Pierluigi Salvi psicologo psicoterapeuta gestalt

Pierluigi Salvi psicologo psicoterapeuta gestalt Credo che buona cosa in terapia si riuscire a ridere di noi stessi. Sono innamorato del mio lavoro e

17/09/2025

L’associazione offre supporto psicologico e legale a tutte le persone coinvolte in situazioni di violenza, proponendo anche percorsi terapeutico-riabilitativi per persone maltrattanti. Periodo della trasmissione:  da lunedì 15 settembre 2025 a domenica 21 settembre 2025 Scarica il file audio

10/09/2025

A decorrere dal 15 settembre 2025 e fino al 14 novembre 2025 è possibile presentare la domanda per il Bonus psicologo, esclusivamente in via telematica, accedendo al servizio INPS dedicato “Contributo sessioni psicoterapia” e selezionando “Contributo sessioni psicoterapia domande 2025”.

Al momento della presentazione della domanda, il cittadino richiedente deve essere in possesso di un’attestazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità di valore non superiore a 50.000 euro.

Il beneficiario avrà 270 giorni di tempo dalla data di assegnazione del bonus per usufruire del contributo per sostenere le sessioni di psicoterapia; decorso tale termine il codice univoco assegnato risulterà nullo.

Inoltre, come da decreto interministeriale 10 luglio 2025, articolo 6, commi 10 e 11, al fine di garantire un ottimale utilizzo delle risorse, la prima seduta dovrà essere prenotata, confermata e svolta entro 60 giorni dal momento dell’assegnazione del bonus pena la decadenza del beneficio. Dopo tale termine, le eventuali risorse non utilizzate verranno destinate allo scorrimento delle graduatorie.

Il bonus è riconosciuto per un importo massimo di 50 euro per ogni seduta di psicoterapia ed è erogato fino ad esaurimento della somma massima assegnata, parametrata ai valori ISEE.

Link Inps per effettuare la domanda: https://www.inps.it/it/it/dettaglio-scheda.it.schede-servizio-strumento.schede-servizi.contributo-per-sostenere-le-spese-relative-a-sessioni-di-psicoterapia-bonus-psicologo.html

08/09/2025

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05/09/2025

𝗣𝗘𝗥𝗖𝗛𝗘' 𝗟'𝗢𝗖𝗖𝗜𝗗𝗘𝗡𝗧𝗘 𝗣𝗨𝗢' 𝗦𝗢𝗟𝗢 𝗣𝗘𝗚𝗚𝗜𝗢𝗥𝗔𝗥𝗘

Graham Linehan, autore della celebre sitcom Father Ted e vincitore di diversi premi Bafta, si ritrova improvvisamente trasformato da intellettuale rispettato a pericoloso criminale quando cinque agenti armati lo arrestano all'aeroporto di Heathrow al suo rientro dagli Stati Uniti, trattenendolo per dodici ore in una cella come se fosse un terrorista internazionale, tutto questo per aver pubblicato alcuni tweet che il nuovo establishment progressista considera inaccettabili. La Gran Bretagna, quella stessa nazione che per secoli si è vantata di essere la culla della democrazia liberale e del diritto alla libera espressione, si trova ora nella paradossale situazione di dover arrestare i propri cittadini per le opinioni che esprimono sui social network, segnando così un punto di non ritorno verso quel totalitarismo che ufficialmente condanna quando si manifesta in altre latitudini.

La realtà dei fatti, per quanto scomoda possa risultare a chi ancora si culla nell'illusione di vivere in società libere e democratiche, è che l'Occidente contemporaneo non sta scivolando verso forme di controllo totalitario per una scelta ideologica deliberata o per la cattiveria intrinseca dei suoi dirigenti, ma piuttosto perché si trova costretto in questa direzione dalla logica implacabile di un sistema economico che ha ormai esaurito le sue capacità di crescita e di inclusione sociale. Quando la torta da dividere smette di crescere e inizia a restringersi, quando le promesse di benessere perpetuo si rivelano per quello che sono sempre state - ovvero narrazioni consolatorie destinate a tenere buone le masse mentre le élite si spartivano le ricchezze reali - allora chi detiene le leve del potere non ha altra scelta che stringere progressivamente le maglie del controllo sociale, non per sadismo o per volontà di oppressione, ma per pura necessità sistemica, esattamente come un organismo biologico sotto stress attiva automaticamente i meccanismi di sopravvivenza che sacrificano le funzioni considerate non essenziali per preservare quelle vitali.

La recessione economica che stiamo attraversando, abilmente mascherata dietro statistiche manipolate, indici truccati e narrazioni mediatiche che dipingono come ripresa quello che in realtà è un lento ma inesorabile declino, sta erodendo giorno dopo giorno quello spazio di libertà e tolleranza che le società occidentali avevano faticosamente costruito durante i decenni del boom economico post-bellico. Il meccanismo è elementare nella sua crudezza: quando i soldi finiscono, finisce anche la tolleranza per il dissenso, perché il dissenso rappresenta un costo in termini di stabilità sociale e la stabilità sociale richiede risorse sempre maggiori da destinare agli apparati di controllo e repressione. Diventa così molto più economico e funzionale arrestare un comico che ha osato scrivere tweet scomodi sulla questione transgender piuttosto che affrontare le cause strutturali profonde di quel malcontento sociale diffuso che personaggi come Linehan, nel loro piccolo, rappresentano e intercettano.

In questo senso, l'ossessione maniacale che caratterizza l'establishment occidentale per i temi legati all'identità sessuale e di genere non nasce da una improvvisa e miracolosa illuminazione progressista dei centri di potere, ma rappresenta piuttosto l'ultimo territorio ideologico disponibile su cui concentrare gli sforzi di controllo capillare delle coscienze individuali e delle dinamiche sociali.

Quando un sistema non può più promettere prosperità economica crescente, quando non è più in grado di garantire mobilità sociale ascendente e sicurezza per il futuro, deve necessariamente inventarsi nuovi campi di battaglia morale su cui dimostrare la propria superiorità etica rispetto agli avversari politici e su cui costruire nuove forme di legittimazione del proprio potere. I diritti delle minoranze sessuali diventano così, in questa logica perversa ma perfettamente coerente, l'ultimo baluardo ideologico di un sistema che ha ormai perso ogni altra forma di legittimazione: non possiamo più garantirti un futuro economico migliore, non possiamo offrirti sicurezza lavorativa o sociale, ma possiamo punirti con estrema severità se osi anche solo mettere in discussione la nostra narrazione ufficiale sui bagni transgender nelle scuole o sui diritti delle persone che cambiano sesso.

Si tratta di un meccanismo al tempo stesso perverso e perfettamente logico dal punto di vista sistemico: si individua un nuovo tabù comportamentale o ideologico, si stabilisce attraverso una martellante campagna mediatica che violarlo equivale a commettere un crimine contro l'umanità e i diritti fondamentali, e quindi si scatena una vera e propria caccia alle streghe contro chiunque non si adegui perfettamente e immediatamente al nuovo catechismo progressista. Graham Linehan diventa così, in questa dinamica, il capro espiatorio perfetto, l'esempio da additare pubblicamente per terrorizzare tutti gli altri potenziali dissidenti: non importa se le sue opinioni siano condivisibili o meno dal punto di vista del merito, ciò che conta davvero è che il suo arresto mandi un messaggio chiaro e inequivocabile a chiunque nutra velleità di dissenso rispetto alla narrazione ufficiale.

L'Occidente non ha più scelta: o diventa totalitario per gestire il proprio declino economico e la propria crisi di legittimità, oppure implode sotto il peso delle proprie contraddizioni. Ha scelto la prima opzione, e Graham Linehan in una cella di Scotland Yard ne è la dimostrazione più cristallina.

di Franco Marino



Fonte: https://www.facebook.com/FrancoMarinoLGI/posts/pfbid02xy8YhzjFqXvCzmYXs8dFYXSjJTdWYh4iiPDHSFMqAuVj1rEeS9J4hG1uzU71hpadl?rdid=0eAyRQ2lnsGII3sU #

08/07/2025

Zygmunt Bauman, nel suo saggio "Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi", esplora con acume le dinamiche del consumismo nella società moderna e le sue ripercussioni sul tessuto sociale e individuale. Bauman, con la sua consueta profondità analitica, delinea un ritratto inquietante ma realistico dell'individuo contemporaneo, intrappolato in un ciclo perpetuo di desideri e insoddisfazioni.

Il consumatore, secondo Bauman, è diventato un'entità solitaria, non più parte di una nazione o di un gruppo, ma membro di uno sciame che cambia direzione seguendo i capricci del desiderio momentaneo. Questa condizione di solitudine è amplificata dal consumismo, che si serve della manipolazione delle masse e del cambiamento sociale e urbanistico delle città per perpetuare il proprio dominio.

Bauman evidenzia come il consumismo abbia eroso le fondamenta della comunità, creando un divario sempre più marcato tra ricchi e poveri. I ricchi vivono in ghetti globali, collegati da aeroporti internazionali, mentre i poveri sono confinati in ghetti urbani da cui sembra impossibile evadere. Chi non si adegua alla mentalità consumistica viene emarginato, e chi non può adeguarsi per mancanza di mezzi viene relegato in ghetti fisici.

L'autore sottolinea anche il ruolo del Welfare State nel contesto post-bellico, quando era necessario mantenere una popolazione di riservisti pronti a combattere. Oggi, questa necessità sembra svanita, e con essa l'impulso a proteggere chi non consuma, portando a un progressivo smantellamento del sistema di welfare.

La critica di Bauman si estende alla morale contemporanea, che egli ritiene troppo accademica e distaccata dalla realtà quotidiana. La riflessione si sposta poi sul concetto di libertà, che in Occidente si traduce nella possibilità di scegliere tra prodotti diversi sul mercato. Tuttavia, questa libertà si trasforma in un obbligo, poiché le opzioni sono preselezionate e prescritte, e la scelta diventa una tirannia che minaccia l'identità stabile e duratura dell'individuo.

Un'opera che stimola una riflessione critica sul consumismo e le sue implicazioni etiche e sociali. Il saggio invita a considerare come le nostre scelte di consumo influenzino non solo la nostra vita ma anche la struttura stessa della società in cui viviamo. Bauman, con la sua analisi, ci sfida a riconsiderare il nostro ruolo come consumatori e le responsabilità che ne derivano in un mondo sempre più polarizzato tra chi ha e chi non ha.

Zygmunt Bauman (nato il 19 novembre 1925 a Poznań, Polonia - morto il 9 gennaio 2017 a Leeds, Inghilterra) è stato un sociologo polacco di grande influenza in Europa. È noto per le sue opere che esaminano i cambiamenti nella società contemporanea e i loro effetti sulle comunità e sugli individui. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Bauman si arruolò nell'esercito polacco sotto il comando sovietico. Dopo la guerra, studiò sociologia e filosofia all'Università di Varsavia, dove in seguito divenne professore di sociologia. A seguito di una campagna antisemita nel 1968, fu costretto a lasciare il suo lavoro e la sua casa, emigrando prima in Israele e poi nel Regno Unito. Dal 1971, visse in Inghilterra, dove divenne professore di sociologia all'Università di Leeds, posizione dalla quale si ritirò nel 1990.

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06/05/2025

Responsabilità in gestalt

Il concetto di responsabilità è una delle colonne portanti della psicoterapia della gestalt. E' infatti attraverso la completa presa di responsabilità rispetto alle nostre azioni ed ai nostri comportamenti che è possibile intraprendere la strada del cambiamento.
In campo sociale prendersi la responsabilità per quello che si è e si fa è inoltre indice di maturità e affidabilità. Non a caso, nel linguaggio comune, una “persona responsabile” è una persona affidabile, nel senso che si si può affidare, cioè degna della nostra fiducia.
Sul piano squisitamente psicologico-emotivo il concetto di responsabilità coinvolge soprattutto la ricerca dell'origine delle nostre emozioni. Molto spesso, infatti, siamo propensi ad addossare completamente l'origine delle nostre emozioni alle altre persone ed ai loro comportamenti, non prendendoci quindi la responsabilità per ciò che sentiamo e per come stiamo, con frasi del tipo: “mio marito è cattivo..... lui non mi vuole bene....... lei non mi da attenzioni.......mi fa sempre arrabbiare....... mi ha reso triste.... ecc...ecc...”. Questo ci permette di “alleggerirci” scaricando la responsabilità del nostro stato su gli altri, ma, allo stesso tempo, ci rende in qualche modo “dipendenti” dagli altri per il nostro benessere e la nostra felicità, facendoci abbracciare al distorto concetto che il nostro mondo emotivo e il nostro benessere è indissolubilmente collegato a ciò che fanno, dicono, pensano e sentono le altre persone. Perseguendo questa visione molte persone spendono gran parte delle loro energie e molto tempo della loro vita nel vano tentativo di cambiare le persone che hanno vicino con l'arduo obiettivo di raggiungere o accrescere il proprio benessere. Purtroppo, molto spesso, questo porta solamente a nuove frustrazioni e malesseri, con il rischio aggiuntivo di perdere completamente di vista se stessi e i propri bisogni.
Al contrario, accettare il fatto che in massima parte siamo noi stessi i responsabili delle nostre emozioni, ci permette di poterci fare qualcosa senza il permesso degli altri, ci permette di cambiare anche se gli altri non cambiano, ci permette di raggiungere il benessere anche se gli altri non lo vogliono. Naturalmente questa visione comporta l'onere di accollarsi la responsabilità per la propria vita e non ci permette di scaricare sempre su gli altri le nostre “disgrazie” e le cose che non ci piacciono di noi stessi e della nostra vita. In massima parte noi siamo infatti responsabili di quel che siamo e di come stiamo e, di conseguenza, se realmente lo vogliamo, possiamo cambiare attraverso le nostre scelte a prescindere dai comportamenti e dal volere di chi ci sta attorno.

Pierluigi Salvi

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02/10/2024

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30/09/2024
20/08/2024

Bere regolarmente alcol dopo i 60 anni è collegato a una morte prematura

14 agosto 2024 – Le persone di età superiore ai 60 anni che bevono regolarmente alcol corrono un rischio maggiore di morte prematura, in particolare per cancro o problemi legati al cuore e ai vasi sanguigni.

Questo secondo i risultati di un nuovo, ampio studio pubblicato questa settimana da JAMA Network Open e basato su numerosi altri studi recenti che hanno concluso che qualsiasi quantità di consumo di alcol è collegata a rischi significativi per la salute. Si tratta di un cambiamento rispetto a decenni di messaggi sulla salute pubblica che suggerivano che un consumo moderato di alcol (uno o due drink al giorno) non fosse pericoloso. Di recente, gli esperti hanno scoperto dei difetti nel modo in cui i ricercatori sono giunti a quelle conclusioni precedenti.
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