Studio di Psicologia Cles e Trento - Dr.ssa Annalisa Stablum

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Studio di Psicologia Cles e Trento - Dr.ssa Annalisa Stablum Riceve su appuntamento a Cles e a Trento:
a Cles in via Madruzzo 2 e a Trento in via Andrea Pozzo 30

12/09/2025

“È solo erba sintetica, non fa niente.”
Così mi ha detto un ragazzino di 13 anni parlando dello Spice, la droga che gira su TikTok e che qualcuno spaccia come alternativa leggera alla cannabis.

Ma lo Spice non è erba: è un miscuglio di erbe secche impregnate di sostanze chimiche, fino a 100 volte più potenti del THC.
Gli effetti? Tachicardia, convulsioni, allucinazioni, paranoia, danni cerebrali, morte.

Su TikTok viene mostrato come fosse un gioco. E a quell’età basta un video virale per trasformare la curiosità in trappola.
Costa poco, si trova facilmente, promette lo sballo immediato. In realtà regala solo il vuoto.

Non pensiamo che “tanto i nostri figli non lo vedono”: l’algoritmo arriva ovunque. Serve parlarne noi, prima che a farlo sia il web.

👉 Perché lo Spice non toglie solo la lucidità. Può togliere la vita.

08/09/2025

«Fare psicoterapia è una cosa seria. Vuol dire affidare i propri dubbi e bisogni a un’altra persona competente, formata a questo scopo e che ha a cuore la tutela del paziente».

In un’intervista a La Stampa, la Presidente del CNOP, Maria Antonietta Gulino, avverte che i chatbot terapeutici non possono sostituire l’incontro umano tra psicologo e paziente. «L’Intelligenza artificiale non ha i requisiti. Per cui non solo è inutile, ma può addirittura causare un peggioramento del disagio».

Il fascino della disponibilità 24 ore su 24, osserva Gulino, è solo apparente: «Quando si fa psicoterapia anche l’attesa è importante nella ricerca della risposta a un bisogno. La richiesta immediata di un riscontro non è sempre positiva. Spesso lo psicoterapeuta non dà risposte, ma accompagna a rimanere nel dubbio».

A preoccupare è soprattutto il rischio di banalizzare i vissuti dei più giovani: «Le frasi fatte, ripetute e un po’ consolatorie, quasi come fossero pacche sulla spalla, non servono a risolvere un disagio.»

L’intelligenza artificiale, sottolinea la Presidente, non va demonizzata: «Abbiamo un gruppo di lavoro che si occupa di IA e nuove tecnologie per studiare come possiamo utilizzarla e integrarla nei percorsi terapeutici».

Per il CNOP la priorità rimane una: aumentare la presenza di psicologi e psicoterapeuti nel servizio pubblico, evitando che la diffusione dei chatbot crei un nuovo digital divide tra chi deve accontentarsi di servizi digitali insoddisfacenti e chi può permettersi un percorso privato.

Per leggere l'intervista 👉🏻 https://www.lastampa.it/cronaca/2025/08/19/news/psicoterapia_intelligenza_artificiale_psicologa_gulino-15274875/amp/

03/09/2025

Una paziente me lo ha chiesto in terapia.
E la risposta non era nell’oggi, ma nello ieri.

Le relazioni tossiche non iniziano con l’ex che ti manipola o con il collega che ti svaluta.
Cominciano molto prima.
Quando in famiglia ti hanno insegnato che l’amore si merita, che un “no” ti condanna alla solitudine, che sei degno solo se fai quello che vogliono gli altri.

Da lì impari che amare significa adattarsi.
Che dire “no” è un tradimento.
Che chiedere per sé è un peccato.
E cresci così, con il senso di colpa cucito sulla pelle.

Poi arrivi a 30, 40 anni.
Hai una vita apparentemente “giusta”.
Ma dentro, quella voce: non sei abbastanza.
E allora ti sembra normale scegliere chi ti svaluta, perché parla la stessa lingua che hai ascoltato da bambino: colpa, dovere, sacrificio, silenzi.

La psicologia lo conferma: il cervello registra gli schemi relazionali precoci, li trasforma in circuiti biologici. Perfino il dolore diventa “familiare”.
E una relazione tossica smette di sembrare veleno: diventa casa.

Ma restare troppo a lungo in quel veleno non significa solo soffrire.
Significa addestrarsi all’umiliazione.
Dimenticare come si sta al sicuro.
E il pericolo più grande non è perdere l’altro.
È perdere se stessi.

Guarire, allora, non è accusare.
È disobbedire al copione che non hai scritto tu.
È imparare a chiamare le cose col loro nome: non amore, ma guerra travestita da affetto.
E ricordarti che non sei sbagliato.

02/08/2025

In tanti mi avete scritto per chiedermi: “Come si può?”

Come può una madre uccidere il proprio figlio.
Come può farlo a pezzi.
Come può poi andare a lavoro, accudire pazienti, rispondere al telefono, sorridere persino.
Come può vivere due realtà parallele: quella del crimine e quella della normalità.

È la domanda che ci resta addosso.
Una madre che chiama “figlia” la compagna del figlio che ha appena aiutato a uccidere.
Una madre che seppellisce un corpo in un bidone e poi si veste, si trucca, timbra il cartellino.

Come si può?

Ma da psicologo so che questa non è solo una domanda di sconcerto.
È una difesa.
Un modo per allontanare da noi l’idea che anche un essere umano apparentemente normale possa compiere l’inimmaginabile.

Perché la verità è che certe follie non urlano. Non tremano. Non si vedono.
Restano sotto pelle, lucide, silenziose, funzionali.
Fino al collasso.

Non c’è nulla di improvviso in questi atti.
C’è una storia.
Ci sono dinamiche malate che si sono annidate negli anni.
C’è forse un figlio mai davvero amato. E una “figlia” idealizzata.
Un triangolo affettivo perverso, dove la gelosia, il possesso e la simbiosi si sono mescolati fino a cancellare ogni confine.

E allora la vera domanda è:
quante relazioni tossiche si nascondono dietro le pareti di una casa?
Quante “famiglie normali” sono prigioni affettive senza via d’uscita?
E quante volte preferiamo non vedere, perché vedere significherebbe intervenire?

Questa non è solo una storia di sangue.
È una storia di dolore, di disumanità, di silenzi mai rotti.

Serve più cultura psicologica.
Serve educare ai legami sani.
Serve smettere di pensare che “in certe famiglie non possa succedere”.

La mente può crollare.
L’amore può trasformarsi in veleno.
Il silenzio può diventare complice.

Non per giustificare.
Ma per prevenire.
Perché dietro ogni “Come si può?”,
c’è sempre un “nessuno ha voluto vedere”.

22/07/2025

Si è auto-somministrata il farmaco, accanto a lei il marito. Don Ivan Maffeis, vescovo della città: «Questo è il giorno del silenzio, abitato dal dolore per lo spreco che la morte porta con sé e dalla riconoscenza per il tratto di strada condiviso

19/05/2025

"Se ci devi pensare, è un NO."

Un cervello gigante nel cuore di Palermo, davanti al Teatro Massimo, per dare forma a un pensiero semplice ma potente: quando qualcosa ci fa stare male, ci confonde, ci mette in allarme… forse abbiamo già la risposta.
Solo che spesso non ci fidiamo di noi stessə abbastanza da ascoltarla.

Questa installazione è un invito a tornare al centro, a riconoscere il valore dei nostri segnali interiori, a capire che il dubbio, a volte, è già una risposta.
Perché quando qualcosa è giusto per te, lo senti subito.
E nel dubbio, ricorda: scegli te stessə. Sempre.

Si diventa madri in molti modi. Per amore o per caso, di parto naturale o di parto, per adottare, per convinzione, per c...
11/05/2025

Si diventa madri in molti modi. Per amore o per caso, di parto naturale o di parto, per adottare, per convinzione, per convenzione. Il punto è che conosco donne che sono madri, madri e basta. Pure senza figli. Si diventa madri in molti modi. Perché si può essere madri persino con la propria madre, o con il proprio padre, quando cioè hanno bisogno di sostegno. Si può essere madri quando si va in giro per il mondo a educare a forme altre di maternità, quando con le proprie parole si allatta un mare di figli orfani di affetti, di radici, di vita e di terra sotto i piedi. Si può diventare madri di figli disabili ed essere madri di mille battaglie.
Alessandra Erriquez

05/05/2025
04/05/2025
Buona Pasqua a tutti e tutte voi!
20/04/2025

Buona Pasqua a tutti e tutte voi!

04/04/2025

RIPARTIRE DALLE MANI DEGLI UOMINI. Perche e’ necessaria una nuova prevenzione della violenza di genere

Siamo di nuovo straziati da narrazioni di femminicidi, che lasciano noi genitori pieni di dolore, confusione e impotenza. Ma da dove dovrebbe ripartire la prevenzione della violenza di genere: secondo me dalla rieducazione delle mani degli uomini, degli adolescenti, dei bambini. Vanno rieducate le mani dei nostri figli maschi. Devono imparare il codice della cura, della tenerezza, dell’attenzione sensibile (ovvero che sa sentire). I figli maschi questa cosa la possono imparare dai loro padri, fin da quando sono piccoli. Se tu papà ti prendi amorevolmente cura di me, mi culli, mi cambi, mi addormenti, io imparo da te cos’è l’amore attento e disponibile e tu impari da me la tenerezza, che è il principale antidoto alla violenza. Per anni, ho lavorato con giovani padri, chiedendo loro che cosa avevano provato la prima volta che avevano avuto tra le mani il loro bambino. La risposta di tutti è quasi sempre stata “Ho provato paura: la paura di fargli male”. Perché la prima emozione percepita da un uomo che tiene tra le mani il proprio cucciolo è la paura di fargli male? Perché nel mondo dei maschi le mani vengono più premiate quando attaccano, invece che quando proteggono. Quando danno un pugno invece che una carezza. La potenza è un codice molto più premiato nel ruolo di genere maschile, rispetto alla competenza. Si deve ripartire da qui: dalle mani degli uomini. E in particolare dalle mani dei papà. La paternità rappresenta oggi il territorio del maschile da cui ripartire per una vera prevenzione della violenza di genere, che oggi è più che mai necessaria, come ci dimostrano i terribili fatti di cronaca. Ma ha bisogno di un dibattito più ampio, secondo me, di quello oggi vigente. Ho dedicato a questi temi due libri rivolti agli uomini: “La vita accade” e “Da uomo a padre” (Mondadori ed.). Ho scritto anche due libri per i nostri figli maschi: “Ragazzo mio” (Feltrinelli ed.) e “Cose che ai maschi nessuno dice” (Feltrinelli ed.) Infine ho scritto un libro per papà e bambini : “Nella pancia del papà” (Salani ed.). Mi sento di dire che sono materiali davvero importanti, perché promuovono un nuovo pensiero e un nuovo modo di guardare al maschile e offrono uno spunto oggi ancora poco frequentato per la prevenzione della violenza di genere. Oggi, purtroppo, continuiamo a parlare molto di un “maschile che aggredisce, violenta e uccide”. E’ inevitabile, visto i terribili fatti di cronaca. Però, a questa narrazione collettiva, manca un pezzo: serve che a chi nasce e cresce maschio, venga proposta un’immagine alternativa ed emotivamente competente con cui imparare a identificarsi. Oggi – se sei maschio - la prevenzione ti fa capire chiaramente come non devi essere. Però serve anche una prevenzione che mostri ai maschi come è bello e necessario diventare competenti sul piano emotivo e socio-relazionali. Diventare competenti e non potenti, preferire essere un “uomo vero”, invece che un “vero uomo”: questa è oggi la direzione che dobbiamo offrire come prevenzione primaria.
Rivolgo un pensiero pieno di dolore e compassione alle famiglie di Iliaria Sula e Sara Campanella, che oggi vivono lo strazio associato al femminicidio di una persona da loro molto amata. Invito a condividere questo post, se vi sembra un punto di vista importante. Invito i docenti a leggerlo con i loro studenti e studentesse.

Indirizzo

Via Madruzzo 2
Cles
38023

Orario di apertura

Lunedì 08:30 - 17:30
Martedì 08:30 - 17:30
Mercoledì 08:30 - 18:30
Giovedì 08:30 - 17:30
Venerdì 08:30 - 18:30
Sabato 08:00 - 12:00

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Chi sono

Laureata in psicologia clinico-dinamica a Padova con il massimo dei voti, sono psicologa clinica, psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-costruttivista, terapeuta EMDR (tecnica psicoterapica per l’eleborazione di eventi traumatici) e operatrice di Training Autogeno.

Attraverso la mia pratica clinica intendo promuovere una visione della figura dello psicologo come professionista della salute che non lavora solo con il disagio conclamato, ma anche come supporto a persone che stanno attraversando un periodo particolare della propria vita o che desiderano comprendere meglio se stessi e le proprie risorse a cui attingere nei momenti di difficoltà.

Mi rivolgo a coloro che si trovano ad affrontare un periodo di vita critico, come l'adolescenza, la fine di una relazione significativa, la perdita di una persona cara e tutti i cambiamenti importanti.

Predispongo percorsi personalizzati anche in caso di difficoltà legate alla gestione dell' ansia, dello stress, insonnia e per affrontare problematiche depressive, di natura sessuale, relazionale, disordini alimentari e abuso di sostanze. Prevedo percorsi di supporto anche per chi sta vivendo una malattia organica importante (es. cancro, malattie neurodegenerative), per i loro familiari e per chi deve affrontare un lutto.