Dott.ssa Giorgia Faroldi Psicologa

Dott.ssa Giorgia Faroldi Psicologa Psicologa

💫| Quando perdi..non perdere la lezione?Ogni caduta offre l’opportunità di conoscersi meglio. L’errore, lo sbaglio, la s...
24/01/2023

💫| Quando perdi..non perdere la lezione?

Ogni caduta offre l’opportunità di conoscersi meglio. L’errore, lo sbaglio, la svista, il granchio, come lo si voglia chiamare.. permette di mettersi in discussione e di trovare soluzioni alternative, ci fa rendere conto delle nostre possibilità. Questo è un concetto importante da ricordare, comunicare e trasmettere, in particolar modo a bambini e ragazzi, perché l’errore permette di apprendere dall’esperienza e aiuta a crescere. Quando questo viene visto, capito e ridimensionato, senza farsi sommergere dalla vergogna, aiuta a perdonarsi e a distanziarsi dalla tanto e, spesso, agognata “super performance”.

La possibilità di sbagliare è un valore fondamentale nel percorso volto alla scoperta di sé, ed è importante riconoscerlo ed accettarlo.

A volte capita di essere inseriti in contesti o situazioni di grande incertezza, in questi momenti difficilmente riusciamo a definire una scelta realmente “giusta” perché le variabili in gioco sono troppe o semplicemente..troppo complesse, allora l’unica soluzione possibile diventa il far pace con la nostra “fallibilità”.
E infine un piccolo appunto..anche noi, così come l’evoluzione stessa siamo, in parte, frutto di “schemi non previsti” che si inseriscono nella complessità della nostra storia e che ci rendono unici.

“Avete tentato e avete fallito. Non importa. Tentate ancora. Fallite ancora. Fallite Meglio”
Samuel Beckett

🌬  |LEGGEREZZA o LEVITA’La leggerezza non è tanto superficialità ma consiste nel guardare le proprie sofferenze sotto un...
16/01/2023

🌬 |LEGGEREZZA o LEVITA’
La leggerezza non è tanto superficialità ma consiste nel guardare le proprie sofferenze sotto una luce diversa, parafrasando Calvino.
Spesso le parole o i pensieri possono assumere un peso importante, anche se non sono fatti di materia e non possiamo toccarli con mano, ci accorgiamo che ci sono perché, a modo loro, si fanno sentire. Alcuni di questi non si possono cancellare ma si può provare a trovare uno spazio, nella nostra mente, dedicato a loro, in modo che possano assumere un peso diverso.

Dandosi il tempo di farlo..perché alcuni macigni oscillano un po' prima di trovare il loro spazio.

"Prendete la vita con leggerezza , che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.." Italo calvino
.o levità?

🔁| Per Riflettere.."Maestro, non so fare niente. Non mi piace cucinare, cucire, nemmeno danzare. Come posso essere migli...
11/01/2023

🔁| Per Riflettere..

"Maestro, non so fare niente. Non mi piace cucinare, cucire, nemmeno danzare. Come posso essere migliore?"

"Tutte queste cose, se non le senti affini a te, non fanno parte del tuo cammino. Perdi troppe energie a voler essere come gli altri ti vogliono: sei in vita per imboccare la tua via. Non quella che il mondo vuole farti ingurgitare."

"E come faccio a trovarla questa via?"

"Spogliati di tutti i "devo essere" ed indossa solo i "fa per me". Liberati dell'immondizia che è stata gettata nella tua mente, degli abiti troppo stretti o di quelli troppo larghi, delle parole imparate a memoria negli anni, dei morsi che per troppo tempo i tuoi denti hanno inflitto alle labbra per non far uscire la verità. Siamo nati non per essere migliori, ma per trovare la nostra unicità. E per non tradirla mai! La nostra missione è ricamarla nel mondo. Con gratitudine, fierezza, gioia immensa."

"E se non la riconosco questa unicità?"

"La difficoltà non è nel riconoscerla ma nell'affidarsi ad essa. Completamente. Senza vie di mezzo o compromessi. Fanno questo i veri eroi: combattono i draghi della mente. Per riuscire a liberare la loro anima."

Elena Bernabè

🔁| Per Riflettere - L'Elefante Incatenato“Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali. Ero...
09/01/2023

🔁| Per Riflettere - L'Elefante Incatenato

“Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali. Ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini. Durante lo spettacolo quel bestione faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune... ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa e forte, mi pareva ovvio che un animale in grado di sradicare un albero potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire. Era davvero un bel mistero. Che cosa lo teneva legato, allora? Perché non scappava? Quando avevo cinque o sei anni nutrivo ancora fiducia nella saggezza dei grandi. Allora chiesi a un maestro, a un padre o a uno zio di risolvere il mistero dell’elefante. Qualcuno di loro mi spiegò che l’elefante non scappava perché era ammaestrato. Allora posi la domanda ovvia: “Se è ammaestrato, perché lo incatenano?”. Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.”
“Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto e ci pensavo soltanto quando mi imbattevo in altre persone che si erano poste la stessa domanda. Per mia fortuna, qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato abbastanza saggio da trovare la risposta giusta: l’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo. Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato al paletto. Sono sicuro che, in quel momento, l’elefantino provò a spingere, a ti**re e sudava nel tentativo di liberarsi. Ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perché quel paletto era troppo saldo per lui. Lo vedevo addormentarsi sfinito e il giorno dopo provarci di nuovo e così il giorno dopo e quello dopo ancora... Finché un giorno, un giorno terribile per la sua storia, l’animale accettò l’impotenza rassegnandosi al proprio destino. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché, poveretto, crede di non poterlo fare. Reca impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata subito dopo la nascita. E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo. E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più...”
“Proprio così, Demiàn. Siamo un po’ tutti come l’elefante del circo: andiamo in giro incatenati a centinaia di paletti che ci tolgono la libertà. Viviamo pensando che “non possiamo” fare un sacco di cose semplicemente perché una volta, quando eravamo piccoli, ci avevamo provato ed avevamo fallito. Allora abbiamo fatto come l’elefante, abbiamo inciso nella memoria questo messaggio: non posso, non posso e non potrò mai. Siamo cresciuti portandoci dietro il messaggio che ci siamo trasmessi da soli,
perciò non proviamo più a liberarci del paletto. Quando a volte sentiamo la stretta dei ceppi e facciamo cigolare le catene, guardiamo con la coda dell’occhio il paletto e pensiamo: non posso, non posso e non potrò mai. Jorge fece una lunga pausa. Quindi si avvicinò, si sedette sul pavimento davanti a Demiàn e proseguì. È quello che succede anche a te, Demiàn.”Vivi condizionato dal ricordo di un Demiàn che non esiste più e che non ce l’aveva fatta. L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore... tutto il tuo cuore!”

Jorge Bucay

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