05/06/2025
“L’iperattenzione non è una forma superiore di attenzione, ma la sua disattivazione totale.”
Così Massimo Recalcati descrive gli effetti della sovrastimolazione digitale sulle nuove generazioni. Un fenomeno sempre più diffuso che altera profondamente la qualità dell’esperienza mentale.
La cosiddetta videocrazia – un sistema di consumo compulsivo di contenuti audiovisivi, brevi e incessanti – mina alla radice la capacità di concentrazione, riduce lo spazio del pensiero critico, trasforma la relazione con il sapere e genera una vera e propria intossicazione cognitiva ed emotiva.
Il disturbo dell’attenzione, come osserva Recalcati, non nasce da un vuoto, ma da un eccesso: troppi stimoli, troppa velocità, nessuna pausa. La mente è catturata, ma non coinvolta. Si attiva, ma non elabora. Il pensiero perde continuità e profondità. L’intelligenza si riduce a performance immediata.
In questo scenario, la psicologia ha un compito urgente e trasversale:
🔹 sostenere famiglie e scuole nel recupero di spazi di silenzio e attenzione;
🔹 aiutare i più giovani a riconoscere i propri bisogni psichici dietro al consumo compulsivo di stimoli;
🔹 promuovere una cultura della lentezza, della pausa, della contemplazione.
L’educazione all’attenzione non è solo una questione pedagogica, ma una priorità di salute mentale.
In gioco non c’è solo l’apprendimento: c’è la possibilità stessa di una vita interiore.