
12/11/2023
DIAGNOSI e DOLORE
Quando un bambino ha una diagnosi il dolore non esiste più.
Anche quando si pensa che il bambino debba avere una diagnosi (e qua apro un capitolo che mi sta molto a cuore) il dolore non esiste più.
Tutto rientra nel suo funzionamento, tutto rientra nella checklist.
"È così perché ha quello".
"A scuola fa così perché è adhd"
"È oppositivo provocatorio"
La rabbia ci riempie, ma il dolore crea il vuoto.
Tutto si riduce a categorie diagnostiche che si illuminano come dei neon in autostrada, di notte.
Tutto viene marginalizzato.
Il dolore diventa sfocato, quasi invisibile.
Eppure tutti noi, ma soprattutto questi bambini, hanno una storia.
E molti comportamenti possono essere dettati dal senso di non sicurezza che vivono in ogni momento, come in uno stato di perpetua attivazione del sistema nervoso che li manda in attacco/fuga. (Porges).
Questo in termini scientifici.
Dolore, sofferenza, protezione, in termini umani.
E quando gli interventi non funzionano?
Quando vediamo la diagnosi, spuntiamo solo la checklist (ce l'ha, ce l'ha, manca) ma non entriamo in contatto con quel dolore.
Meno diagnosi, più relazione.
L'intervento si fa lì, nel dolore e nell'accoglienza, in quel vuoto, solo così possiamo ricostruire con loro un mondo (esterno ed interno più sicuro). Anche a scuola.
Soprattutto a scuola.