31/12/2024
125/180 giorni per cambiare la tua vita...
E anche il 2024 è arrivato alla fine.
La fine e l'inizio dell'anno, come eventi convenzionali, ci pongono di fronte a una delle dinamiche più affascinanti e misteriose dell'esistenza: quella del tempo. Sebbene siano eventi puramente arbitrari, decisi da convenzioni storiche e astronomiche, il loro impatto sulla nostra vita è tutt’altro che superficiale. Sono momenti in cui ci fermiamo, riflettiamo e, in molti casi, attribuiamo significati profondi, come se il cambiamento numerico di una data avesse la capacità di trasformare la nostra realtà. In effetti, ciò che possiamo osservare è che il passaggio dal 31 dicembre al 1 gennaio, pur essendo un semplice scivolamento temporale, segna un cambiamento simbolico carico di emozioni, speranze, aspettative.
Il tempo, nella sua essenza, è un concetto astratto. La sua misurazione e divisione in anni, mesi, giorni, ore, è una costruzione che risponde al nostro bisogno di ordine, di rendere il caos dell'esistenza più comprensibile. Ma il tempo stesso non ha una forma intrinseca, non è un’entità che possiamo toccare o vedere; è un fluire che sfugge alla nostra capacità di afferrarlo, come un fiume che scorre e si perde nell’orizzonte. Il passaggio da un anno all'altro è, pertanto, un artefatto. La fine dell’anno, seguita dall’inizio del nuovo, non corrisponde a un reale mutamento nella realtà oggettiva: il cielo continua a girare, le stelle non si spostano di una virgola, e la Terra compie il suo moto senza sosta.
Tuttavia, la nostra coscienza non si limita a vivere il tempo in modo passivo. Lo percepiamo, lo misuriamo, lo seguiamo come un fiume nel quale ci troviamo immersi. La fine dell’anno non è altro che una convenzione che serve a darci un punto di riferimento, una scansione, per orientarci nel corso del nostro vivere. Questo è il paradosso dell’esistenza umana: pur vivendo in un tempo che non possiamo fermare, che scorre indipendentemente dalle nostre volontà, abbiamo bisogno di contrassegnarlo con punti fissi, con tappe che ci diano l'illusione di un controllo.
Eppure, nel momento in cui un anno finisce e un altro comincia, non possiamo fare a meno di trovarci di fronte a una riflessione profonda sulla nostra esistenza. In qualche modo, ci sembra che la fine dell’anno, con tutte le sue esperienze, sia il punto finale di un ciclo che si conclude, mentre l’inizio dell’anno è l’alba di una nuova speranza, di un nuovo ciclo. La fine, tuttavia, è spesso intrisa di un senso di incompletezza, di cose non fatte, di sogni rimasti irrealizzati. È il momento in cui il bilancio si fa più pesante: ci guardiamo indietro, verso gli errori, le mancanze, le occasioni perdute. La fine ci costringe a fare i conti con ciò che è stato, ma, come sempre, in quel bilancio c'è anche la possibilità di aprirsi al nuovo. La fine è, in effetti, il punto di partenza di ogni nuova riflessione, di ogni nuovo inizio.
L'inizio dell’anno, da parte sua, porta con sé un’enorme carica simbolica: è come se il passaggio da dicembre a gennaio fosse un atto di redenzione, un’opportunità che ci viene data per correggere il nostro cammino, per ricominciare da capo. Questo "ricominciare" è spesso espressione della nostra speranza, ma anche della nostra fragilità: abbiamo bisogno di segnali, di motivazioni esterne che ci incoraggino a dare un nuovo inizio alla nostra vita. La transizione simbolica tra l’anno vecchio e quello nuovo ci permette di reinnescare, seppur brevemente, la nostra energia vitale, spingendoci a fare scelte diverse, a prendere decisioni che sentiamo urgenti, ma che forse rimandiamo durante il corso del tempo ordinario.
Tuttavia, l'inizio è anche la continua perpetuazione della fine. Ogni anno che nasce porta in sé la certezza che prima o poi finirà, e quella fine sarà l’inizio di un nuovo ciclo. La dualità di fine e inizio è una condizione costante nell'esperienza umana: non possiamo avere un inizio senza una fine, e ogni fine porta con sé la potenzialità di un nuovo inizio. Il tempo diventa così un ciclo infinito, dove non esistono confini netti, ma continui intrecci tra ciò che è stato e ciò che sarà. Ogni fine è già l’inizio di qualcosa, e ogni inizio è la promessa di una fine.
La fine di un anno ci ricorda la nostra condizione di finitezza, ma è proprio in quella consapevolezza che nasce la possibilità di un nuovo inizio, di una nuova scelta, di una nuova direzione. La nostra vita è sempre in bilico tra il termine e il principio, e forse è proprio questo movimento incessante che dà senso all’esperienza umana.
Così, anche se la fine e l’inizio dell’anno sono eventi convenzionali, segnati da numeri e calendari, la nostra risposta a questi eventi non è mai banale. In qualche modo, questi momenti diventano simboli delle nostre aspirazioni, delle nostre riflessioni, delle nostre speranze. Pur sapendo che ogni giorno è un’opportunità di cambiamento, ci aggrappiamo a questi confini temporali per dare un senso ai nostri cicli interiori. E, forse, è proprio nell’alternarsi tra fine e inizio che scopriamo la vera natura del tempo: un continuo divenire, un’incessante possibilità di crescita, che ci offre sempre la chance di ripartire.