
31/07/2025
“Fafo” è l'acronimo dell’esplicito di “F**king Around and Find Out”, liberamente traducibile con “fare sciocchezze e pagarne il prezzo”.
Si tratta di un approccio educativo che si basa sull’idea che solo l’esperienza fatta sulla propria pelle aiuta a crescere. I genitori mettono i figli in guardia ma se poi il ragazzino si oppone, sarà lui a subirne le conseguenze. Per dire: non si vuol mettere l’impermeabile? Si bagnerà tornando a casa. Non gli piace la cena? Sta a digiuno fino a colazione.
Lo dico molto chiaramente: è un approccio senza alcuna base scientifica. Come ci ha spiegato Jean Piaget e hanno confermato le neuroscienze, i bambini non hanno, almeno fino ai 10-11 anni, il senso delle conseguenze, se non sul piano strettamente pratico. Su base istintuale vogliono uscire in maglietta anche quando piove, ma lasciarli fare non gli insegnerà nulla. L’idea che i bambini debbano ragionare da soli non è il metodo Montessori, è il suo contrario.
Il vero problema è che mamme e papà fanno fatica ad assumersi la responsabilità dell’educazione. Non ci si può mettere alla pari con i figli. Il ruolo genitoriale necessita impegno, dedizione, sacrificio. Non puoi fare tutte le sere l’happy hour, perché i bimbi non ce la fanno fisicamente.
Uno dei risultati è che nella scuola si vede bene un aumento delle neurodiagnosi: deficit dell’attenzione, spettri autistici, disturbi oppositivi, oltre a disgrafia e dislessia. Ho visto in studio bambini di 4 anni che dormivano solo otto ore perché i genitori non erano in grado di organizzarsi e aspettavano che crollassero per metterli a dormire, come vorrebbero quelli del “Fafo”.
Quei bambini, alla loro età, non imparano che se vanno a letto tardi il giorno dopo sono stanchi. L’unica conseguenza è che perdono almeno tre ore di sonno a notte con ripercussioni tragiche. A fronte di una generazione di genitori che decide di rinunciare al proprio ruolo educativo, anche perché non aiutati dalla società, continuamente pressati e colpevolizzati, i bambini ne fanno le spese.
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Testo tratto dalla mia intervista rilasciata sulle pagine di Repubblica