Dott.ssa Sara Piazzi - Psicologa e Psicoterapeuta

Dott.ssa Sara Piazzi - Psicologa e Psicoterapeuta Sostegno, diagnosi, abilitazione e riabilitazione rivolto principalmente ad adulti. Tecniche di rilassamento: Training autogeno e rilassamento progressivo

Sostegno psicologico, diagnosi, abilitazione e riabilitazione
Terapia Cognitivo - Comportamentale
Assessment con Biofeedback
Trattamento dei Traumi con terapia EMDR
Schema Therapy
Tecniche di rilassamento: Training Autogeno/Jacobson
Colloqui anche online

07/09/2025

Hai mai notato che chi viene da una famiglia altamente disfunzionale sviluppa un superpotere?
Quello di fiutare, a metri di distanza, il soggetto meno equilibrato della stanza (nel mio caso anche di una piazza) e... innamorarsene perdutamente. 💘
Perché? Perché la pace è noiosa, il dramma invece sa di casa. Perché l’ansia nello stomaco è stata confusa con l’amore fin da piccoli (grazie mamma, grazie papà).
Perché speriamo che, questa volta, il principe o la principessa tossica ci ami come non hanno fatto i nostri genitori (spoiler: non funziona).
Perché scambiamo l’altalena emotiva con la passione, e la tranquillità con la morte cerebrale.
Così nascono i “folli innamoramenti”: non sono amore, sono 𝐝𝐞́𝐣𝐚̀-𝐯𝐮 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐞𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢.
La buona notizia? Non è una maledizione.
È solo il cervello che ci trascina nel luna park sbagliato. 🎢
Ma c’è un biglietto d’uscita: iniziare a riconoscere che la calma è sexy e che la stabilità è il vero colpo di fulmine.

23/01/2025

"Fai partire la lavastoviglie due volte."

Quando ero in uno dei periodi più difficili della mia vita, mentalmente parlando, alcuni giorni non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto. Non avevo energia né motivazione, e andavo avanti a stento.

Andavo in terapia una volta a settimana, e quella settimana in particolare non avevo nulla di significativo da "portare" alla seduta. Il terapeuta mi chiese come fosse andata la mia settimana, e io davvero non avevo nulla da dire.

"Qual è la tua difficoltà?" mi chiese.

Indicai intorno a me e risposi: "Non lo so, la vita."

Non soddisfatto della mia risposta, mi chiese:
"No, qual è esattamente il problema che ti preoccupa in questo momento? Cos'è che ti travolge? Quando tornerai a casa dopo questa seduta, quale questione ti fisserà dritto negli occhi?"

Lo sapevo bene qual era il problema, ma era così ridicolo che non volevo dirlo. Avrei voluto avere qualcosa di più sostanzioso, qualcosa di più profondo. Ma non ce l’avevo. Così gli dissi:
"Onestamente? I piatti. È stupido, lo so, ma più li guardo e più NON riesco a farli perché dovrei lavarli prima di metterli in lavastoviglie, dato che la lavastoviglie non funziona bene, e non sopporto di stare lì a lavarli a mano."

Mi sentivo un’idiota persino a dirlo. Che tipo di donna adulta si lascia abbattere da una pila di piatti? Ci sono persone là fuori con problemi veri, e io mi sto lamentando col mio terapeuta per dei piatti?

Ma il terapeuta annuì comprensivo e poi disse:
"Fai partire la lavastoviglie due volte."

Iniziai a dirgli che "non si fa così", ma lui mi interruppe.
"Perché diamine non si dovrebbe? Se non vuoi lavare i piatti a mano e la lavastoviglie non funziona bene, falla partire due volte. O tre, chi se ne importa? Le regole non esistono, smettila di creartene da sola."

Fu una rivelazione che non so descrivere appieno.

Quel giorno tornai a casa, buttai i piatti sporchi e puzzolenti in lavastoviglie alla rinfusa e la feci partire tre volte. Mi sentii come se avessi sconfitto un drago. Il giorno dopo, feci la doccia stando sdraiata. Qualche giorno dopo piegai il bucato e lo misi dove c’era spazio, senza un ordine preciso.

Non c’erano più regole arbitrarie da seguire, e questo mi diede la libertà di ricominciare a fare cose, a portare a termine piccoli obiettivi.

Ora che sto meglio, sciacquo i piatti prima di metterli in lavastoviglie, faccio la doccia stando in piedi e metto il bucato al suo posto. Ma in un momento in cui vivere era una lotta, invece che una benedizione, ho imparato una lezione incredibilmente importante:

LE REGOLE NON ESISTONO. FAI PARTIRE LA LAVASTOVIGLIE DUE VOLTE.

Credit ~ Kate Scott

06/01/2025

CAMILLE CLAUDEL...
Nata nel 1864 e morta nel 1943. DIMENTICATA da tutti in un ospedale psichiatrico.
Che cosa aveva fatto?
Viene a studiare a PARIGI in un'epoca in cui la Scuola di Belle Arti è aperta SOLO agli UOMINI. Per questo prende lezioni negli studi di artisti che accettano DONNE. Incontra e diventa amante dello scultore più famoso del momento: Auguste Rodin. Sarà una relazione appassionata e artistica, lavorano insieme, scolpiscono insieme (il museo Rodin e il museo d'Orsay conservano bellissime opere di quest'epoca).
Poi la abbandona, lui che vive da anni con un'altra donna, lui, l'artista amato e rispettato da tutti... Lei è denigrata, abbandonata ed emarginata anche "artisticamente". Vive da sola, non si fida più di nessuno e le sue OPERE non si vendono. A questo aggiungiamo che suo fratello è il celebre poeta, scrittore, diplomatico e accademico Paul Claudel.
La FAMIGLIA decide di INTERNARLA, questa DONNA troppo "moderna" per l'epoca è la vergogna della casa. Abbiamo lettere che scrive ad amici e familiari chiedendo aiuto, per 30 anni cercherà di spiegare al personale dell'ospedale l'INGIUSTIZIA che sta vivendo.
Sono testimonianze strazianti, che rivelano la lucidità della DONNA internata. Praticamente muore di FAME il 19 ottobre 1943 in un ospedale pubblico francese e nessun membro della sua famiglia assisterà al suo FUNERALE. I suoi resti saranno depositati in una fossa comune.
Oggi la figura di CAMILLE CLAUDEL è stata completamente RIABILITATATA, le sue opere sono esposte INSIEME a quelle di Rodin e un museo a pochi chilometri da Parigi è completamente DEDICATO a lei.

dAL WEB

02/12/2024

Non potete non vedere MIA su Raiplay. Un film davvero deflagrante, diretto da Ivano De Matteo che traccia con bordi marcati un percorso crudo che ci spinge fin dentro le pieghe più oscure dell’adolescenza e dei legami familiari.

Una storia che affonda le mani nelle viscere del nostro tempo: relazioni che avvelenano, stalking, revenge p**n, il fragile equilibrio tra genitori e figli in una società sempre più complessa. Con una narrazione densa ma mai esorbitante e una regia consapevole, il film assume i toni di un grido d’allarme rispetto alla violenza di genere e i suoi devastanti effetti.

Protagonista è Mia (Greta Gasbarri, straordinaria al suo esordio), quindicenne apparentemente spensierata, che vive tra pallavolo, TikTok, serate con l’amica del cuore e una routine familiare tranquilla accanto al padre Sergio (Edoardo Leo in una delle sue interpretazioni più intense) e alla madre Valeria (Milena Mancini). La sua vita cambia radicalmente con l’arrivo di Marco (Riccardo Mandolini), ventenne manipolatore e violento che trasforma un primo amore in un incubo di controllo e abuso. Marco, con la sua gelosia ossessiva e il suo desiderio di dominio, trascina Mia in una spirale di sofferenza, isolandola progressivamente dai suoi affetti e spingendola verso l’annullamento di sé.

La scrittura, firmata da De Matteo e Valentina Ferlan, è potente e calibrata, riuscendo a bilanciare la crudezza degli eventi con momenti di profonda umanità. La discesa vertiginosa di Mia nel suo inferno emotivo è pedinata con precisione , ma il film non si accontenta del racconto della vittima: Sergio, il padre, emerge come una figura tragica, incapace di accettare l’impotenza di fronte alla sofferenza della figlia, fino a rischiare di perdere sé stesso in un desiderio di vendetta che ribalta il focus narrativo.

De Matteo dimostra ancora una volta una capacità unica di rendere autentiche le sue storie. Ogni dettaglio – dagli interni familiari agli sguardi dei personaggi – pulsa di verità, e la tensione cresce scena dopo scena, tenendo lo spettatore sospeso tra empatia e angoscia. La regia non indulge mai al sensazionalismo, ma lascia che siano gli attori a guidare la narrazione.

Che grande prova d'attore ci regala Edoardo Leo! che film devastante è Mia!
Una storia di domande importanti, profonde e che lasciano lividi anche solo per il tentativo di dar loro risposte: sul ruolo educativo dei genitori, sulla fragilità adolescenziale e sull'importanza di riconoscere e contrastare la violenza.

Mia dovete vederlo. Dovete condividerlo. Dovete farlo vedere gli altri, perché - fidatevi - è necessario.

Ivano de Matteo



Edoardo Leo

01/12/2024

TUTTI DEVONO SAPERE...

Il diario di Giulia Cecchettin, una mappa per capire cosa non è l'amore.
Tutti dovremmo leggere e far leggere i "15 motivi per lasciare Filippo Turetta". Giulia sapeva che cosa è una buona relazione, e che cosa non la rende tale. Questa competenza, invece, non era presente in Filippo. E se mai capitasse di gestire, o veder gestire, un rapporto in tal modo bisogna immediatamente chiedere aiuto !!!

⚠️➧ «Abbiamo litigato per il fatto che non lo avessi fatto ve**re al compleanno della Elena (la sorella di Giulia, ndr)».

⚠️➧ «Ha sostenuto più volte fosse mio dovere aiutarlo a studiare».

⚠️➧ «Si lamentava quando mettevo meno cuori del solito».

⚠️➧ «Necessitava di messaggi molte volte al giorno».

⚠️➧ «Ha idee strane riguardo al farsi giustizia da soli per i tradimenti, alla tortura, robe così».

⚠️➧ «Quando lui ha voglia tu non puoi non averne se no diventa insistente».

⚠️➧ «Non accetta le mie uscite con la Bea e la Kiki».

⚠️➧ «Non accetterebbe mai una vacanza mia in solitaria con maschi nel gruppo».

⚠️➧ «Tendenzialmente i tuoi spazi non esistono».

⚠️➧ «Lui deve sapere tutto, anche quello che dici di lui alle tue amiche e allo psicologo».

⚠️➧ «Durante le litigate dice cattiverie pesanti e quando l’ho lasciato mi ha minacciato solo per farmi cambiare idea…».

⚠️➧ «C’è stato un periodo in cui dopo esserci detti “Buonanotte” mi mandava sticker finché non vedeva che non ricevevo più messaggi per controllare che fossi davvero andata a dormire».

⚠️➧ «Tutto quello che gli dici per lui è una promessa e prova a vincolarti così».

⚠️➧ «Prendeva come un affronto il fatto che volessi tornare a casa prendendo l’autobus alla fermata più vicina e non in stazione».

⚠️➧ «Una volta si è arrabbiato perché scesa dall’autobus volevo fare 5 minuti a piedi da sola mentre lui era da un’altra parte senza aspettarlo».

Questi i 15 motivi, pubblicati da Repubblica, per cui Giulia Cecchettin voleva interrompere la sua relazione con Filippo Turetta. Questa lista deve essere letta – e ribadisco “deve” – con tutti i nostri figli e figlie. Perché in questa lista ci sono due evidenze. La consapevolezza di ciò che trasforma una relazione amorosa in una relazione manipolatoria. Giulia non parla in astratto. Elenca fatti molto precisi, nella sua lista. E ci fa comprendere che ogni volta che uno dei fatti in elenco è entrata nella sua vita, lei ha avuto la piena contezza di come quel fatto non fosse indicatore di una “buona relazione”. Giulia sa che cosa è una buona relazione, perciò sa anche che cosa non la rende tale. Questa competenza, invece, non era presente in Filippo. Che quindi, non essendo competente, segue un altro copione: quella della potenza e della prepotenza. Quello del controllo e della manipolazione. C’è davvero la percezione che Filippo non fosse all’altezza di una ragazza come Giulia. Che il bisogno di tenerla controllata e attaccata a sé, di non lasciarle i suoi spazi (come se avere i proprio spazi, da adulti, fosse una concessione che ricevi da qualcuno) fosse il modo con cui tenere appiccicata a sé una ragazza che invece aveva piena chiarezza del suo bisogno di libertà e autodeterminazione.

Questo elenco stilato da Giulia va letto ai nostri figli e figlie, va condiviso con tutti i nostri studenti e studentesse. Serve alle ragazze come rinforzo a tutto quel lavoro di prevenzione della violenza di genere che già sta arrivando – e per fortuna – nelle loro vite e che cerca di mostrare loro in modo chiaro ed evidente come si fa a distinguere una relazione sana da una che non lo è. Deve però essere letto soprattutto con i ragazzi, perché in quei 15 motivi ci sono una serie di comportamenti quotidiani che i nostri figli maschi tendono a mettere in atto, quasi senza accorgersene ripercorrendo copioni amorosi in cui credono che la gelosia e il controllo siano strumenti adeguati a mantenere una relazione. Non sanno nulla di intimità, ma sanno – quasi implicitamente – che l’altro ti possa rimanere accanto perché ogni giorno prescrivi tante piccole cose con cui chiedi di ricevere prove e dimostrazioni continue dell’essere amato. L’amore non ha bisogno di prove, dimostrazioni, controlli e prescrizioni. Ed è fondsmentale che tutti noi questa cosa la diciamo a voce alta alle nostre figlie, ma soprattutto ai nostri figli.

Credo valga la pena riprendere in mano la lista dei 15 motivi elencati da Giulia Cecchettin e regalarla ai nostri figli maschi, scrivendo in alto questo titolo a lettere cubitali: “QUANDO AMI UNA RAGAZZA, NON FARE MAI, ASSOLUTAMENTE MAI, NESSUNA DI QUESTE COSE”.
Credo valga la pena, anche, aggiungere un post-scriptum: "se mai nella vita ti capitasse di fare una di queste cose o semplicemente di sentire molto forte e intenso il desiderio di farlo, chiedi immediatamente aiuto".
Lo stesso vale per i tuoi amici: se uno racconta che è in questo modo che gestisce la sua relazione amorosa con una ragazza, fermalo e aiutalo a riflettere sul fatto che ciò che sta raccontando può essere tutto, ma non è certamente amore.

(trovata sul web, di Alberto Pellai)

28/11/2024

Ogni volta che si cambia un pannolino annunciando il proprio tocco, ogni volta che si misurano i baci per non sovraccaricare i neonati, ogni volta che si calma un lattante prima di proporgli il seno, ogni volta che si ferma il solletico perché la bambina dice "no", anche se sta ridendo, ogni volta che si saluta senza pretendere baci dai piccoli, ogni volta che si fa un dono senza vestirlo di premio, ogni volta che ci si ferma se i bambini si ritraggono dagli abbracci, ogni volta che ci si dichiara disponibili e si resta presenti senza sostituirsi.
Ogni giorno noi adulti siamo chiamati ad insegnare ai piccoli il rispetto, il consenso, l'affettività sana. Le future donne e i futuri uomini ringraziano.

27/10/2024

“Viene da me una coppia di genitori e un ragazzo, 16 anni. La madre mi dice: “questo qui ha deciso, istituto tecnico” . “Ha deciso che va in sabbatico “.
Ma non è che l’ha detto con dolore.
L’ha detto come se fosse la cosa più normale del mondo.
Bene signora, e quindi?
“Me lo dica lei.”
Che cosa?
“Eh…che si deve fare…”
Lei non deve fare niente, niente.
Il ragazzo ha capito subito che si metteva male.
La mamma e il papà ci hanno messo un po’ . Ma non perché fosse complicato da capire
Facilissimo da capire. È che non ci vogliono entrare in quel discorso lì.
Allora se un ragazzo, una ragazza, non fa niente per sè, per esempio non va a scuola , per esempio non è promosso, ma perché dobbiamo fare qualcosa per loro ?
Un genitore fa qualcosa per un ragazzo, una ragazza, se quel ragazzo, quella ragazza, fa qualcosa per sè stesso.
Non lo fa? Eh non si fa niente.
Niente internet , niente telefonino, niente uscite, niente paghetta, niente motorino .
Sono severo?
No, sono sano di mente
È una cosa diversa.

Paolo Crepet

Complimenti al preside Gianluca Dradi 👏
25/10/2024

Complimenti al preside Gianluca Dradi 👏

27/09/2024
21/08/2024

Non dimenticare mai che puoi:

- iniziare qualcosa a 23 anni
- fallire un anno dopo
- sentirti perso a 28 anni
- ricominciare qualcosa a 30 anni
- sentirti di essere in cima al mondo
- perdere tutto il giorno dopo
- scegliere la strada sbagliata
- sentirti di essere diverso dagli altri
- ricominciare a 35 o a 40 o forse 50 anni

E ci riuscirai comunque.

Perché il tuo percorso è cambiato.

Non sta a te fare paragoni.

Cammina sulla tua strada.
Alzati.

Non sei in ritardo, finché continui a provare.

Ecco come si può avere successo.

31/07/2024

Sai perché le persone non riconoscono quello che fai per loro? Perché la prima volta che tu fai qualcosa per qualcuno tu generi in lui la gratitudine. La seconda volta che tu fai o dai a qualcuno generi l’anticipazione. La persona si aspetta di ricevere di nuovo. La terza volta hai già generato un’aspettativa. La persona si aspetta di ricevere ancora quello che gli avevi dato. La quarta volta tu generi un merito. La persona sente di meritare quello che gli stai dando e vuole continuare a ricevere. La quinta volta hai già creato una dipendenza. Quella persona sente di non vivere più bene senza quello che tu gli stai dando. É già viziata. La sesta volta percepisci che non c’è reciprocità, tu non ricevi nulla in cambio e smetti di dare. E allora la persona viziata che tu hai creato è risentita con te perché gli stai negando quello di cui ha tanto bisogno e allora finisce per odiarti, perché hai smesso di dare quello che tu gli hai fatto credere di meritare.

Per questo bisogna sapere qual è il limite nel dare.
Perché l’altro non conosce limiti nel ricevere.

(Mario Venuti)

Indirizzo

Via Provinciale 48/A
Domaso
22013

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 19:00

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