28/09/2025
Medici di famiglia senza tutele: quando la salute del medico non è prevista dall’ACN
La morte della dottoressa Maddalena Carta, medico di famiglia di 38 anni a Dorgali, non è soltanto una tragedia individuale: è la punta di un iceberg che riguarda migliaia di professionisti convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale.
Il medico di medicina generale convenzionato non è un dipendente: non ha ferie garantite, non ha malattia, non ha congedi riconosciuti dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN). È vincolato a garantire la continuità dell’assistenza ai propri pazienti, in qualunque circostanza. Se si ammala, se vive un lutto, se ha un imprevisto familiare, deve provvedere personalmente a trovare un sostituto. In caso contrario, il servizio si interrompe e la responsabilità ricade su di lui.
Questa rigidità, da tempo denunciata dai sindacati minoritari e da molti medici, si traduce in storie che raramente arrivano alla cronaca, ma che sono quotidiane.
Storie di medici al limite (nomi di fantasia)
• Luciano, colpito da un infarto, viene trasportato in ospedale su una barella. Prima ancora che i cardiologi lo portino in sala di emodinamica, cerca dal telefono un collega che possa coprire il suo studio, perché sa che i pazienti non possono restare scoperti.
• Ivana viene operata d’urgenza di appendicite. Mentre lei è in sala operatoria, è il marito a chiamare colleghi e amici medici per trovare un sostituto per il giorno successivo.
• Francesca, durante il Covid, ricoverata come paziente in reparto per polmonite, si fa portare il portatile per emettere ricette e rispondere alle mail dei pazienti: “Non potevo lasciarli senza farmaci, anche se stavo male”.
• Giulio, alla notizia della morte della madre, mentre piange ancora, deve comporre la lista dei colleghi disponibili a coprire il suo ambulatorio per i giorni del funerale.
• Annalisa, medico in uno studio singolo di un paese di montagna, con un neonato a casa con la febbre alta, chiede alla cugina, anche lei medico in valle, di coprire almeno un pomeriggio, pur sapendo che la cugina ha già centinaia di pazienti.
Un problema di sistema
Queste non sono eccezioni, ma la regola. L’ACN che regola la medicina generale considera il medico convenzionato come un professionista autonomo, responsabile della propria organizzazione, ma senza le tutele di un lavoratore dipendente né quelle di un libero professionista classico.
Il risultato è che la salute del medico non è contemplata: malattia, ferie, maternità, lutto, emergenze familiari non hanno una cornice contrattuale che garantisca la continuità del servizio senza schiacciare la persona che lo svolge.
Cosa serve davvero
Non è necessario scardinare la convenzione per affrontare questo problema. Anche mantenendo l’attuale modello, si possono introdurre correttivi nell’ACN:
• Punti di supporto e reti territoriali che garantiscano la copertura del servizio in caso di assenza improvvisa.
• Procedure snelle per reperire sostituti, evitando che il carico ricada sul medico malato o sulla sua famiglia.
• Tutela esplicita della salute del convenzionato, riconoscendo che il medico, come qualsiasi lavoratore, può ammalarsi, avere un lutto o una difficoltà personale.
• Riconoscimento della medicina generale come lavoro usurante, con strumenti previdenziali e assicurativi adeguati.
Un appello
La tragedia di Dorgali non può restare un episodio isolato di commozione pubblica. È il simbolo di un sistema che chiede troppo e concede troppo poco a chi lo regge. I medici di medicina generale sono la porta di ingresso del SSN, ma senza la loro tutela non esiste tutela dei pazienti.
Non si tratta solo di onorare la memoria di chi non c’è più, ma di cambiare regole e mentalità, perché dietro ogni Maddalena, Luciano, Ivana, Francesca, Giulio e Annalisa ci sono centinaia di storie quotidiane, invisibili, che non devono più ripetersi.