26/05/2024
Forse è il caso di dirlo.
LA TERAPIA ON LINE NON STA IN PIEDI.
In base alla mia esperienza sostengo questi pensieri in merito alla terapia on line.
IL SETTING ON LINE
-Quello del setting, cioè della postazione è stato un problema rilevante, fondamentalmente un problema di privacy rispetto ai conviventi e ai vicini: le percezioni passano in effetti attraverso questo filtro emozionale.
Si tratta di un filtro attraverso il quale è costretto il colloquio, che può indurre stati d’animo congiunturali e atteggiamenti che possono deviare il lavoro.
Ad esempio la presenza in una stanza adiacente di un consorte con cui si è avuta una discussione aggressiva può indurre comportamenti di compensazione in direzioni diverse, a seconda del ruolo avuto nello scontro precedente e del carattere personale, e ciò non solo per dimostrare qualcosa all’altro che potrebbe sentire, ma in primo luogo a se stessi.
Insomma quello spazio protetto che è il setting dello studio è perduto.
Quindi a mio parere è fondamentale che siano sempre esplicitate ed eventualmente “discusse” le condizioni del setting.
Una soluzione alternativa che ho proposto, quando necessaria, e da alcuni accettata, è stata quella di usare l’auto come spazio più protetto: essendo le città in quel momento abbastanza deserte, l’esposizione alla vista altrui non è stata sentita come un problema.
-Dal punto di vista della “liceità” ho sempre fornito un attestato di appuntamento, non strettamente necessario, ma comunque tranquillizzante.
IL CORPO NEL COLLOQUIO ON LINE
Durante i colloqui on line, nei casi in cui era attiva la funzione video, ho potuto notare che si riscontrano alcune evidenze.
Per quanto riguarda gli occhi s’incontrano alcune peculiarità.
Sul piano della relazione va evidenziato che non ci si può guardare negli occhi: vediamo l’altro che guarda il suo monitor con gli occhi che non guardano direttamente verso i nostri occhi.
L’unico modo per ottenere di potere vedere direttamente il suo sguardo è invitarlo a guardare la sua telecamera, ottenendo tuttavia di poter cogliere uno “sguardo perduto nel nulla” in quanto non starà vedendo noi ma solo un pallino verde.
Questa dissonanza risulta più forte quanto più è ampio il monitor, quindi è meno disturbante se si usa uno smartphone.
Credo che bisogna esplicitarla e tenerne conto perché può rifrangere un’impressione, anche inconscia, di scarso contatto, con tutte le possibili implicazioni proiettivo-emozionali: ho rilevato spesso un’inclinazione a un particolare “peregrinare” degli occhi, come se andassero in giro da soli a cercar qualcosa, non avendo il contatto diretto con gli occhi del terapeuta.
Sul piano energetico gli occhi sono impegnati in un costante lavoro di convergenza, tanto più severo quanto più piccolo è il monitor, che non va sottovalutato dal punto di vista dell’impegno psicofisico, anche se certamente è una situazione consueta per molti che lavorano quotidianamente col pc.
In questo caso però si ha l’aggravante di doverla sostenere continuativamente per circa un’ora in una situazione d’intensa comunicazione col terapeuta, che solitamente non richiede un impegno del genere, oltretutto dopo aver magari sostenuto varie ore di smartworking al computer.
Il monitor può offrirne solo una parte attraverso l’immagine, ma non riesce nemmeno a restituire un’immagine reale del corpo.
Ci fosse uno schermo “altezza uomo”, le cose andrebbero forse meglio: il piccolo schermo, anche se si tratta di un monitor di una grandezza importante, produce un effetto tele-visione che sottolinea la distanza realmente esistente e induce “un senso di parziale lontananza”, l’opposto della presenza e del ”contatto” che si stabilisce nel lavoro in presenza.
Questa sensazione da tele-visione si produce in ogni caso nel colloquio on line e introduce una specie di filtro da immagine video, che siamo soliti incontrare quando guardiamo la televisione o il computer in streaming.
Sono rimasto colpito da quanto “l’immagine video” dei miei clienti si discosti dalla loro realtà fisica.
L’effetto tele-visione con il suo appiattimento “bidimensionale” può produrre anche un effetto “star”, frutto dell’interazione di movenze narcisistiche inconsapevoli e dell’eventuale proiezione dell’osservatore, con venature estetizzanti che possono inquinare le rilevanze espressive.
Equivoci comunicativi si possono creare anche a causa della limitatezza del campo visivo condizionato dall’inquadratura: ad esempio può passare il mio gatto di fianco a me senza essere inquadrato ed io assumo un atteggiamento tenero e distratto, che può essere inconsapevolmente percepito ed equivocato.
L’IMPEGNO ENERGETICO DA REMOTO
Dal punto di vista energetico il colloquio on line risulta a mio parere particolarmente impegnativo per entrambi gli interlocutori a causa di diversi fattori:
-l’impegno degli occhi, fissati sul campo ristretto del monitor,
-la mancanza del nutrimento empatico del “contatto” in presenza, che ha un potere vivificante anche quando non c’è il contatto fisico in senso stretto,
-la limitazione del movimento dovuta alla limitatezza dello spazio agibile per restare inquadrati nel monitor, che penalizza le escursioni laterali e i cambi di posizione e di postura (nel colloquio in presenza la possibilità è molto più ampia perché più aperto è il campo visivo dell’interlocutore)
- la difficoltà inconsapevole di stare in contatto con l’altro facendo leva soltanto su due dei cinque sensi, mentre gli altri sono ingaggiati in uno spazio separato e quindi scissi.
La scissione avviene comunque anche per l’udito impegnato su due fronti e lo stesso vale anche in parte per la vista, in special modo per quanto riguarda la periferia del campo visivo.
-lo stress per la gestione emozionale per l’eventuale esposizione di ambiti personali e/o familiari più o meno rilevante a seconda dei casi.
Resto fortemente critico in merito all'uso di questa modalità per i motivi elencati