06/05/2024
Talvolta le problematiche nelle relazioni di coppia causano importanti effetti sui figli 💬
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Vi sono relazioni complesse, intricate, alimentate da giochi relazionali “perversi”. Incastri di coppia disfunzionali, talvolta poggianti sui reciproci bisogni di riversare sull’altro le frustrazioni di un legame che non si ha il coraggio di recidere.
Si sta insieme perché l’uso strumentale dell’Altro è funzionale a confermare qualche aspettativa negativa su se stessi o sulla relazione.
In sistemi familiari germogliati da radici così malandate accade che un figlio possa, suo malgrado, diventare la longa manus di uno dei due genitori.
Nascono così pericolosi sottosistemi e si creano subdoli giochi di alleanze alimentate da dinamiche relazionali corrotte da comunicazioni artificiose.
E allora accade che un figlio possa trasformarsi in un’inconsapevole arma in mano ad uno dei genitori, pericolosamente puntata contro l’altro. Un’arma caricata giorno dopo giorno, con meticolosa pazienza e talvolta inaspettata maestria.
Fino a quando non sopraggiunge qualche provvidenziale campanello d’allarme a far arrestare il gioco e a costringere tutti i membri del sistema familiare a rimescolare le carte.
Il più delle volte il campanello d’allarme assume la forma di un sintomo fobico o altrimenti ansioso, che fa capolino nel corso dell’infanzia, tra una nuova scoperta e una piccola conquista di autonomia.
In altri casi sono entrambi i genitori in conflitto tra loro, a contendersi un’alleanza con il figlio, al fine di costituire una coalizione contro il coniuge.
Questo secondo tipo di schema triangolare con due lati positivi è, se possibile, ancora più deleterio per il figlio coinvolto, perchè comporta un intenso conflitto di lealtà verso entrambe le figure genitoriali.
Una terza alternativa, ancora più subdola, contempla la possibilità che il figlio diventi, come dice lo psicoterapeuta familiare Andolfi, “il braccio armato del conflitti generazionali negati o irrisolti” di una relazione coniugale priva di conflittualità aperta, in cui i genitori si alleano o per iper-proteggerlo (in questo caso è possibile che il disturbo si manifesti in forma psicosomatica) o per controllarlo (in presenza di disturbi della condotta).
In tutti i casi, è come se il figlio inconsapevolmente si assumesse la responsabilità di barattare la propria salute mentale con la quiete familiare.
(Barbara Funaro)