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Fabio Cudicini: un gigante tra i pali e nella storia del calcio italiano«Il Ragno Nero», così fu ribattezzato Fabio Cudi...
09/01/2025

Fabio Cudicini: un gigante tra i pali e nella storia del calcio italiano

«Il Ragno Nero», così fu ribattezzato Fabio Cudicini, un portiere che pareva scolpito nel granito e forgiato dal vento di bora della sua Trieste natìa. Nato il 20 ottobre 1935, Cudicini è stato un alfiere del calcio italiano, un nume tutelare che con il suo stile sobrio e la sua compostezza ha ridefinito il ruolo del portiere, trasformandolo da mero guardiano della porta a regista silente della retroguardia. La sua dipartita segna la fine di un'epopea, ma il mito resterà intatto nei secoli a ve**re.

# # # Dalle rive dell’Adriatico alla gloria calcistica
Figlio di una Trieste ancora avvolta dai profumi austro-ungarici, Fabio mosse i primi passi calcistici nell’Udinese. Già allora si intravedevano i tratti distintivi del suo gioco: riflessi felini e una calma olimpica che sembrava sfidare le leggi della fisica. Fu però con il Catania e, soprattutto, con la Roma che si consolidò come uno dei migliori estremi difensori della sua generazione. Con i giallorossi, il suo balzo felino si tradusse in una Coppa delle Fiere nel 1961, suggellando il suo talento con un trofeo dal sapore internazionale.

# # # Il Milan e l’apoteosi
Nel 1967, il destino lo condusse al Milan, e qui ebbe inizio la sua consacrazione definitiva. Sotto la guida di Nereo Rocco, altro triestino d’acciaio, Cudicini divenne il fulcro di una squadra epica. Con il Milan, Fabio alzò al cielo uno Scudetto, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e una Coppa delle Coppe. Indimenticabile il suo intervento nella finale di Coppa dei Campioni del 1969 contro l’Ajax: una parata che ancora oggi pare un poema scritto in aria.

Il soprannome di «Ragno Nero» gli calzava a pennello: la sua figura slanciata e la maglia completamente nera lo facevano sembrare un aracnide gigante che tesseva la sua tela tra i pali, ipnotizzando gli avversari con movimenti tanto aggraziati quanto letali.

# # # Lo stile e l’anima
Cudicini incarnava l’essenza del portiere: un uomo solitario e riflessivo, custode di segreti e silenzi. Non era solo un atleta, ma un esteta del gesto tecnico, capace di trasformare una parata in un’opera d’arte. Non gridava, non gesticolava: guidava con lo sguardo, dominava con la presenza. Era un maestro di economia dei movimenti, ogni intervento calibrato con precisione millimetrica, quasi chirurgica.

# # # Una dinastia tra i pali
La passione per il calcio è un lascito che scorre nel sangue della famiglia Cudicini. Suo figlio Carlo ha seguito le sue orme, divenendo anch’egli un portiere di rango, protagonista prima in Italia e poi in Inghilterra. Il nome Cudicini, dunque, è sinonimo di eccellenza tra i pali, un marchio di fabbrica che attraversa le generazioni.

# # # L’uomo oltre il calciatore
Fabio Cudicini non fu solo un portiere straordinario, ma anche un uomo di rara eleganza e umanità. Dopo aver appeso i guanti al chiodo, rimase vicino al mondo del calcio, dispensando consigli e trasmettendo i valori di correttezza e dedizione che lo avevano sempre contraddistinto.

# # # L’immortalità del mito
Oggi, mentre lo salutiamo con un nodo in gola e un cuore colmo di riconoscenza, sappiamo che Fabio Cudicini non ci ha lasciati davvero. Il suo spirito continuerà a vivere nelle pagine di storia del calcio e nei racconti di chi lo ha visto all’opera. Grazie, Fabio, per averci insegnato che il calcio è poesia, arte e, soprattutto, passione.

Fonte immagine: www.wikipedia.org

La Chiesa di Santa Maria della Cella, che oggi ha ospitato una solenne cerimonia funebre organizzata dalle Onoranze Fune...
09/01/2025

La Chiesa di Santa Maria della Cella, che oggi ha ospitato una solenne cerimonia funebre organizzata dalle Onoranze Funebri Gianelli, rappresenta uno dei più significativi esempi dell'architettura religiosa genovese. La sua storia si intreccia con leggende e documenti storici che attraversano oltre un millennio.

Le origini della chiesa risalgono a un evento straordinario: nel 725, quando il re longobardo Liutprando decise di trasferire le reliquie di Sant'Agostino dalla Sardegna a Pavia, la nave che le trasportava approdò sulla spiaggia di Sampierdarena. Le sacre spoglie trovarono temporaneo riposo in una modesta chiesetta dedicata a San Pietro, che da quel momento venne chiamata "Cella di Sant'Agostino," come attestato da un importante diploma di Corrado II del 1033.

L’attuale chiesa nacque per volontà della potente famiglia Doria che, tra il 1206 e il 1213, decise di costruire un nuovo edificio sacro accanto all'antica ca****la. La scelta non fu casuale: i Doria possedevano terreni e ville nella zona e desideravano un luogo di culto vicino alle loro residenze estive. La nuova costruzione, inizialmente a croce latina con una sola navata e volta in legno, fu affidata ai canonici regolari della congregazione di Santa Maria di Crescenzago.

Nel corso dei secoli, l'edificio ha subito numerose trasformazioni, che ne hanno plasmato l’aspetto attuale. Le maestranze antelamiche del XIII secolo lasciarono la loro impronta nei conci di pietra di Promontorio, ancora visibili nei sottotetti. A metà del Quattrocento, Bartolomeo Doria promosse significativi ampliamenti, aggiungendo il chiostro, il campanile e la sacrestia. I secoli successivi portarono ulteriori modifiche: l'aggiunta delle navate laterali, la costruzione della cupola ellittica nel 1639 e la creazione di importanti opere d’arte e sepolcri familiari.

La storia della chiesa riflette i grandi cambiamenti politici e sociali: con la caduta della Repubblica di Genova nel 1797, gli Agostiniani, che avevano officiato il culto per oltre tre secoli, furono allontanati. Due anni dopo, la chiesa divenne sede parrocchiale, accogliendo preziose opere d’arte, tra cui il celebre affresco di Nicolò Barabino, raffigurante San Martino che riceve l’ordinazione religiosa da Sant’Ilario di Poitiers.

L'Ottocento portò nuove trasformazioni: la facciata fu rifatta in stile neoclassico su progetto di Angelo Scaniglia, mentre il campanile, danneggiato dal terremoto del 1828, fu ricostruito nel 1896. Una scoperta significativa avvenne nel 1882, quando l’archeologo Alfredo d’Andrade riportò alla luce l’antica chiesetta di Sant'Agostino, poi definitivamente recuperata dopo il bombardamento del 1944.

Oggi, mentre le Onoranze Funebri Gianelli accompagnano con rispetto l’ultimo saluto a un caro membro della comunità, la Chiesa di Santa Maria della Cella si conferma non solo un luogo di culto vivo e partecipato, ma anche un prezioso testimone della storia di Genova. Custode di arte e memoria, essa racconta, attraverso ogni sua pietra, secoli di devozione, cultura e trasformazioni sociali.

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