02/09/2025
Una scelta consapevole, proprio per questo coraggiosa. Mi sento risuonare con queste parole. Grazie. NAMASTÉ
LETTERA APERTA A VOI, AMICI DI YOGAFESTIVAL
Cari amiche e amici di YogaFestival, sono passati 20 anni da quando due amiche appassionate di yoga (io, Giulia Borioli, e la mia mai dimenticata amica e maestra Sabrina Grifeo) cominciarono a immaginare una via per portare lo yoga tra le persone che ancora non lo conoscevano o non sapevano cosa fosse.
Pensarono a un evento che fosse interessante da seguire per neofiti e principianti ma al tempo stesso autorevole e profondo per chi era già in cammino sulla strada della conoscenza.
La storia molti di voi già la conoscono: dopo un inizio difficile, quasi scoraggiante, e dopo aver superato alcuni ostacoli non indifferenti, YogaFestival ha cominciato ad assomigliare a ciò che volevamo.
Così, sono nate altre edizioni in altre città, e poi altri eventi - come OlisFestival e YogaFestival Bimbi, e poi la Community e poi le giornate del 21 giugno e…tanto altro. Abbiamo perfino attraversato 3 anni di Covid e limitazioni varie senza mai far mancare la nostra presenza, sia dal vivo che online, pur di restare in contatto con voi.
E siamo arrivati a quello che siamo oggi: una grande realtà che parla di yoga a 360°, internazionale, con tantissime persone che ci seguono, scrivono, telefonano, commentano, e a cui siamo vicini.
Ma (c’è sempre un MA quando arriva un cambiamento), tutto questo non ci basta più: o meglio, è troppo! Il nostro festival è diventato un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati e i neofiti, perchè è grande - sono circa 60 gli insegnanti coinvolti in ogni edizione - generoso e aperto - offriamo decine e decine di lezioni e incontri gratuiti aperti a tutti - ben organizzato e accogliente per tutte le migliaia di partecipanti che seguono i nostri eventi.
Però, ci sembra che in questi 20 anni lo yoga si sia svuotato del suo senso originario. Se guardiamo ai testi fondamentali come gli Yoga Sūtra di Patañjali o l’Haṭha Yoga Pradīpikā o le Upaniṣad o altri, essi non davano importanza alle forme esteriori del corpo. Āsana era una condizione stabile della mente, non una postura fisica da imitare. Il corpo, se citato, era solo un appoggio temporaneo per sostenere l’attenzione, non il fine della disciplina.
Nel tempo, però, questi concetti si sono sviliti: yoga è diventato ripetizione automatica, āsana si è trasformata in ginnastica esotica. Oggi, lo yoga viene insegnato più come rituale estetico, esercizio performativo o terapia del benessere in 5 lezioni, trascurando del tutto la sua natura di scienza della coscienza.
Col tempo, la pratica si è ridotta fino a perdere la sua essenza.
Tornare alle origini significa riscoprire che la vera pratica è lavoro mentale: stabilizzare la coscienza, sciogliere le dispersioni, coltivare la calma. Solo una postura che favorisce il raccoglimento può chiamarsi āsana. Serve tornare alle origini dello yoga per capirlo.
Per YogaFestival, è urgente riconoscere questa deriva e restituire allo yoga la sua autenticità; non è questione di purismo, ma di onestà verso una tradizione che invita alla profondità e non all’apparenza.
Non si tratta di escludere il movimento del corpo, ma di ricordare che il corpo da solo non basta. Perchè yoga è ciò che resta quando il corpo e la mente si raccolgono in una sola direzione.
Per questo motivo, YogaFestival 2025 non ci sarà: tornerà nel 2026. Ci prendiamo un anno di riflessione per studiare, per confrontarci, per immaginare un ritorno alle origini, trovare una nuova via senza dimenticare che viviamo ormai nel 3° millennio: e passato e futuro devono trovare il modo di andare d’accordo.
PER VOI, NOI CI SAREMO SEMPRE! Comunicheremo, per questo anno, attraverso sito, social, newsletter, email: quindi seguiteci, leggete e commentate. Organizzeremo eventi più piccoli, in collaborazioni con insegnanti validi e speciali e troverete ogni mese le nostre proposte sempre su questi mezzi. Anzi, vi chiediamo un aiuto per far circolare sempre più le nostre idee invitando amici e conoscenti a seguirci. Anche questo ci terrà in vita e in contatto con voi.
Ma non dimentichiamo che, se vogliamo continuare a chiamare “yoga” la nostra pratica, dobbiamo essere disposti a sostenerne il significato autentico: yoga non è ciò che facciamo, è ciò che resta quando smettiamo di identificarci nell’azione.
Insomma: yoga si "è", non "si fa".
Solo così lo yoga potrà essere ancora ciò che era: una via di liberazione, una strada per la chiarezza mentale e non semplicemente qualcosa da chiamare “Yog-nastica”.
(foto di S. Danevych/Unsplash)