27/09/2025
Quel maledetto giorno Matteo aveva appena tre anni.
Un’infezione apparentemente banale si trasformò in un dramma. La corsa in ospedale, gli esami, le diagnosi confuse: prima sepsi batterica, poi sospetta meningite. Lo curarono come fosse meningite, ma qualcosa non tornava.
Dimesso con la raccomandazione di fare altri accertamenti, i genitori iniziarono a notare strani segnali. Matteo parlava senza logica, ripeteva sempre le stesse parole, e soprattutto… sembrava non sentire. La prova arrivò in casa: il padre lasciò cadere un pentolone alle sue spalle. Matteo non si voltò nemmeno. La disperazione dei genitori si scontrò con l’incredulità della pediatra, che minimizzò.
La verità arrivò più tardi, negli ospedali de L’Aquila e del Bambino Gesù di Roma: ipoacusia neurosensoriale bilaterale profonda, oltre 120 decibel. Neanche un aereo in decollo avrebbe potuto sentirlo.
Iniziarono anni di battaglie: protesi, logopedia, fino agli impianti cocleari, due interventi da otto ore ciascuno. Matteo non parlava più, solo vocalizzi. Eppure, a sei anni, volle andare a scuola. Contro il parere degli insegnanti, affrontò un mondo che lo discriminava e lo derideva perché non parlava bene. Subì il bullismo, l’indifferenza delle istituzioni, la solitudine.
Ma non si arrese.
Con una forza che pochi avrebbero immaginato, arrivò fino all’università. Scelse Giurisprudenza. Non chiese agevolazioni, non sfruttò scorciatoie. Affrontò ogni esame a testa alta, senza dire di essere sordo. Si prese i voti che meritava, con la stessa dignità con cui aveva sempre vissuto.
E alla fine, il giorno della laurea, con il titolo in mano, Matteo ha lasciato scritto nelle sue tesi parole che fanno vibrare il cuore:
“Un ringraziamento va a me stesso per tutti i sacrifici, ma anche a chi mi ha deriso e ostacolato. Perché il vostro denigrarmi mi ha dato la forza di un leone affamato. Ho trasformato la rabbia in coraggio, e questo mi ha permesso di raggiungere obiettivi eccellenti. Un grazie speciale ai miei impianti cocleari, che mi permettono di sentire la vita e l’armonia dei suoni.”
Oggi Matteo sogna di diventare magistrato.
E forse un giorno, seduto su quella poltrona, la sua sordità sarà la sua forza: perché chi ha conosciuto il silenzio, saprà ascoltare meglio degli altri.
Il suo motto, ereditato da sua madre, resta la sua verità più grande:
“Tu sei intelligente e lo puoi fare.”
Auguri, Dottore.
La tua storia non è solo una vittoria personale. È una lezione per tutti noi.