Psicologa Dott.ssa Jasmine Awudu - Psicologa Dro

Psicologa Dott.ssa Jasmine Awudu - Psicologa Dro Psicologa e Psicoterapeuta
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30/09/2025

La colpa è utile se ci guida alla riparazione.
Diventa distruttiva quando ci condanna
a un debito infinito,
che non possiamo mai estinguere.

✍️ Donald Winnicott

22/09/2025
06/09/2025
31/08/2025
28/06/2025

La mamma pecora nera è quella che sceglie di rompere con le imposizioni patriarcali e con un’educazione centrata sugli adulti.
È quella che osa seguire il proprio istinto, anche quando la famiglia o chi le sta intorno la fa dubitare.

La mamma pecora nera è quella che, con piena consapevolezza, decide di tagliare i legami tossici — anche se di sangue — non appena si rende conto che quei rapporti disfunzionali possono nuocere ai suoi figli.

È quella che affronta ogni tipo di percorso terapeutico per guarire le ferite della propria infanzia e per prendersi cura del suo bagaglio femminile interiore, spesso appesantito da traumi mai risolti.

Le mamme pecore nere sono quelle che la gente guarda con sospetto. Quelle di cui si mormora alle spalle, che si mette in discussione, che si critica, si giudica, si isola.

In ogni famiglia c’è sempre una mamma pecora nera: una donna coraggiosa, che spesso si è sentita sola, che ha spesso dubitato di sé stessa, ma che ha deciso di fidarsi del proprio sesto senso, delle proprie viscere, della propria intuizione.

In ogni famiglia c’è una mamma pecora nera che, oltre a lavorare su se stessa, si ritrova a portare il peso del trauma familiare che gli altri — il partner, i parenti, gli amici — non vogliono o non riescono a vedere.

Essere una pecora nera è un cammino solitario…
Ma, un giorno qualunque — forse prima di quanto pensi — quando la mamma pecora nera decide di alzare la testa e guardare lontano, nella prateria,
scorge altre pecore che, come lei, stanno andando nella direzione opposta al gregge. Controcorrente.

E quando si ferma a osservarle, una ad una, con calma, dalla prima all’ultima…
accade qualcosa di magico:
si accorge che non sono davvero nere.

Sono pecore con una luce unica.
La luce che nasce dall’amore per sé stesse, dall’empatia, dalla consapevolezza e da un cammino di evoluzione interiore.

(Il Poeta)

05/06/2025

Quello che non dava mai problemi…

C’è un tipo di dolore che non fa rumore.
È quello di chi è sempre andato bene. Di chi ha capito tutto troppo in fretta. Di chi si è fatto piccolo per lasciare spazio agli altri, fino a diventare invisibile.

Loro ti chiamano “maturo”, “affidabile”, “che bravo ragazzo”.
Ma non vedono che tu stai sparendo.
Un po’ ogni giorno.
Senza lacrime.
Senza urla.
Solo silenzi ben educati e sorrisi inchiodati in faccia come maschere di carne.

Hai imparato a non chiedere, perché nessuno ti ha mai insegnato a farlo.
Hai imparato a non disturbare, perché ogni tuo bisogno è stato tradotto in capriccio.
Hai imparato a essere forte, ma a modo loro: muto, controllato, instancabile.
Hai fatto della stanchezza una virtù.
Del dolore, un’abitudine.
Del sacrificio, una condanna autoimposta.

Ti sei specializzato nell’aggiustare gli altri, mentre ti spezzavi da solo.
Hai chiamato “forza” il tuo silenzio, “coraggio” il tuo autocontrollo, “normalità” il tuo vuoto.

E ora che sei adulto, non sai più dove sei finito.
Ti senti in colpa se respiri.
Ti senti sbagliato se crolli.
Ti senti egoista se dici “non ce la faccio”.

Ma c’è una verità che nessuno ti ha mai detto:
non sei nato per farti andare bene tutto.
Se sei sempre accomodante, finirai per vivere la vita degli altri.
Se non impari a dire “no”, morirai ogni giorno un po’ di più.

Adesso basta.

Ora torna da quel bambino che eri prima di diventare la brava persona che tutti si aspettavano.
Quel bambino che rideva senza motivo.
Che urlava se qualcosa non andava.
Che chiedeva, che si arrabbiava, che esisteva.

Ritrovalo.
Stringilo.
Ricomincia da lì.

Perché non sei venuto al mondo per rendere comoda la vita a chi non ti ha mai visto davvero.

Le persone forti sono quelle che hanno imparato a sopravvivere da soli, quando nessuno si è accorto che stavano morendo dentro.
A forza di essere ciò che gli altri vogliono, si finisce col non sapere più chi si è…

Enrico Chelini

19/04/2025
04/01/2025

Ci sono cose da dire ai nostri figli.
Come ad esempio che il fallimento è una grande possibilità. Si ricade e ci si rialza. Da questo s’impara. Non da altro.

Dovremmo dire ai figli maschi che se piangono, non sono femminucce. Alle femmine che possono giocare alla lotta o fare le boccacce senza essere dei maschiacci.

Dovremmo dire che la noia è tempo buono per sé. Che esistono pensieri spaventosi, e di non preoccuparsi.

Dovremmo dire che si può morire, ma che esiste la magia.

Ai nostri figli dovremmo dire che il giorno del matrimonio non è il più bello della vita. Che ci sono giorni sì, e giorni no. E hanno tutti lo stesso valore.

Che bisogna saper stare, e basta. E che il dolore si supera.

Ai nostri figli maschi dovremmo dire che non sono Principi azzurri e non devono salvare nessuno. Alle femmine che nessuno le salva, se non loro stesse. Altrimenti le donne continueranno a morire e gli uomini a uccidere.

Ai nostri figli dovremmo dire che c’è tempo fino a quando non finisce, e ce ne accorgiamo sempre troppo tardi.

Dovremmo dire che non ci sono né vinti né sconfitti, e la vita non è una lotta.

Dovremmo dire che la cattiveria esiste ed è dentro ognuno di noi. Dobbiamo conoscerla per gestirla.

Dovremmo dire ai figli che non sempre un padre e una madre sono un porto sicuro. Alcuni fari non riescono a fare luce.

Che senza gli altri non siamo niente. Proprio niente.

Che possono stare male. La sofferenza ci spinge in avanti. E prima o poi passa.

Dovremmo dire ai nostri figli che possono non avere successo e vivere felici lo stesso. Anzi, forse, lo saranno di più.

Che non importa se i desideri non si realizzano, ma l’importante è desiderare. Fino alla fine.

Bisogna dir loro che se nella vita non si sposeranno o non faranno figli, possono essere felici lo stesso.

Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare.

Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico.

Che possono essere quello che vogliono. Ma non a tutti i costi.

Che esiste il perdono. E si può cedere ogni tanto, per procedere insieme.

Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano. Dove non li vediamo più.

E che noi saremo qui. Quando vogliono tornare.

[C. Pennati]

13/08/2024
15/02/2024

Secondo l’OMS circa 300 milioni di persone al mondo soffrono di depressione. Ma come si riconosce la depressione? Come si esce dalla depressione? E come si f...

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