03/12/2025
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Per Winnicott la solitudine non Ăš sempre un vuoto da riempire: puĂČ essere anche un luogo interiore in cui ritrovare se stessi. Ma nelle feste, quando đđČđșđŻđżđź đŒđŻđŻđčđ¶đŽđźđđŒđżđ¶đŒ đČđđđČđżđČ đłđČđčđ¶đ°đ¶ đČ đ°đ¶đżđ°đŒđ»đ±đźđđ¶ đ±đ¶ đźđłđłđČđđđ¶, emerge unâaltra solitudine: quella che fa male perchĂ© mette in luce una mancanza.
La solitudine dolorosa nasce quando đ»đŒđ» đđ¶ đČÌ đșđźđ¶ đłđźđđđź đČđđœđČđżđ¶đČđ»đđź đ±đ¶ đŸđđźđčđ°đđ»đŒ đ°đ”đČ đœđŒđđČđđđČ đđŒđđđČđ»đČđżđČ đčđČ đ»đŒđđđżđČ đČđșđŒđđ¶đŒđ»đ¶ đđČđ»đđź đŽđ¶đđ±đ¶đ°đźđżđčđČ đŒ đđđźđżđčđČ đ°đŒđ»đđżđŒ đ±đ¶ đ»đŒđ¶. In questi casi, stare soli significa sentirsi invisibili, sbagliati, fuori dal mondo. Il Natale e le luci dei centri commerciali amplificano questo scarto tra ciĂČ che vorremmo e ciĂČ che Ăš.
đ La đœđđ¶đ°đŒđčđŒđŽđ¶đź đ±đČđč đœđżđŒđłđŒđ»đ±đŒ aiuta a distinguere due solitudini:
âą quella che umilia e schiaccia
âą quella che accoglie e costruisce
La prima nasce dal vuoto lasciato da legami non sicuri.
La seconda Ăš frutto di una presenza interna che resta accanto anche quando lâaltro non câĂš.
Imparare a stare soli non significa rinunciare agli altri, ma đđșđČđđđČđżđČ đ±đ¶ đ¶đ»đđČđŽđđ¶đżđČ đčđČđŽđźđșđ¶ che riempiono solo per un momento e svuotano subito dopo. A volte, il vero regalo delle feste Ăš potersi ascoltare senza sentirsi in colpa: dare spazio a ciĂČ che manca per poterlo desiderare, un giorno, davvero.
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