
04/01/2025
Ci siamo allontanati dalla terra. Stiamo appassendo, come un albero strappato dalle sue radici. Il ciclo delle stagioni segnava il ritmo della vita, di una vita degna di esser vissuta. La lenta cadenza che sa maturare la frutta è andata perduta. All’anno agricolo abbiamo sostituito l’esercizio finanziario. Il lavoro non rispetta più i tempi della vita, ma ci spinge in un rincorsa parossistica verso un guadagno sempre più assoluto e fine a se stesso.
Il Mercato è diventato un dio onnipotente. Il demone è diventato un idolo. “Moloch il cui sangue è denaro che corre!” Ci pieghiamo di fronte al suo volere, senza mai mettere in dubbio la sua autorità. Di fronte alle guerre e alle grandi tragedie osserviamo la reazione dei mercati internazionali, come se fosse il moderno oracolo del dio denaro. Le sue richieste sono comandamenti al cui confronto i diritti delle persone e dei popoli non valgono nulla.
Ora i lavoratori non sono più esseri umani, ma risorse umane. Il mercato del lavoro completa lo sradicamento. Pochi possono permettersi di trovare una fonte di reddito nella propria terra. I più abbandonano il loro paese, per cercare un’occupazione in una grande città, o addirittura all’estero. C’è persino chi si convince che ciò sia un bene per lui, una scelta ragionata e autonoma. A tal punto il demone metter radici nella nostra volontà!
Il sudiciume della metropoli entra nel cuore. La criminalità e l’odio repressivo verso i criminali sono due facce della medesima reazione violenta. La diffidenza e la paura aumentano la distanza fra le persone. Più la città è popolosa, e più è rotta, spezzata in minuscoli frantumi. Milioni di abitanti, milioni di solitudini.
Allo sradicamento consegue una schiacciante omologazione culturale, riflesso nell’anima di quell’impoverimento che la macchina demoniaca imprime alla natura. L’individuo perde la propria identità, diventa un granello di sabbia del grande deserto.
L’anima sperduta diventa una facile preda, inquietanti sirene lo seducono verso il disastro. Il cittadino è orfano di un popolo a cui appartenere, e reagisce affidandosi a richiami artificiali e fasulli. Cerca la propria gente, ma si abbandona a un gregge. Il nazionalismo non difende un’identità, anzi, è un sintomo con cui l’uomo esprime la patologia che da tempo ha reciso le sue radici. È un sintomo demoniaco, perché non fa altro che aggravare il male a cui dà voce.
Francesco Boer