
14/05/2025
"Il rimuginio è un'ombra che danza attorno al cuore, fingendo di proteggerlo mentre lo tiene prigioniero." Khalil Gibran
Il rimuginio può apparire come un tentativo di riflessione o problem solving, ma spesso si rivela un processo mentale poco funzionale, che invece di aiutare a trovare soluzioni, mantiene la persona intrappolata in pensieri ripetitivi e dolorosi.
In ottica costruttivista, il rimuginio può essere compreso come un modo appreso e soggettivamente significativo con cui la persona tenta di dare senso a esperienze emotive complesse, spesso nel tentativo di controllare l'incertezza o proteggersi da vissuti dolorosi come colpa, paura o vergogna.
In terapia, l'obiettivo non è bloccare il rimuginio, ma aiutare la persona a diventare consapevole di come e quando si attiva questo processo, distinguendolo da una riflessione utile. Si esplora il significato personale che ha assunto nel tempo: che funzione ha avuto? Che emozioni cerca di contenere o evitare?
Attraverso tecniche esperienziali (es. mindfulness, ACT), si promuove la capacità di osservare i pensieri senza identificarvisi, favorendo una relazione più flessibile con il proprio dialogo interno.
Un altro passaggio fondamentale è il recupero dell’azione: si lavora per costruire alternative concrete e più efficaci per fronteggiare il disagio, rinforzando l’agency e l’autoefficacia. Anche piccoli atti di movimento nella realtà aiutano a trasformare lo stallo in possibilità di cambiamento.
Infine, si accompagna il paziente nell’esplorare e dare senso alle emozioni sottostanti, riconoscendole come segnali preziosi di bisogni, valori o ferite che chiedono ascolto.