Dott.ssa Cristina Micieli Psicologa

Dott.ssa Cristina Micieli Psicologa Sono una psicologa e sessuologa, mi occupo di terapia individuale, di coppia e familiare.

19/09/2025

L’abbandono non si manifesta soltanto quando un bambino viene lasciato fisicamente solo, esiste una forma altrettanto devastante: l’abbandono emotivo e psicologico. È quella condizione in cui il bambino cresce accanto a una madre che, pur essendo fisicamente presente, non riconosce i suoi bisogni affettivi, non gli offre uno sguardo, un gesto di tenerezza, un riconoscimento autentico.
Secondo la prospettiva di Gabor Maté, medico che ha esplorato le radici psicologiche e relazionali del trauma, il bisogno primario di ogni essere umano è la connessione. Senza connessione, il bambino non può sviluppare un senso di sicurezza interiore, né la convinzione di essere degno d’amore. La mancanza di attaccamento non è solo una ferita affettiva, è un trauma che modella la mente e impatta sul corpo, che influenza lo sviluppo neurologico e psichico.
Il bambino che cresce accanto a una madre emotivamente indisponibile impara molto presto a leggere i suoi segnali, a percepirsi come peso e causa del suo malessere. Invece di sentirsi accolto, si percepisce colpevole della sofferenza materna. Come osserva Maté, il bambino non smette di amare il genitore che lo rifiuta; smette, piuttosto, di amare se stesso, convincendosi di non meritare affetto. Questa dinamica interiore è profondamente distruttiva, perché radica un senso di vergogna e inadeguatezza che può accompagnare l’individuo per tutta la vita.
Da adulto, chi ha conosciuto l’abbandono emotivo continua a portare dentro di sé domande laceranti come “Sono stato davvero amato?”
L’assenza di tenerezza non lascia solo un vuoto emotivo ma si manifesta in difficoltà relazionali, in ansia, in dipendenze di vario tipo o in un costante bisogno di approvazione esterna. Maté sottolinea come molte forme di sofferenza psichica e di disagio, anche fisico, abbiano origine proprio in queste ferite precoci, invisibili ma profondamente radicate.
L’abbandono affettivo è più doloroso dell’indifferenza perché non si limita a negare la presenza, ma comunica disprezzo, rabbia, disgusto. Il bambino, incapace di distinguere i confini tra sé e la madre, interiorizza questi sentimenti e li rivolge contro di sé. Così si forma un circolo vizioso in cui l’autostima viene minata alle fondamenta e il mondo viene percepito come un luogo ostile.
Le madri emotivamente assenti non lo diventano per scelta, ma spesso perché a loro volta hanno sperimentato lo stesso abbandono emotivo, portandone i segni irrisolti. La comprensione di queste dinamiche non giustifica il dolore del bambino, ma permette di rompere la catena della trasmissione transgenerazionale del trauma.
Il cammino di guarigione passa dunque dal riconoscimento: dare un nome alla ferita, legittimare il dolore, accogliere il bambino interiore che è stato privato di amore. Solo così diventa possibile, da adulti, costruire relazioni fondate non sulla paura di essere rifiutati, ma sulla fiducia che la connessione autentica è possibile.

12/08/2025

L’INCONTRO, LA SOLITUDINE E L'AMORE.

Nel passaggio dall’innamoramento, in cui tutto è dato, all’amore, in cui tutto è da creare, si presenta subito il pericolo che i reciproci fantasmi, dopo aver colluso nell’attirare e unire i due, possono iniziare a collidere. È qui che ciascuno, se non educato al rispetto dell’altro cui chiama l’etica del desiderio, per paura di annullarsi a fronte di ciò che lo trascende, può facilmente ricadere nel dominio dell’io, che si crede illusoriamente di essere il detentore della soggettività, dove “non c’è altro d-io fuori di me”. Anche se questo “dio” può svolgere indifferentemente la parte di incubo o di succubo.
Le conseguenze dell’amore, quello possessivo, di padronanza, sono devastanti: secondo un’ottica post junghiana (Montefoschi) ciascuno espropria l’altro della propria universalità; secondo un’ottica post freudiana (Lacan) ciascuno espropria l’altro della sua specifica singolarità.
L’altro, però, in quanto diverso, non è solo esterno come altro da sé, individuale o sociale, ma anche “interno” come totalmente Altro (“je est un autre”, Rimbaud). È esattamente questo punto di intima estimità, immaginato come dato ontologico, immanente-trascendente, o come centro archetipico non rappresentabile, il luogo estremo della verità dell’essere, l’ombelico del mondo. Così le conseguenze dell’amore possessivo sono ancora più tragiche, perché mirano a minare il fondamento dell’intero universo, brulicante di vita e vibrante d’amore.
C’è un passaggio molto bello nel film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders del 1987, un’icona assoluta nella cinematografia del novecento, in cui l’angelo nostalgico della natura umana, dopo aver stabilito un ponte tra il sovrasensibile, in cui si dà come pensiero dell’Altro, e l’intrasensibile animico-spirituale della bella trapezista, in cui si dà come desiderio dell’Altro, si presenta a lei in carne e ossa al banco bar di un locale. Stranieri al mondo e l’uno all’altro, i due si guardano, ed è subito incontro. Lui si avvicina a lei con estrema delicatezza, forse l’ha riconosciuta, dopotutto è per lei che si è incarnato, ed anche lei sembra riconoscerlo, come fosse l’improvvisa materializzazione del suo interlocutore interno di cui si era fatta un’immagine, e così gli parla:
“Non sono mai stata solitaria, né da sola, ma mi sarebbe piaciuto in fondo essere solitaria, solitudine significa: finalmente sono tutto, ma adesso posso dirlo, perché oggi finalmente sono davvero sola. Bisognerà finirla prima o poi con il caso, non lo so se ci sia un fine, ma so che ci dev’essere una decisione. È necessario che tu ti decida, deciditi, ora il tempo siamo noi, e noi siamo più che due solamente, noi incarniamo qualcosa, è il mondo intero che prende parte alla nostra decisione. Ed eccoci sulla piazza del popolo, siamo qui noi due e l’intera piazza è piena di gente che si augura la stessa cosa che ci auguriamo noi, decidiamo noi il gioco per tutti. Non c’è storia più grande della nostra, quella mia e tua, dell’uomo e della donna. Sarà una storia di giganti, invisibili, riproducibili, sarà una storia di nuovi progenitori. Guarda i miei occhi, sono l’immagine della necessità, del futuro di tutti sulla piazza. La notte scorsa ho sognato qualcuno, uno sconosciuto, il mio uomo. Soltanto con lui potevo essere sola e aprirmi a lui, aprirmi tutta, avvolgerlo con il labirinto della comune beatitudine. Io lo so, sei tu quello.”
Posto a conclusione di tutto il film, questo discorso stupefacente, in cui è la parola all’altro che parla di sé attraverso la donna, racchiude una ricchezza di contenuti mistico-erotico-spirituali che meriterebbero un intero volume. Qui mi limito a toccare brevemente il tema della solitudine nella relazione d’amore. Che può sembrare una contraddizione, ma non lo è se la intendiamo con l’intelligenza del cuore. Come ha fatto Wenders, che si è ispirato a Rilke per comprendere gli angeli in chiave moderna; come ho fatto io nel 2010 con diversi altri autori in Angelicamente. Il senso dell’angelo nel nostro tempo; e come hanno fatto due grandi interpreti della psicoanalisi contemporanea: Hillman e Recalcati. Per Hillman, la solitudine non è soltanto una condizione negativa o un segno di isolamento, ma un'esperienza esistenziale profonda, di abbandono fiducioso, di religio, potenzialmente creativa. Anche per Recalcati la solitudine è una deep experience, perché legata al vuoto costitutivo dell’essere umano, che può manifestarsi come mancanza dolorosa o come risorsa preziosa, capace di aprire alla crescita, al desiderio e alla connessione autentica. È questa seconda modalità di vivere il vuoto interiore che predispone all’incontro.
L’incontro, per lo psicoanalista italiano, è sempre qualcosa di straordinario che dà forma alla vita, la trasforma e le dà senso. Per questo si presenta come uno spartiacque tra un prima e un poi, che non può avvenire con il simile, ma solo con il diverso. “L’incontro - dice l’autore - è nell’ordine dell’evento e l’evento è nell’ordine dell’imprevisto, dell’impossibile che diventa miracolosamente possibile”. Condivido pienamente questa visione, ma aggiungo un elemento che ritengo importante, anche per averne fatto esperienza con gli incontri che hanno cambiato la mia vita. Richiamandomi a Jung, l’incontro autentico è sempre un caso che non viene a caso, perché rientra nelle trame delle corrispondenze sincronistiche di nessi acausali, a forti valenze affettive, che costellano l’esistenza umana di coincidenze cariche di significato.
Da questa prospettiva discende un’immagine della solitudine molto diversa da quella radicata nella sua più comune modalità di esperirla, che comunque non va negata, né evitata. Si tratta di collocare il dolore della perdita e della separazione non nell’esserne oggetto passivo, ma soggetto consapevole: soggetto della propria ferita e della propria solitudine. In questo caso può accadere qualcosa di sorprendente: salta il sigillo che teneva chiuso lo scrigno dell’identificazione monadica, e l’uno scopre di essere due. Non solo perché diviso, ma perché porta in sé la memoria del suo contrario gettato insieme (symballein): “Che cosa simboleggia la ferita se non la condizione di alterità con se stesso che mantiene l’uomo perennemente aperto a quell’altro da sé che è a lui consustanziale?” (Montefoschi).
Aprendosi maggiormente, il taglio diventa beanza e ferita che guarisce l'anima. È In questa accezione che va compreso il “labirinto della comune beatitudine” evocato dalla protagonista del film all’ex angelo. Beatitudine e beanza sono correlate dalla stessa radice etimologica, ma con sfumature diverse riguardo alla felicità, più spirituale la prima, più terrena la seconda. Lacan l’ha chiamata jouissance e l’ha rubricata nel Reale, in quanto eccesso di godimento mai completamente appagabile, né simbolizzabile. Anche Hillman ha percepito la potenza travolgente della jouissance, ma l’ha attribuita a Venere come pienezza estetico-immaginale, che non può che essere di natura erotica, potenzialmente patologica solo se viene letteralizzata.
Come raccoglimento devoto intorno alla propria mancanza, la solitudine non è solo l’unico bene che abbiamo, fatto di "assenza", sostanza divina di prim’ordine, ma è il fondamento del desiderio dell’Altro che ci trascende e ci differenzia, e quindi dell’amore nella sua interezza. D’accordo che il desiderio dell’Altro, come ci ricorda Lacan, è anche desiderio del suo desiderio, cioè di essere desiderati, che è considerato il piacere più grande, ma bisogna stare attenti a non restare fissati a questo piacere, altrimenti si vanifica il progetto rivoluzionario, erotico-conoscitivo e destinale, insito nella freccia di Eros: quello del cambiamento radicale di vita. L’amore non sta nell’essere amati, per quanto piacere ci possa procurare, ma nell’amare. Come ci ricorda ancora Silvia Montefoschi: “L’amore è l’amare infinito del soggetto amante”.

L’attenzione è la forma più rara e più pura della generosità.La capacità di prestare attenzione è cosa rarissima, diffic...
17/04/2025

L’attenzione è la forma più rara e più pura della generosità.
La capacità di prestare attenzione è cosa rarissima, difficilissima; è quasi un miracolo, è un miracolo.
Quasi tutti coloro che credono di avere questa capacità, non l’hanno. Il calore, lo slancio del sentimento, la pietà non bastano.
Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra: "Qual è il tuo tormento?".
La pienezza dell’amore del prossimo è semplicemente l’essere capaci di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”.
Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo.

Simone Weil

24/09/2024

È PIÙ FORTE DI ME: CO-DIPENDENZA AFFETTIVA

Molte persone che conosco sono rimaste impigliate per anni in relazioni di co-dipendenza.

Va subito detto che senza un sostegno o individuale o di gruppo, uscirne è difficile.

Solitamente vi è un partner narcisista, anaffettivo, incapace di mantenersi stabile e di prendere in mano la sua vita.

E una controparte affettiva, bisognosa ma più risolta sul piano di realtá.

Non dimenticate che i narcisisti non sono quelli che si specchiano e si vedono belli e si sentono fighi, essi celano e covano una profondissima rabbia e costruiscono (si fa per dire) relazioni basate sull’invidia.

Ora la dinamica è oscillatoria e cosi riassumibile: un partner chiede affetto e l’altro chiede un genitore.

A veder bene entrambi non hanno risolto il rapporto coi genitori.

Sono relazioni la cui dinamica oscilla costantemente roteando i ruoli di vittima e carnefice.

Uno dei due si sente costantemente in balìa dell’altro, e uno si sente invece controllato e rincorso.

Insieme riescono soltanto a condividere il letto, ma fuori da lì gli ego sono cosi carichi di bisogni e irrisolti che si scontrano continuamente in un gioco di richieste e rivendicazioni senza un attimo di tregua.

È più forte di me, dicono.
Perché nella fusione sessuale e fisica entrambi per un attimo si danno tregua e si abbandonano e recuperano quel calore che gli manca.
Quella dose crea dipendenza esattamente come una droga.

Ma poi ricomincia la guerra, e la tensione costante logora almeno uno dei due, che su sente in balìa

Il partner in balìa ha dato tutto il suo potere al partner fuggitivo e sposta costantemente la domanda su di lui/ lei: è un prigioniero del voler altrui e non si rende conto di avere anche egli un peso nella relazione.

Sono persone che in famiglia hanno appreso a rinunciare a loro stesse, a farsi da parte, sperando cosi di conquistare l’amore dei genitori.

Per chiudere una relazione bisogna distruggere la parte di Io che l’ha prodotta altrimenti solo col mentale non si riesce ad accedere a quel rifugio ancestrale che la fusione rappresenta.

Occorre ricordare che alcune relazioni posseggono anche la capacità di innescare una pulizia karmica interna.
Che è quella di costringere una persona a lavorare sui suoi irrisolti e sui suoi lati ombra.

Buon lavoro.
E no, non è piu forte di voi, ma da soli non ce la potete fare.

11/09/2024

...Non esiste una fase della vita in cui si arresti l'evoluzione psichica, perché non esiste età nella ricerca di senso.
Questa ricerca di senso va avanti per tutta la nostra vita, non conosce età, perché la relazione della psiche con il mondo non conosce interruzioni e ciascuna età offre all'individuo la possibilità di accrescere la consapevolezza di se, come essere continuamente in divenire..."

Aldo Carotenuto, "Vivere la distanza".

05/09/2024

«Se avete capito qualcosa intellettualmente, è rimasto nel campo linguistico, ma non ha permeato tutta la persona. In psicologia si è capito qualcosa solo quando lo si è anche vissuto o quando è giunto nel campo dell’azione e dell’esperienza.»

C.G. Jung

03/02/2024

Creare le condizioni perché le cose accadano, dimenticarsi del risultato e mantenere coscientemente lo stato di qigong, in cui il corpo è rilassato e la mente è presente senza sforzo.

R. Assagioli, creatore della Psicosintesi, affermava nel suo Libertà in prigione, scritto nel 1938, quando fu incarcerato dai fascisti per le suo opinioni pacifiste e internazionaliste:

“Capii che ero libero di assumere uno fra molti atteggiamenti nei confronti di questa situazione, che potevo darle il valore che volevo io, e che stava a me decidere in che modo utilizzarla. Potevo ribellarmi internamente e imprecare; oppure potevo rassegnarmi passivamente e vegetare; potevo lasciarmi andare a un atteggiamento malsano di auto-compatimento e assumere il ruolo di martire; potevo affrontare la situazione con un atteggiamento sportivo e con senso dell’umorismo, considerandola un’esperienza interessante.


Ebbi la sensazione chiara che l’atteggiamento che avrei preso era interamente una decisione mia: che toccava a me scegliere uno o molti tra questi atteggiamenti; che questa scelta avrebbe avuto determinati effetti, che potevo prevedere e dei quali ero pienamente responsabile. Non avevo dubbi su questa libertà essenziale e su questa facoltà e sui privilegi e le responsabilità che ne derivavano.

Roberto Assagioli

08/01/2024

Un giorno sarai in grado di dire:
Se la mia energia non ti sveglia,
non sono per te.
Se il mio spirito non ti ispira,
non forzare la connessione.
Se la mia mente non ti fa pensare più a fondo,
non ha senso che ci sia nella tua mente.
Se la mia passione non ti commuove, allora sarà meglio
cambiare direzione.
Se la mia presenza non ti aiuta ad evolvere,
sicuramente la mia assenza lo farà.
Se il mio amore non apre il tuo cuore,
sicuramente un altro amore lo farà.
Cammina, vai e trova ciò che fa vibrare il tuo essere,
non fermarti nemmeno per guardare indietro.
Uno dei più grandi atti d'amore è lasciare andare,
La vibrazione e l'energia non mentono.
E così si fluisce nel processo di amare se stessi
e amare senza tanti drammi e dolori,
con la libertà di lasciarsi andare e volare incondizionatamente.
Fidatevi del vostro processo.

04/12/2023

Maurizio Costanzo:
Professor Basaglia che cos’è la follia?

Franco Basaglia:
Il problema della normalità e della follia è un problema che ha agitato sempre l’uomo e il mondo. Bisogna vedere quale normalità e quale follia. Questo è il problema.

Costanzo:
Qual è la normalità per lei?

Basaglia:
E’ la situazione nella quale noi ci troviamo, chiusi nella società nella quale viviamo, nel sistema sociale nel quale viviamo.

Costanzo:
E la follia?

Basaglia:
La follia è l’altra parte, è un bisogno non soddisfatto che porta l’uomo a esprimersi in maniera diversa.
È una domanda la follia, una domanda di essere con gli altri.

Trasmissione Acquario, 1979.

28/11/2023

In Psicoterapia, un po' come avviene nel mito egiziano di Iside ed Osiride, si raccolgono i pezzi smembrati e si rimettono insieme.

Iside, la dea sposa sorella, elemento femminile sacro (l'Anima in termini junghiani), va alla ricerca di tutte le parti di suo fratello sposo Osiride, elemento maschile sacro (l'Animus in termini junghiani) per rimetterle insieme dopo la frammentazione avvenuta per conto di Septh, elemento oscuro sacro dentro noi (l'Ombra in termini junghiani).

Nella vita di tutti noi, avvengono traumi che portano ad una dissociazione dal corpo e dal sentire. Il trauma non è l'evento in sè ma la risonanza che questo evento ha dentro di noi insieme alla mancanza di un attaccamento sicuro come stile relazionale.

Si perdono pezzi.
Il corpo va in frantumi.
Il nostro sentire si spegne. Il mondo affettivo ed emotivo si arresta. Rimaniamo spenti. Confusi e disorientati.

È in atto una dissociazione che ci porta a vivere in ombra di chi siamo realmente.

La dissociazione serve per non sentire qualcosa di intollerabile ma a lungo andare produce un "assassinio dell'anima".

Sei continuamente qui eppure altrove, in un luogo ed in un tempo sconosciuto alla mente razionale.

In Psicoterapia, tutto quello che si fa si inscrive in questa cornice dinamica di recupero dell'anima staccata dal corpo, che ridiventa capace di ascolto, emozione ed empatia.


10/10/2023

MBSR

Indirizzo

Catania

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00

Telefono

+393406478130

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