26/08/2025
NARCISISTI SI NASCE O SI DIVENTA?
Spesso, quando accolgo una nuova persona nel mio studio impegnata nel fronteggiare le conseguenze della fine di una relazione con un soggetto narcisista, la domanda che mi viene posta e’ questa, diretta, quasi istintiva: “Come è diventato così? Come è diventata così?”
Si parla di uomini e donne che incarnano in pieno i tratti del narcisismo patologico: manipolatori raffinati, seduttori instancabili, distruttori silenziosi di identità.
Un narcisista patologico non entra mai nella vita di qualcuno a mani vuote ma porta con sé un arsenale invisibile di armi micidiali fatte di manipolazione, controllo e violenza sottile.
I suoi danni non sono immediati come una ferita visibile, ma lacerano dall’interno e minano l’autostima, distruggono la fiducia, avvelenano le relazioni.
Chi li incontra spesso finisce per dubitare di se stesso, vivere nella paura costante di sbagliare, perdere pezzi della propria identità fino a non riconoscersi più allo specchio.
L’impatto è devastante: ansia, depressione, isolamento, senso di colpa cronico.
Il narcisista si nutre dell’energia vitale degli altri e li lascia svuotati, come gusci vuoti.
È questo il suo potere più oscuro, soffoca lentamente l’anima.
La verità è che nessuno nasce narcisista. Una personalità così strutturata è il frutto di una storia, di ferite profonde, di dinamiche educative ed emotive che si sedimentano nel tempo.
Dietro il volto arrogante e apparentemente invulnerabile del narcisista si nasconde quasi sempre un bambino che non ha mai conosciuto un attaccamento sicuro.
Un bambino che, per esempio, si è sentito dire fin da piccolo:
• “Ti voglio bene solo se sei il migliore della classe” → imparando che l’amore va meritato con la performance, mai dato per quello che si è.
• Oppure, al contrario: “Non combinerai mai nulla, sei un fallimento” → interiorizzando la convinzione di non avere alcun valore, cercando poi da adulto di compensare con maschere di potere e controllo.
• O ancora, un figlio trasformato nel “confidente” del genitore, caricato di responsabilità adulte troppo precoci, costretto a rinunciare al diritto di essere fragile e protetto.
Sono scenari quotidiani, apparentemente normali, che però incidono in profondità. Quando un bambino cresce in un contesto in cui il suo bisogno di amore e riconoscimento è condizionato, svalutato o distorto, costruisce un sé fittizio. Una maschera scintillante che lo difende dal dolore, ma che diventa anche la sua gabbia.
Quel bambino, diventato adulto, non saprà più chiedere amore, lo pretenderà. Non saprà più condividere la vulnerabilità, la negherà e attaccherà quella altrui. Non saprà più fidarsi davvero e controllerà, manipolerà, userà l’altro come specchio in cui confermare un’immagine grandiosa ma estremamente fragile.
Ma c’è anche un altro scenario che agevola lo sviluppo di una personalità narcisistica.
Il narcisista non è solo il bambino svalutato e umiliato, ma può essere anche il bambino iper-coccolato e apparentemente “adorato”, cresciuto in un contesto in cui non gli è stato mai posto un vero limite.
È un bambino che impara presto che i suoi bisogni e desideri sono il centro dell’universo e che le regole, semplicemente, non valgono per lui.
Quel tipo di amore, in realtà, non è autentico: è un amore distorto, perché non protegge il bambino nella sua dimensione reale ma lo esalta in una dimensione artificiale di onnipotenza.
Da adulto, questo si traduce in una convinzione pericolosa: “tutto mi è dovuto, l’altro esiste per soddisfarmi”.
La rabbia, quando le aspettative non vengono gratificate, viene scaricata sulle persone più vicine, in particolare sul partner, che viene trasformato in un bidone dell’immondizia emotivo: bersaglio privilegiato di frustrazioni, svalutazioni e aggressività. La relazione non diventa mai autentico incontro, ma ripetizione di un copione antico: lui al centro, l’altro relegato al ruolo di specchio o contenitore.
Il partner, infatti, viene trattato come surrogato della madre e deve idolatrare, giustificare, assorbire, concedere, senza mai chiedere reciprocità.
Ma dietro quella facciata di forza e di diritto assoluto si nasconde sempre la stessa fragilità ossia l’incapacità di accettare se stesso nella sua interezza, con limiti, difetti, imperfezioni.
Il narcisista, cresciuto in questo scenario, non ha imparato a legare davvero, ma solo a pretendere. Per questo non sa amare, sa solo esigere.
Il narcisismo patologico, in fondo, è questo: una mente affamata di conferme e validazione nascosta dietro una corazza impenetrabile di apparente grandiosità, che ha imparato a sopravvivere negando la propria vulnerabilità e sfruttando quella degli altri.