua mappa mentale. Il cervello di oggi è diverso da quello di ieri, e continuerà a trasformarsi. Una macchina evolutiva e creativa, inarrestabile fino all'ultimo respiro.

💁‍♂️ Quel che non sapevi, in breve
👉 Il cervello si rimappa in ogni fase della vita
👉 Immaginazione e sogni modificano le mappe mentali
👉 Il recupero dopo traumi è possibile grazie alla plasticità

Indirizzo

Studio Visalli, Via Genova 40
Catania
95126

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Giuseppe Visalli - Osteopatia pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta Lo Studio

Invia un messaggio a Giuseppe Visalli - Osteopatia:

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare